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Kodami Call
rubrica
16 Ottobre 2021
12:00

Quando e perché si è estinta la tigre della Tasmania

Il tilacino o tigre della Tasmania era un predatore marsupiale diffuso un tempo soprattutto sull'omonima isola. Conosciuto da molti per i filmati che ritraggono Benjamin, l'ultimo esemplare morto in uno zoo nel 1936, si è estinto a causa dell'uomo nel secolo scorso. Quali furono però le cause che lo portarono all'estinzione? E quali erano le abitudini in natura della tigre della Tasmania?

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È la sera del 6 settembre del 1936 allo zoo di Hobart, in Tasmania, un custode a dir poco svogliato si dimentica di far rientrare nel suo ricovero notturno Benjamin, la tigre della Tasmania catturata qualche anno prima e che era diventata una delle attrazioni principali del giardino zoologico. Chiuso fuori dal suo dormitorio, Benjamin morì quella stessa notte, quasi certamente a causa delle temperature insolitamente gelide di quel giorno. Quello che però il custode – e quasi nessun altro – all'epoca sapeva è che quella notte tra il 6 e il 7 settembre non solo morì l'ultima tigre della Tasmania rimasta in cattività, ma anche l'ultimo esemplare mai osservato con certezza.

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Tutte le successive ricerche si rivelarono infruttuose e, di lì a poco, la tigre della Tasmania o tilacino, si estinse definitivamente anche in natura. Simbolo della Tasmania e iconico portavoce delle specie estinte per colpa dell'uomo, il tilacino è ancora oggi uno degli animali più amati al mondo, che in molti credono ancora di poter trovare in circolazione. Ma quali erano le abitudini di questo marsupiale? E perché si è estinto?

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La tigre della Tasmania tra gli altri animali scomparsi a causa dell'uomo

La tigre della Tasmania, il più grande carnivoro marsupiale

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Il tilacino (Thylacinus cynocephalus), conosciuto anche come tigre della Tasmania a causa delle strisce presenti sul dorso, oppure come lupo della Tasmania per la somiglianza con i canidi, era un predatore carnivoro diffuso un tempo in Australia, Nuova Guinea e soprattutto in Tasmania. Somigliava nell'aspetto a un grosso cane a pelo corto dal colore fulvo, più o meno chiaro in base all'età, e striato di nero sulla parte posteriore del dorso. Pesava tra i 20 e i 30 kg, ed era lungo quasi due metri, compresa la lunga coda che usava come appoggio per sollevarsi sulle zampe posteriori. Si trattava quindi del più grosso predatore marsupiale rimasto in vita fino al secolo scorso.

La somiglianza con un cane o un lupo non deve però trarre in inganno, il tilacino era infatti un marsupiale, imparentato soprattutto con i diavoli della Tasmania e i numbat. Persino i maschi possedevano il marsupio, cosa più unica che rara tra i marsupiali attualmente viventi. Le similitudini coi canidi sono solamente frutto di convergenza evolutiva, un fenomeno biologico per cui specie diverse e distanti tra loro sviluppano caratteristiche simili in maniera indipendente, perché sottoposte alle stesse pressioni ambientali. Un po' come i pesci, le tartarughe marine e i cetacei, che vivendo nello stesso ambiente e in modo simile hanno evoluto tutti le pinne.

Poco sappiamo sulle abitudini di questo marsupiale predatore, la maggior parte delle informazione provengono infatti dagli animali tenuti in cattività e dai poco attendibili racconti arrivati dalla Tasmania. Nonostante la fama di sterminatore di pecore e pollame attribuitagli dai coloni e dagli abitanti della Tasmania, quasi certamente il tilacino era un cacciatore notturno o crespuscolare, che catturava solamente piccoli mammiferi e probabilmente uccelli non volatori, come gli emù. Malgrado fosse in grado di spalancare la bocca addirittura fino a 120°, il suo morso non era molto potente e pare non fosse un vero e proprio velocista. Cacciava quindi soprattutto in agguato, non sappiamo se da solo o in piccoli gruppi. La maggior parte degli avvistamenti in natura raccontano di animali schivi e solitari, ma gli esemplari tenuti in cattività convivevano bene sia in coppia che in piccoli gruppi.

Il rapido declino della tigre della Tasmania

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Un maschio e una femmina di tilacino fotografati al National Zoo di Washington nel 1904

Quando arrivarono i primi esploratori europei nel continente australiano, il tilacino era già sparito da tempo dalla Nuova Guinea e dall'Australia continentale. Molto probabilmente si estinse lì già 2000 anni fa, a causa forse della competizione con il dingo portato dall'uomo e soprattutto per gli stravolgimenti ambientali che la crescita della popolazione umana inevitabilmente lascia dietro di sé. Alla fine del 1700, quando arrivarono i primi racconti dell'animale in Europa, il tilacino sopravviveva solamente tra i boschi e le praterie della Tasmania. Le prime vere descrizioni dettagliate arrivarono però solo all'inizio del 1800, quando i coloni europei si stabilirono definitivamente sull'isola.

Nei decenni successivi all'arrivo dell'uomo il numero dei tilacini iniziò a ridursi rapidamente, anche perché venivano accusati ingiustamente per al morte del bestiame, che con tutta probabilità veniva predato in realtà dai cani rinselvatichiti portati dall'uomo sull'isola. Erano quindi perseguitati e cacciati dagli allevatori e c'erano persino delle taglie per chiunque fosse riuscito a ucciderne un esemplare. Proprio i cani però furono – inconsapevolmente – uno dei motivi principali dietro il rapido declino del tilacino. Molte delle sue prede sparirono e il marsupiale subì la forte competizione diretta con il miglior amico dell'uomo. A tutto ciò va sommato anche il pesante impatto causato da una malattia simile al cimurro, che colpi duramente la popolazione già esigua.

