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21 Ottobre 2021
15:38

Quando e perché si è estinto il quagga

Il quagga era la più meridionale tra tutte le zebre africane ed era un tempo molto comune tra le aride pianure sudafricane. Con l'arrivo dei coloni europei però, questa zebra dal mantello e dalla colorazione unica, iniziò a sparire rapidamente dalla circolazione, fino ad estinguersi completamente nella seconda metà dall'800. Ma perché si è estinto? Ed è vero che qualcuno lo ha riportato in vita?

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Prima dell'arrivo dei coloni europei in Sudafrica, tra le aride praterie della provincia del Capo, era piuttosto facile avvistare mandrie di grossi equidi dall'aspetto decisamente singolare. Sembravano una strana via di mezzo tra una zebra e un cavallo, striati sulla metà anteriore del corpo e completamente privi di strisce sull'altra metà.

Quei bizzarri e curiosi animali si chiamano, o meglio si chiamavano, quagga, ed erano le più meridionali tra tutte le zebre africane. In pochissimi anni però, mentre il colonialismo europeo imperava in Africa, il quagga iniziò a diventare sempre più raro e difficile da trovare e così, alla fine del XIX secolo, questa zebra tanto insolita si era già definitivamente estinta. Ma quali furono le cause dell'estinzione e quando il quagga è scomparso dalle pianure sudafricane? Ed è vero che qualcuno è riuscito a riportarlo in vita?

Una zebra a metà

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Dipinto del 1793 realizzato da Nicolas Maréchal che raffigura il quagga del serraglio di Luigi XVI a Versailles

Il quagga (Equus quagga quagga) è stato a lungo considerato una specie distinta di zebra endemica del Sudafrica, ed era diffuso prevalentemente nella regione arida del Karoo, a sud del fiume Orange, tra la provincia del Capo e la parte meridionale dello Stato Libero di Orange. Studi sul DNA hanno però chiarito che si trattava in realtà di una sottospecie (oppure di una popolazione geograficamente distinta) di zebra di pianura (Equus quagga), la più comune e diffusa tra le specie di zebra attualmente viventi. Specie, sottospecie o ecotipo poco importa, si trattava in ogni caso di un'entità biologica unica e peculiare. Si distingueva da qualsiasi altro tipo di equide per il suo inconfondibile mantello, diviso quasi perfettamente a metà tra una zebra e un cavallo. Possedeva strisce bianche e marroni sulla testa e sul collo, le parti superiori erano sempre marroni o color crema, mentre ventre, coda e zampe completamente bianchi. Le strisce diventavano sempre meno marcate man mano che ci si allontanava dalla testa, per poi scomparire completamente sulla parte posteriore.

Poco si sa del comportamento dei quagga in natura, anche perché con questo nome (che ricorda l'onomatopea del verso delle zebre) venivano chiamate indistintamente anche altre specie. È probabile comunque che avessero un'ecologia non troppo diversa dalle altre zebre e che vivessero in mandrie composte dai 30 ai 50 esemplari.

Secondo uno studio del 2020 condotto sui pochi esemplari rimasti nei musei, pare che le femmine fossero più grandi dei maschi, probabilmente un adattamento al clima stagionale più rigido del Sudafrica. Per lo stesso motivo il quagga era equipaggiato anche con uno spesso mantello invernale, che cambiava con la muta stagionale ogni anno. Si dice fosse più docile e facilmente addomesticabile rispetto alle altre zebre africane e questo favorì il trasferimento di numerosi esemplari negli zoo e nelle collezioni private in Europa, dove era particolarmente apprezzato per la sua caratteristica colorazione. Persino Luigi XVI ne possedeva uno stallone nel suo personale serraglio a Versailles. Ciononostante quando i coloni europei si insediarono in pianta stabile in Sudafrica questi animali iniziarono a sparire dalla circolazione piuttosto rapidamente.

La rapida scomparsa dei quagga

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L’esemplare imbalsamato esposto al museo di storia naturale di Basilea. In basso una colomba migratrice (Ectopistes migratorius), altra specie estinta per colpa dell’uomo

Forse a causa della loro particolare indole poco bellicosa, pare che i quagga fossero estremamente facili da rintracciare e abbattere. Queste zebre venivano regolarmente cacciate sia per la carne che per le loro pelli, ma molti allevatori iniziarono a considerarle d'intralcio per gli animali allevati allo stato brado, a cui sempre secondo loro sottraevano erba e foraggio. La popolazione dei quagga quindi, già particolarmente esigua a causa della limitata distribuzione geografica, fu decimata dalla caccia in pochissimo tempo, e già all'inizio del XIX secolo era scomparso da buona parte del Sudafrica.

