"Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo". E' l'incipit di "Anna Karenina", romanzo cardine della letteratura universale scritto da Lev Tolstoj. E' una frase entrata nell'immaginario comune e ripetuta spesso nei "confessionali" moderni, ovvero negli studi in cui le persone praticano psicoterapia. E se ancora oggi una citazione del 1877 – anno in cui fu pubblicato il romanzo per la prima volta – è così impattante da essere profondamente compresa e condivisa è perché contiene un fondo di enorme e pesante verità.
L'immagine della famiglia felice del resto è stata ripresa anche negli anni 90. Era quella da "Mulino Bianco", ovvero quella che ci hanno mostrato attraverso spot televisivi e che è diventato un altro modo di dire per descrivere nuclei apparentemente soddisfatti nelle loro relazioni interpersonali. Le famiglie felici sono generalizzate e generalizzabili: rappresentano ancora quel concetto di percezione dell'uguaglianza nella felicità che lo scrittore russo sottolineava nella prima parte della frase. Ma la soggettività delle singole relazioni all'interno di gruppi di individui nel momento in cui si vive nel dolore diventa una caratteristica precisa di ognuno, non paragonabile a quella degli altri.
In questa parola, "altri", sono compresi anche gli animali: perché il dolore della violenza domestica non è solo quello che viene causato alle persone ma anche, spesso e purtroppo, pure ai compagni non umani del nucleo familiare.
Il dolore passa attraverso varie esperienze e lo si prova costantemente nelle situazioni di soprusi fisici e psicologici che nella gran parte dei casi vengono subiti da donne e minori. Dentro le case vivono nuclei familiari che ogni giorno sono devastati dalla violenza di un uomo – nella quasi totalità dei casi – che mette in atto comportamenti finalizzati a rendere la vita degli altri componenti una mera sopravvivenza tra abusi di ogni forma, fino a episodi estremi e purtroppo non così rari che sfociano nell'omicidio. In questo scenario che del resto la cronaca ogni giorno ci mostra, le vie di fuga sono ancora poche, la denuncia spesso non porta a risultati concreti e ancora peggio è per chi vive insieme a un animale domestico, utilizzato come strumento per causare ulteriore sofferenza.
In Italia esiste una sola Casa rifugio per donne vittime di violenza che accoglie anche gli animali di famiglia. Si chiama "La casa dei buoni" ed è nata nella provincia ferrarese proprio con lo scopo di dare la possibilità a chi, vessato dalla violenza del partner, possa allontanarsene e portare con sé l'animale o gli animali parte del nucleo familiare. Il progetto ha già prodotto risultati ma sono solo due le famiglie che hanno avuto questa concreta possibilità. In una Italia in cui – secondo i dati Istat – ci sono 373 Centri antiviolenza, 431 Case rifugio e sono 54 mila le donne che hanno contattato almeno una volta i Cav (Centri Anti Violenza) è evidente che chi ha animali al seguito si trova del tutto privo di supporto.
Il tema, ieri, è entrato alla Camera dei Deputati, ovvero in Parlamento: la casa comune degli italiani, in cui proprio situazioni come queste dovrebbero essere tenute in considerazione all'ordine del giorno per realizzare il mandato per cui i politici sono lì a rappresentarci al fine di realizzare azioni concrete perché la vita della società civile tutta migliori e sia degna di questo nome.
La delicata questione di donne – e in generale di persone in quanto tali, ovvero senza distinzione di genere – che vengono vessate dai partner e che non hanno supporto concreto se vogliono allontanarsene ma vivono insieme ad un animale, è stata messa in evidenza all'interno di Montecitorio dall'associazione Link-Italia già in un'altra occasione e grazie all'attenzione del deputato Devis Dori di Europa Verde. Il deputato è l'autore di una proposta di legge che prevede un inasprimento delle pene per chi commette reati contro gli animali che si focalizza però anche sulla rieducazione, con percorsi di recupero soprattutto per i giovani che compiono tali crimini. «L'esempio di Cento è un altro tassello importante per comprendere l'importanza del ruolo degli animali nella nostra vita – ha spiegato Devi – e capire la correlazione tra il maltrattamento animale, la violenza sulle donne e la pericolosità sociale è fondamentale. La presenza di professionisti di varie specialità è l'esempio virtuoso che si possono realizzare le cose nell'ottica della sinergia: oggi qui ci sono le istituzioni, la politica, il giornalismo, le forze dell'ordine, l'associazionismo, l'avvocatura e la magistratura. Tutte queste realtà si sono messe insieme e sono parte attiva rispetto alla proposta di un protocollo d'intesa al Ministero della Giustizia».
