Gli orsi sono fra i predatori terrestri più grandi che sono presenti attualmente sul pianeta. Sono ampiamente distribuiti sulla maggior parte dei continenti e hanno una lunga storia evolutiva, che ha accompagnato in parte le traversie del genere umano. Le specie principali sono l'orso bruno (Ursus arctos), l'orso bianco (Ursus maritimus) e l'orso nero, che in realtà si distingue in due specifiche specie: l'orso nero americano (Ursus americanus) e l'orso nero asiatico (Ursus thibetanus), reso celebre dalle avventure di Mowgli ne "Il libro della Giungla". Da qui in avanti tuttavia, quando useremo il termine orso nero, ci rifaremo alla specie americana, in quanto è quella più diffusa.
L'orso bruno fra tutti è quello che presenta una popolazione meglio distribuita e numerosa. Esso infatti occupa gran parte delle regioni settentrionali dell'Asia e delle regioni occidentali di Canada e Stati Uniti. Inoltre occupa anche alcune sporadiche regioni centrali dell'Europa, come la catena delle Alpi, dei Pirenei, dei Carpazi, dei Balcani come degli Appennini con la sottospecie abruzzese. L'orso bruno è un animale onnivoro, che non disdegna cibarsi di leccornie come il miele, i frutti di bosco e i rari pesci che gli capitano a tiro.
L'orso bianco abita le regioni polari settentrionali e fra tutti i grandi carnivori presenti nel mondo è quello che risulta essere a maggior rischio d'estinzione, per colpa del surriscaldamento dei poli e dello scioglimento dei ghiacci. A differenza di quanto viene espresso nel nome, in realtà l'orso bianco non presenta dei peli dalla pigmentazione bianca, ma dei peli trasparenti. Avendo questa caratteristica, l'animale sembra in generale così completamente bianco, ma la sua pelle è in verità nera. È inoltre molto più grosso delle altre specie di orso e accumula molto più grasso, che gli permette sia di difendersi dal freddo sia di galleggiare in maniera efficiente, spostandosi fra i diversi iceberg che compongono il suo territorio. Esso si nutre principalmente di proteine animali e in particolar modo di carne di foca. Il suo status di salute ovviamente mette in apprensione la maggioranza dei biologi della conservazione.
L'orso nero americano invece abita la maggioranza degli Stati Uniti e del Canada e presenta anche alcune popolazioni più a sud, verso il Messico. Il suo parente più stretto è l'orso nero asiatico ed insieme ad esso è l'orso più irsuto che si conosca. È mediamente anche più piccolo dell'orso bruno e per quanto la maggioranza della sua popolazione è nota per il suo nero fulvo, in verità esistono anche delle comunità che presentano delle tonalità molto diverse, come il color caramello o il biondo acceso. Tra tutti è anche l'orso più atletico in assoluto, essendo infatti capace di arrampicarsi sugli alberi che presentano un tronco in grado di reggere il suo peso e di correre fino a circa 55 km/h. Si nutre praticamente di tutto ed è noto per essere un inguaribile ladro, essendo infatti disposto ad avvicinarsi agli esseri umani pur di rovistare nei suoi cassetti della spazzatura o nelle dispense lasciate incustodite.
Orso bruno
L'orso bruno come detto è la specie più numerosa e meglio distribuita del pianeta, per quanto il suo territorio è stato negli ultimi secoli molto ridotto, di seguito all'espansionismo umano in America e in Europa centrale. Risulta essere un animale prevalentemente notturno e solitario, seppur non disdegna talvolta farsi accompagnare da esemplari più giovani dell'altro sesso in previsione della stagione degli amori. Come tutti gli orsi, inoltre è un animale plantigrado, ovvero che poggia l'intera pianta del piede mentre si muove.
