Quando sgridiamo il nostro cane ci chiediamo sempre: «Avrò sbagliato?», «Avrò esagerato?», «Potevo evitare di arrabbiarmi?». Questi dubbi sono l’espressione sociale di quella cultura antispecista che ci sta spingendo a interpretare un nuovo paradigma di relazione con gli animali. In particolare con il cane.
Vogliamo riscattarci dal ruolo di sfruttatori e dominatori del mondo animale che abbiamo avuto storicamente finora. Mentre per un inconscio sistema di compensazione ci affanniamo a spendere budget importanti nel pet care, più concretamente ci chiediamo se sia giusto rimproverare il cane. Sgridarlo può compromettere la nostra relazione con lui? Il problema non sta tanto nel fatto se è possibile, quanto piuttosto nel quando e come farlo in modo opportuno. Per percorrere il crinale di questo spigoloso argomento, dobbiamo affidarci a dei parametri di adeguatezza:
- tempismo della comunicazione;
- profondità di relazione;
- età del cane.
Il tempismo
Molti pensano che si debba rimproverare il cucciolo quando, rientrando in casa, scopriamo che ha fatto pipì da qualche parte. Siamo davvero convinti che portandolo sul luogo del misfatto, a distanza di tempo, il cane comprenda di aver sbagliato? Sappiamo invece che se vogliamo inibire il cucciolo a farla in casa, dobbiamo necessariamente coglierlo sul fatto. Sarà sufficiente un suono secco o un rumore deciso del battito delle mani. Dopo averlo interrotto, senza spaventarlo, dobbiamo portarlo subito fuori.
Di fatto non rimproveriamo il cane, quanto piuttosto interrompiamo una sua azione. Dobbiamo non solo coglierlo sul fatto ma, se possibile, anticiparlo ovvero intervenire prima che il comportamento si compia. L’intenzione è, infatti, lo scaturire di una forma embrionale di azione, ancora confinata nel pensiero. Intercettare l’intenzione è ciò che rende più efficace e stabile il nostro intervento di mediazione o inibizione.
Per rimproverare deve esserci relazione
È assolutamente normale che un genitore intervenga sui comportamenti sbagliati di un figlio. Non sarebbe la stessa cosa però se nella medesima situazione intervenisse una persona estranea. Lo scontro con il genitore che un bambino metabolizza con serenità, dopo qualche minuto, nel caso dell’estraneo può diventare invece motivo di destabilizzazione emotiva. La spiegazione risiede nel legame affettivo e nel rassicurante senso di familiarità, presente all’interno delle relazioni genitore-figlio come in quelle pet-pet mate. La base relazionale è dunque ciò che rende possibile rimproverare il cane, anche in modo duro, senza che questo vada ad intaccare i vincoli di fiducia tra noi.
La fase infantile e l’alternativa
Chi adotta un cucciolo si deve sentire libero di intervenire, quando necessario, per regolare ed indirizzare i comportamenti verso l’integrazione e la funzionalità sociale. Già la mamma biologica nella prime settimane assume comportamenti piuttosto duri, seppure ritualizzati e dimostrativi, verso i suoi cuccioli. Ad esempio quando vuole prendersi dei momenti di pausa dall’allattamento. L’espressione decisa di questa sua volontà ha la funzione sociale di costruire nei piccoli quel senso di autonomia che li prepara al primo passaggio di distacco, costituito dallo svezzamento. Non solo, il cane, attraverso i nostri rimproveri adeguati, impara a capire che nelle relazioni possono esserci frizioni e conflitti, seppure temporanei e sanabili.
In ogni caso quando creiamo un punto di attrito relazionale e comunicativo con un soggetto molto piccolo, al fine di arginare la sua volontà, dobbiamo ricordarci di fornire subito dopo anche un’alternativa costruttiva. Possiamo interromperlo, allontanarlo fisicamente, ad esempio dall’angolo del mobile che sta rosicchiando ma, contemporaneamente, dovremmo indirizzarlo alla masticazione di un “ossetto”, per fargli capire che esistono oggetti su cui è consentito scaricare la noia, attraverso l’uso della bocca ed altri dove questo non si può fare.
Adolescenza: non vietare ma modulare
Il cane adolescente come sappiamo è attraversato da una serie di criticità, ormonali e comportamentali. In questa fascia di età dovrà sviluppare un suo personale stile identitario, muovendosi all’interno della complessità delle regole sociali. Non dovrà essere inibito, omologato e spersonalizzato quanto piuttosto modulato e guidato dai nostri interventi. Non pensiamo però che contenere le sue attivazioni sopra le righe possa risolversi, come spesso vedo fare, semplicemente mettendolo al guinzaglio.
Dobbiamo evitare di prendere queste scorciatoie, al contrario dovremmo tenere sempre aperto un canale comunicativo con lui che, pur mettendo degli argini, gli consenta di tornare a sbagliare. Ad esempio dobbiamo contenere i suoi approcci nel corteggiamento evitando che diventi insistente e poco rispettoso. Dovremo tagliarlo fuori da alcune traiettorie di approccio troppo dirette, assumendo verso di lui una postura chiara e una prossemica frontale.
Interrompere i suoi tentativi di monta, inducendolo a concedere spazio e abbassare i livelli di attivazione emozionale. Dobbiamo avere l'obiettivo di farlo rimanere nelle situazioni dove queste criticità emergono, per indirizzarlo verso un equilibrio emozionale e comportamentale che lo renda capace di integrarsi, emancipandosi progressivamente dalla nostra guida. Lo sappiamo perfettamente, un adolescente tende ad essere molto insistente, per questo il nostro accreditamento crescerà e con esso l’efficacia se rimaniamo calmi, anche dentro le escalation di attrito e mostriamo perseveranza nel raggiungere i nostri obiettivi.
L’età adulta: la gestione della frustrazione
L’età adulta dovrebbe corrispondere alla fase della maturità. Raggiungere questa evoluzione individuale significa essere diventati capaci di gestire la frustrazione con resilienza. Il cane sarà ora pronto a ricevere dei «no» e degli «stop» senza appello. Possiamo creare quindi con il nostro cane frizioni e scontri se comunichiamo bene le nostre intenzioni e non perdiamo mai le capacità di ascolto. All’interno dei frangenti in cui rimproveriamo e ci opponiamo al cane dobbiamo rispettare sempre la regola comunicativa che ci impone di valorizzare i segnali di feedback che riceviamo come risposta.
Non appena infatti il cane dimostrerà, con la mimica/micromimica facciale ed il fluire delle posture, di aver recepito i nostri segnali di stop, dobbiamo adeguare subito il nostro linguaggio e valorizzare lo scambio nel dialogo. Continuare, infatti, ad alzare la voce con una raffica di «NO», potrebbe comportare un deterioramento del valore della comunicazione tra noi ed il cane e una progressiva erosione dei legami di fiducia.
Le modalità di intervento che abbiamo descritto finora non vanno legate esclusivamente al fattore età. Saremo dei buoni pet mate per il cane solo se sapremo gestire tutti i livelli in modo adeguato, alle fasi di sviluppo, alla maturità della relazione e alla sensibilità caratteriale del soggetto, interpretando in modo strategico ed equilibrato i contesti e le situazioni.