Le ultime tigri della Tasmania

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Benjamin allo zoo di Hobart nel 1933

Nei primi anni del 900 il tilacino era già diventata una specie rarissima, e questo non fece altro che far aumentare la richiesta da parte degli zoo di tutto il mondo, malgrado esistessero già gruppi che ne chiedevano a gran voce la protezione. Iniziò quindi una caccia ancor più serrata, che portò alla cattura di diversi esemplari trasferiti ai giardini zoologici australiani e non. Tuttavia nonostante fossero presenti diverse coppie in giro per il mondo, nessuno riuscì a far riprodurre il tilacino in cattività. L'unica riproduzione accertata conosciuta è avvenuta a Melbourne nel 1899. L'ultimo esemplare avvistato in natura fu ucciso nel 1930 dall'agricoltore Wilf Batty, che possiamo osservare ancora oggi posare fiero di fianco al cadavere col suo cane.

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L’agricoltore Wilf Batty e l’ultimo tilacino abbattuto in natura nel 1930

Nel 1931, allo zoo di Londra, morì anche l'ultimo tilacino rimasto fuori dall'Australia, non restavano quindi che Benjamin e gli altri pochi esemplari dei giardini zoologici australiani. Dopo la morte di Benjamin lo zoo di Hobart era convinto di poter trovare nuovi esemplari in natura, ma tutte le spedizioni organizzate non diedero i frutti sperati. Ironia della sorte il 10 luglio 1936, 59 giorni prima che Benjamin morisse in cattività, il tilacino fu ufficialmente dichiarato specie protetta dal governo della Tasmania. Con tutta probabilità il tilacino riuscì comunque a sopravvivere in Tasmania ancora per qualche decennio. Le segnalazioni di avvistamenti, tracce e impronte continuarono per molti anni, ma nessuna di queste fu mai veramente accertata.

Gli ultimi tilacini, ridotti a una manciata di esemplari dalla caccia, dalla competizione coi cani, dal cimurro e dalla distruzione dell'habitat si estinsero probabilmente intorno agli anni 50 o 60. Oggi del tilacino non restano altro che una manciata di foto in bianco e nero e alcuni rari filmati degli ultimi esemplari in cattività. Tra cui proprio Benjamin, ripreso in un clip di appena 45 secondi dal naturalista David Fleay. Il famosissimo filmato girato nel dicembre del 1933, originariamente in bianco e nero, è stato tra l'altro recentemente ricolorato in digitale e pubblicato in occasione dell'anniversario della suo morte il 7 settembre.

Il noto filmato di Benjamin ricolorato per l'anniversario della sua morte

Il tilacino potrebbe essere ancora in giro?

La specie fu ufficialmente dichiarata estinta dall'IUCN solamente nel 1982 e dal governo della Tasmania nel 1986. In molti però non si sono ancora rassegnati all'idea di averlo perso per sempre, e c'è chi è pronto a giurare di aver visto un tilacino in carne e ossa oggi, sia in Tasmania che in Australia. Gli avvistamenti – purtroppo mai confermati – non sono infatti mai cessati e continuano ancora oggi. Tracce, vocalizzazioni, foto e video sfocati spuntano ogni anno, ma nessuno di questi ha mai portato a prove concrete della sua esistenza. Spedizioni scientifiche e non hanno più volte scandagliato in lungo e in largo le aree in cui ci sono stati avvistamenti, ma nessun segno del marsupiale è mai stato trovato. Magnati americani e riviste prestigiose hanno persino offerte delle laute ricompense per chiunque fosse riuscito a portare anche solo una prova dell'esistenza del tilacino. Nessuno però è mai riuscito a riscuotere il denaro.

Le possibilità che ancora oggi possano esistere tilacini nascosti da qualche parte in Australia o in Tasmania sono pressoché nulle. Tutte ricerche effettuate non hanno mai prodotto nulla e la maggior parte degli avvistamenti si sono sempre rivelati essere sviste, errori o addirittura montature costruite ad arte. Ci sono anche quelli che vorrebbero addirittura riportarlo in vita clonandolo grazie al DNA estratto dai campioni conservati nei barattoli dei musei. Cosa che tecnicamente è anche possibile, ma non produrrebbe altro che una sbiadita imitazione di un animale ormai definitivamente scomparso, e che difficilmente troverebbe posto nel mondo fuori da un recinto. La tigre della Tasmania non c'è più, e dobbiamo purtroppo accettare a malincuore la sua e tutte le altre estinzioni causate dall'umanità, sperando servano da monito per il futuro.

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Salvatore Ferraro
Redattore
Naturalista e ornitologo di formazione, sin da bambino, prima ancora di imparare a leggere e scrivere, il mio più grande sogno è sempre stato quello di conoscere tutto sugli animali e il loro comportamento. Col tempo mi sono specializzato nello studio degli uccelli sul campo e, parallelamente, nell'educazione ambientale. Alla base del mio interesse per le scienze naturali, oltre a una profonda e sincera vocazione, c'è la voglia di mettere a disposizione quello che ho imparato, provando a comunicare e a trasmettere i valori in cui credo e per i quali combatto ogni giorno: la conservazione della natura e la salvaguardia del nostro Pianeta e di chiunque vi abiti.
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