Durante la conferenza stampa intitolata "Oltre quel muro. Storie di violenza su donne, minori, animali e le ‘case rifugio Link", è stato infatti spiegato il lavoro svolto fino ad oggi e i contenuti di un protocollo d'intesa che l'associazione Volunteers Vs Violence, che gestisce "La casa dei buoni", ha stilato per chiederne l'applicazione appunto al Ministero della Giustizia al fine di aumentare il numero di strutture come quella già esistente, secondo una prassi consolidata che sta funzionando grazie al contributo degli organi di polizia preposti, al Comune di Cento e alla Regione Emilia-Romagna.
Durante la conferenza stampa si sono alternate le testimonianze di chi è sul campo e di chi conosce bene i casi perché vi è appunto a diretto contatto con un fenomeno ancora troppo poco noto ma che rientra in quella immagine di infelicità intima che riguarda ogni singolo nucleo familiare in cui accade.
Francesca Sorcinelli, Presidente di Link – Italia ha sottolineato proprio la correlazione esistente tra il maltrattamento animale e la pericolosità sociale, primo punto fondamentale da comprendere: «Affermare la pericolosità sociale delle condotte in danno ad animali non significa prospettare l’intuizione illuminata di una particolare scuola di pensiero poiché essa ha già ottenuto oltre che i massimi riconoscimenti scientifici anche i massimi riconoscimenti istituzionali, dall’FBI, da Scottland Yard, dall’Associazione Psichiatrica Americana che nel 1987 ha inserito nel DSM il maltrattamento di animali fra i criteri del disturbo della condotta e dall’Organizzazione Mondiale della Sanità che nel 1996 ha inserito il maltrattamento di animali nell’ICD – 10. Fino a qualche anno fa tutto ciò era un file nella mia cartella mentale intitolata “fantascienza allo stato puro” in Italia ma oggi grazie all’impegno e alla tenacia di professionisti nell’ambito delle forze di polizia e delle professioni di aiuto si è trasformato in realtà, una realtà che grazie ai relatori presenti a questo tavolo e all’auspicato impegno del Ministero della Giustizia potrà divenire patrimonio dell’intera società ed in particolare di ogni vittima di violenza sia essa umana o animale».
Collegato al lavoro della Sorcinelli è quello che l'associazione Volunteers Vs Violence sta facendo sul territorio di riferimento dove è sorta la casa rifugio che accoglie anche gli animali. Si tratta di una sinergia nata tra Link e due persone, in particolare, che nella loro attività professionale hanno dedicato attenzione, rispetto e cura alle vittime di violenza familiare: Massimo Perrone, presidente dell'associazione e ispettore capo della Polizia Locale di Cento ora in pensione e Michela Bosi, Cofondatrice dell'associazione e Assistente Capo Polizia Locale di Cento.
«Siamo qui oggi soprattutto per mettere l'accento che questo esempio positivo non deve essere considerato un'eccezione ma una risorsa di ogni contesto sociale che si rispetti – ha chiarito Perrone – Lo scopo primario del protocollo d'intesa è che ogni ente comunale o provinciale riservi una struttura del proprio patrimonio pubblico, come avvenuto a Cento, per proteggere le donne e garantire loro accoglienza portando i propri animali che sono parte della famiglia e che subiscono violenza a loro volta».
«Quando ero in Polizia locale mi occupavo di lotta alla violenza sulle donne – aveva del resto spiegato Perrone proprio qui su Kodami – Ho assistito a casi in cui avremmo potuto offrire protezione, ma le donne che si erano rivolte a noi non si sono volute allontanare da loro animali. Non ho smesso di pensare a questi casi e ho dedicato la mia pensione a un progetto che potesse sopperire a questa mancanza».
