L’abbandono e lo smarrimento di animali non identificati restano i principali problemi legati al benessere dei cani e dei gatti nel Paese. Infatti queste condotte mettono spesso a rischio la vita degli animali o li condannano a passare una parte o tutta la loro esistenza nelle strutture rifugio.
Le strutture per l’accoglienza per i cani e per i gatti sono rispettivamente i canili e i gattili. Per i gatti esistono inoltre altre tipologie di interventi di gestione: le colonie e le oasi feline.
Vediamo insieme quali sono le caratteristiche di ognuna, e le differenze.
Le Colonie Feline
Una colonia felina è costituita da un gruppo di gatti che vivono in libertà. Le colonie sono riconosciute e censite dal Comune, d’intesa con i Servizi Veterinari dell’ASL. Gli animali che compongono questi gruppi sono sterilizzati, per evitare le nascite incontrollate di gattini, controllati dal punto di vista sanitario e alimentati da volontari riconosciuti dall’amministrazione pubblica.
Le colonie dovrebbero essere segnalate con cartellonistica comunale e i volontari e le volontarie che se ne prendono cura adibiscono di solito delle zone di riparo per i gatti, anche se non è una costante.
Le colonie feline sono inamovibili dal loro territorio, a meno ce non si tratti di situazioni di comprovata emergenza; lo stesso vale per i singoli individui. È infatti fatto divieto di adottare gatti dalle colonie in quanto appartengono al territorio ed è riconosciuto loro il diritto alla libertà.
La normativa nazionale che sancisce le colonie feline e tutela i gatti liberi è la “Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo” 281 del 1991.
A livello locale, al giorno d’oggi, anche tutte le Regioni dispongono di normative che proteggono e regolamentano le colonie feline.
I gattili
I gattili, al contrario delle colonie dove i gatti vivono in libertà, sono delle struttura di ricovero temporaneo di gatti adottabili o di gatti che, per distinte ragioni, non sono compatibili con la vita sul territorio.
Queste strutture dovrebbero quindi essere i luoghi di riferimento per le adozioni dei gatti e non dei luoghi di affollamento, come purtroppo avviene con i canili rifugio nel nostro Paese.
La struttura gattile prevede di solito diversi reparti tra loro separati, destinati alla quarantena di individui appena recuperati, al ricovero dei gattini da svezzare (nursery) o in attesa di adozione, alla degenza di animali con patologie infettive, alla degenza di animali con patologie diverse dalle malattie infettive e alla degenza di animali traumatizzati o in fase post-operatoria.
Queste strutture comprendono inoltre zone adibite a lavanderia, per l’igienizzazione di tessuti e altri materiali (come coperte, lettiere, ciotole, ecc.), una zona cucina e una zona ufficio per la gestione amministrativa.
La normativa nazionale del ’91 non specifica la regolamentazione di queste strutture, ma la loro funzione si può estrapolare dalle specifiche riguardanti i canili rifugio. A livello regionale i gattili sono invece ormai ampiamente regolamentati.
Le oasi feline
Le oasi feline possono invece essere riassuntivamente descritte come luoghi intermedi tra le colonie feline e i gattili. Sono infatti luoghi aperti, obbligatoriamente recintati, e che generalmente comprendono infrastrutture per poter offrire ai gatti riparo, e altre zone utili alla gestione delle rutine quotidiane (pulizia, preparazione dell’alimento, ecc.).
Le oasi, sono servite da energia elettrica ed approvvigionamento idrico, a differenza delle colonie feline che non dispongono di infrastrutture o servizi.
Anch’esse, come i gattili, possono comprendere sezioni dedicate, soprattutto per i cuccioli che andranno in adozione.
Di solito le oasi ospitano gatti che non possono essere reintegrati nelle colonie a causa di accertati problemi fisici e che non possono essere dati in adozione a causa della scarsa socializzazione con l’essere umano.
A livello nazionale le oasi feline non sono contemplate; per sapere come sono regolamentate bisogna consultare le normative locali, regionali o municipali, in quanto non sono riconosciute sul territorio italiano.