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5 Febbraio 2023
9:11

Quando il maltrattamento degli animali negli allevamenti intensivi è insito nelle strutture

Molti dei maltrattamenti subiti dagli animali negli allevamenti intensivi derivano da situazioni strutturali, mancata manutenzione e cattiva gestione operativa.

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mucche allevamento

Seguendo gli approfondimenti delle associazioni per la difesa degli animali e anche recenti inchieste trasmesse in tv emerge un dato piuttosto inquietante: molti dei maltrattamenti subiti dagli animali negli allevamenti intensivi derivano da situazioni strutturali, mancata manutenzione e cattiva gestione operativa.

Tradotto in concreto significa che gli atti crudeli che dipendono da comportamenti umani voluti, per indifferenza o crudeltà, pur se molto gravi rappresentano una componente minoritaria nella sofferenza degli animali. Se qualcuno si sta chiedendo quale sia l’importanza di questa suddivisione la risposta è molto semplice: l’accertamento di comportamenti violenti nei confronti degli animali negli allevamenti intensivi può essere difficile, salvo che vengano posti in atto dei sistemi di registrazione delle immagini attraverso telecamere.

Le carenze strutturali e manutentive sono invece sempre accertabili con una normale ispezione e non sarebbero difficili da individuare dagli organi di controllo se attenti non solo alle situazioni che possono avere una ricaduta sulla salute umana ma anche a quelle che sono causa di ingiustificabili condizioni di vita degli animali.

La maggioranza delle problematiche emerse, infatti, sono legate a problemi degli stabilimenti produttivi che vanno dai sistemi di ventilazione all’impossibilità di far accedere gli animali all’aperto in modo sicuro a condizioni che impediscono una corretta igiene dei luoghi, solo per citarne alcune. Questo nonostante l’importanza delle strutture in relazione al benessere animale sia uno dei criteri chiave indicati con chiarezza nel materiale distribuito dal Ministero della Salute ai distretti veterinari, come ad esempio il lavoro prodotto per la  “Valutazione del benessere animale nella specie suina: manuale esplicativo controllo ufficiale” che a pagina 14 recita:

L’analisi degli effetti avversi, relativi alle strutture e alle procedure gestionali non adeguate, è possibile attraverso la valutazione di indicatori di benessere (animal-based measures – ABMs) misurabili direttamente sull’animale (es. lesioni della coda) oppure indirettamente, mediante la raccolta di dati disponibili in azienda (es. prevalenza di mortalità annuale), e per i quali è stata scientificamente dimostrata la correlazione con il benessere animale. L’animale che non è in condizioni di benessere manifesta, infatti, precisi segnali fisici che si possono cogliere, interpretare e valutare al fine di comprenderne lo stato di disagio”.

Fra i parametri di valutazione si fa riferimento alle “5 libertà” oramai riconosciute come la soglia minima sotto la quale non dovrebbe mai scendere il benessere degli animali negli allevamenti. Come specificato nel manuale, quando descrive il parametro per la classificazione come inaccettabile o insufficiente di uno o più processi dell’allevamento: la presenza di “condizioni che potrebbero impedire a uno o più animali di soddisfare le proprie esigenze biologiche e di godere delle 5 libertà alla base del benessere animale".

Per completezza occorre indicare che ogni stabilimento produttivo deve avere un veterinario aziendale incaricato di valutare, fra l’altro, anche le condizioni di benessere degli animali e la conformità sia delle strutture che delle procedure. Il sanitario incaricato avrebbe l’obbligo di indicare le non conformità in banca dati ma anche di segnalare condizioni di maltrattamento all’Autorità Giudiziaria, come previsto dall’articolo 365 del Codice Penale.

Il veterinario aziendale, secondo quanto indicato dal Ministero della Salute:

“svolge le sue funzioni in base ad un rapporto formale con l’operatore che si instaura attraverso la sottoscrizione, da parte di entrambi, dello schema di designazione (…). È un consulente dell’operatore, segue con continuità l’allevamento e ne conosce, quindi, lo stato sanitario e produttivo. Allo stesso tempo facilita il rapporto tra l’operatore e i servizi sanitari competenti, inserendo nel sistema di epidemiosorveglianza, curato dal Ministero della salute, dati ed informazioni relativi all’allevamento raccolti in autocontrollo dall’operatore dopo averne verificato veridicità, solidità e congruità. Questo processo consente una individuazione precoce dei rischi negli allevamenti favorendo la tutela della sanità e del benessere animale e, più in generale, della salute pubblica”.

Fra quanto prevede la norma, quanto dovrebbe essere per buon senso e etica e le reali condizioni di vita degli animali vi sono grandissime differenze che incidono pesantemente sulle condizioni dei soggetti allevati. Per questa ragione occorre promuovere una diversa cultura del benessere animale, che deve essere aderente alle condizioni di vita minime previste dalle normative ma poco rispettate nella realtà. Il fatto che questi animali siano destinati alla produzione di alimenti non può giustificare condizioni di vita inaccettabili, motivate esclusivamente da ragioni di profitto.

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Ermanno Giudici
Esperto in diritti degli animali
Mi occupo di animali da sempre, ricoprendo per oltre trent’anni diversi ruoli direttivi in ENPA a livello locale e nazionale, conducendo e collaborando a importanti indagini. Autore, formatore per le Forze di Polizia sui temi dei diritti degli animali e sulla normativa che li tutela, collaboro con giornali, televisioni e organizzazioni anche internazionali.
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