Bosi ieri ha ripercorso proprio il cammino fatto insieme per arrivare a questo scopo, sin dalla nascita del progetto DO.MIN.A.: «Donne, Minori e Animali: da questo siamo partiti nel 2018 per arrivare oggi a presentare un protocollo in cui abbiamo raccolto le buone prassi che sono state seguite nel nostro lavoro in cui si sono messe insieme formazione e competenza per dare davvero una mano concreta, approcciando con la giusta sensibilità su casi delicatissimi: accogliere non vuol dire solo saper ascoltare, ci vogliono professionalità capaci nel farlo e noi abbiamo un team anche di avvocatesse che pro bono danno il loro contributo costante alle donne vittime di violenza».
A proposito appunto di fare rete e di avere competenze diversificate, durante l'incontro a tessere le fila è stata la professoressa Paola Balducci, membro laico del CSM ed ex parlamentare che ha posto l'accento sulla necessità anche di considerare ogni situazione al di là del genere: «E' un dato di fatto che siano le donne a trovarsi in tali condizioni ma è anche vero che la tutela da parte dello Stato deve essere nei confronti delle persone in quanto tali. La violenza si deve interpretare in maniera più ampia e l'attenzione deve essere portata anche sugli animali che hanno un ruolo importantissimo nella vita affettiva degli esseri umani e vanno riconosciuti sempre di più come parte integrante della famiglia».
Su Kodami, proprio in occasione della giornata contro la violenza sulle donne, avevamo proprio puntato su questo aspetto, raccontando un caso di stalking subito da una transessuale continuamente vessata dal suo ex compagno che attraverso abusi e minacce sui suoi cani l'aveva perseguitata.
Il magistrato Diana Russo ha voluto porre l'accento sui passi in avanti che già sono stati fatti rispetto al riconoscimento dei diritti sugli animali: «A partire dall'inserimento della tutela degli altri esseri viventi in Costituzione e arrivando a recenti sentenze, è dimostrato che in realtà siamo in un'epoca in cui c'è un'altra sensibilità. Mi sono occupata personalmente di casi di violenza domestica in cui l'animale è stato torturato, se non ucciso, al fine di provocare dolore nel partner. Ancora c'è da fare, ma questi momenti sono di fondamentale importanza per riconoscere che le cose stanno cambiando. Siamo a un punto d'arrivo ma anche a un punto di partenza per altre riforme che non devono limitarsi alla sola tutela degli animali da compagnia, ma su questi ultimi oggi c'è consenso diffuso: è pacifica la tutela del legame con l'animale di famiglia e il quadro ordinamentale attuale è pronto ad accogliere questa proposta».
Un aspetto molto importante proprio in merito ai tempi che cambiano è quello dell'utilizzo delle piattaforme sociali che spesso diventano veicolo di emulazione. E' quanto ha voluto sottolineare Rossano Tozzi, Brigadiere Capo del Comando Unità per la tutela forestale e agroalimentare: «Sul campo ho visto reati nei confronti degli animali orribili e attraverso la condivisione dei video sui social spesso siamo riusciti a risalire ai colpevoli ma bisogna fare informazione in tal senso perché la diffusione provoca un effetto eco e il rischio che altri compiano gesti simili dopo aver appunto visto le immagini condivise spesso da minori».
In chiusura la parola è andata all'onorevole Luana Zanella, capogruppo di Alleanza Verdi Sinistra e Segretario della Commissione Parlamentare di inchiesta sul femminicidio, nonché su ogni forma di violenza di genere: «La sintesi di quanto abbiamo ascoltato è continuare sulla strada della collaborazione tra professionalità diverse e portare, noi che siamo nelle sedi opportune, queste istanze per farle trasformare in realtà concrete a fronte di una resistenza al cambiamento culturale che colpisce soprattutto gli uomini. Gli animali sono fondamentali nelle relazioni e si comprende la difficoltà a rinunciare a loro a rischio anche della propria vita da parte delle donne: l'obiettivo è allontanare l'autore della violenza dall'abitazione ma avere accoglienza dovrebbe essere dato per scontata e non può essere ignorato. Porteremo avanti e a compimento la proposta del protocollo: bisogna andare in profondità e risolvere i problemi».