Diversi esemplari furono portati in Europa nel tentativo di avviare la riproduzione in cattività e una sorta di programma di domesticazione. Secondo il naturalista inglese Charles Hamilton Smith il quagga era «indiscutibilmente il miglior candidato per l'addomesticamento, sia per quanto riguarda la forza che la docilità». Alcuni racconti parlano di diversi esemplari tenuti come fossero cavalli sia in Sudafrica che Inghilterra, e pare che due stalloni furono addirittura utilizzati per trainare la carrozza dello sceriffo di Londra all'inizio del XIX secolo. I tentativi di riproduzione in cattività non portarono però a grossi risultati, se non alla nascita di un ibrido ottenuto dall'incrocio tra un quagga maschio e una cavalla dal conte scozzese George Douglas, e che fu trionfalmente presentato in una lettera alla Royal Society di Londra nel 1820.

Gli ultimi quagga

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Una delle cinque foto note dell’ultima femmina di quagga di Londra. La più famosa è in apertura

Intorno al 1850 il quagga era già stato sterminato in buona parte del suo areale e le ultime mandrie selvagge sopravvivevano solamente nello Stato Libero di Orange, dove furono cacciati fino all'estinzione negli anni 70 dell'800. L'ultimo quagga selvatico di cui si hanno notizie certe in Sudafrica fu abbattuto nel 1878. L'esemplare in cattività più famoso di tutti, una femmina di cui possediamo anche le uniche fotografie mai scattate a questa specie, era già morta allo zoo di Londra nel 1872, mentre un altro quagga che viveva invece a Berlino morì nel 1875. L'ultimo esemplare rimasto in cattività invece, una femmina che ha vissuto per 16 anni allo zoo di Amsterdam, morì il 12 agosto del 1883, decretando l'estinzione definitiva del quagga.

Come accaduto per molte altre specie scomparse a quei tempi, nessun si accorse dell'estinzione e gli zoo continuarono a richiedere nuovi esemplari. Molti cacciatori erano convinti di poter esaudire queste richieste, ma da quel momento in poi nessun altro quagga fu mai più osservato in natura. La specie fu dichiarata estinta nel trattato internazionale sulla conservazione della fauna selvatica africana, firmato dalle potenze coloniali europee a Londra nel 1900. Del quagga oggi restano solamente appena 23 esemplari impagliati nei musei in giro per il mondo, 7 scheletri completi e pochi altri reperti parziali. Tra questi ci sono anche l'esemplare esposto al museo di Storia Naturale di Milano e quello conservato invece al Museo Regionale di Scienze Naturali di Torino.

Il quagga è "tornato in vita" in Sudafrica?

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Grazie a un progetto di allevamento e selezione delle zebre di Burchell, animali molto simili ai quagga sono tornati a pascolare in Sudafrica

Proprio in virtù della stretta parentela tra il quagga e la zebra di pianura, nel 1987 è stato avviato un ambizioso progetto di allevamento selettivo che punta a ricreare una popolazione quanto più simile possibile ai quagga estinti: The Quagga Project. Il gruppo di partenza era composto da 19 zebre di Burchell, la sottospecie attualmente vivente più meridionale, provenienti dalla Namibia e dal Sudafrica, scelte perché avevano già striature poco marcate sul retro del corpo e sulle zampe. Un po' come avviene con la selezione delle razze canine o feline, gli esemplari più simili ai quagga sono stati poi reincrociati nelle generazioni successive fino a ottenere, a partire dal 2006, delle zebre piuttosto simili ai veri quagga. Oggi sono oltre un centinaio i quagga "riportati in vita" e ospitati in varie riserve sudafricane, che molto presto potrebbero essere riportati lì dove una volta pascolavano i veri quagga.

Le zebre selezionate dal Quagga Project

Per quanto questo progetto punti «a correggere un tragico errore commesso più di cento anni fa per avidità e miopia» la realtà dei fatti è però decisamente più complessa e modesta. Gli animali allevati hanno davvero tanto del quagga nell'aspetto, ma si tratta purtroppo solamente di una somiglianza estetica, nulla di più. Quando nell'800 si è estinto il quagga, se n'è andato per sempre anche il suo patrimonio genetico unico, che non potrà di certo essere recuperato attraverso l'allevamento e la selezione. Gli animali del Quagga Project possono impressionare per somiglianza a un primo impatto, ma non saranno purtroppo mai dei veri quagga. Saranno sempre semplicemente delle zebre di Burchell con indosso un vestito, cucito ad arte dall'uomo, di un animale che non riavremo mai più.

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Salvatore Ferraro
Redattore
Naturalista e ornitologo di formazione, sin da bambino, prima ancora di imparare a leggere e scrivere, il mio più grande sogno è sempre stato quello di conoscere tutto sugli animali e il loro comportamento. Col tempo mi sono specializzato nello studio degli uccelli sul campo e, parallelamente, nell'educazione ambientale. Alla base del mio interesse per le scienze naturali, oltre a una profonda e sincera vocazione, c'è la voglia di mettere a disposizione quello che ho imparato, provando a comunicare e a trasmettere i valori in cui credo e per i quali combatto ogni giorno: la conservazione della natura e la salvaguardia del nostro Pianeta e di chiunque vi abiti.
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