Gli orsi bruni hanno anche una grossa gobba di muscolo sulle spalle che li distingue completamente dalle altre specie. Questa gobba li rende molto più forti rispetto agli altri orsi, un fattore che li rende leggermente più pericolosi, visto che possiedono degli artigli lunghi fino a 15 cm che – seppur vengono utilizzati soprattutto per scavare – possono divenire delle micidiali armi all'occorrenza con tutta quella potenza che riescono ad esprimere.
Un'altra caratteristica che li distingue dalle altre specie è la loro testa è larga e arrotondata, con un profilo facciale leggermente concavo, assente sia negli orsi polari che in quelli neri. A secondo della sottospecie possono infine raggiungere anche i 1000 kg di peso, i 3 metri di lunghezza e i 160-180 cm di altezza al garrese.
Per quanto ritenuti pericolosi dalla maggioranza delle comunità montane, gli scienziati descrivono il loro comportamento definendoli degli animali schivi, per giunta molto timidi. Raramente un orso bruno attacca preventivamente un altro orso o un essere umano con l'intento di uccidere e sono storicamente pochissimi i casi in cui un orso abbia attaccato ripetutamente delle persone. Quando questo succede, come nei recenti casi avvenuti in Italia, questo capita perché c'è un forte disequilibrio fra i territori naturali messi a disposizione degli orsi, le comunità umane e l'atteggiamento di coloro che si trovano nell'aree selvagge, senza avere la minima preparazione con cui affrontare un eventuale incontro.
Le sottospecie di orso bruno sono diverse e fino a qualche tempo fa erano diffuse anche in America latina e in Africa, dove si sono estinte. Quelle più famose però rimangono comunque quella nord americana, conosciuta da tutti tramite il termine Grizzly (Ursus arctos horribilis), quell'appenninica (Ursus arctos marsicanus), che ha una gloriosa storia di convivenza con l'essere umano e gli antichi romani, e quella siberiana (Ursus arctos collaris). Esistono anche delle sottospecie nei Pirenei (Ursus arctos pyrenaicus detto orso cantabrico), in Siria (Ursus arctos syriacus) come in Tibet (Ursus arctos pruinosus), dove l'orso bruno ha originato il mito dello Yeti.
Lo status di conservazione di quest'animale è abbastanza complesso, a secondo delle comunità di cui si sta parlando. Se in effetti sia il Grizzly, l'orso marsicano, tibetano e cantabrico sono considerati delle specie a serio rischio di estinzione, Ursus arctos in generale non è inserito nelle liste di specie a rischio d'estinzione in molti dei paesi in cui è presente. La IUCN tuttavia inserisce tutte le sottospecie di orso bruno come specie in pericolo critico, condizione che ha attirato le critiche di molti fautori dell'allontanamento progressivo (e violento) degli orsi dalle comunità umane.
Ciò che mette maggiormente a rischio oggi le varie specie di orso bruno è proprio l'intolleranza di diverse persone che lo considerano una minaccia. Sono aumentati in tutto il mondo infatti i decessi di orsi dovuti al bracconaggio, il più delle volte causati da delle campagne di odio intraprese all'interno delle stesse comunità rurali in cui questi vivevano. Anche gli incidenti automobilistici e la scarsità delle risorse hanno avuto il loro bell'impatto sulle popolazioni naturali, che oggi non raggiungono neppure le 200.000 unità.
Orso polare
L'orso bianco è il più maestoso fra tutti gli orsi, pesando infatti oltre 1000 kg ed essendo lungo quasi 3 metri. È il parente più vicino degli orsi bruni ed in effetti si è evoluto partendo proprio da essi. Milioni di anni fa infatti, i progenitori degli orsi bianchi disponevano di pellicce dotate di una pigmentazione molto più scura, che non era ecologicamente molto conveniente sui ghiacci in quanto permetteva agli altri animali d'identificare subito gli orsi come cacciatori. La selezione naturale ha così spinto queste antiche popolazioni a perdere via via l'informazione genetica legata al colore della pelliccia, rendendo l'orso bianco "invisibile" agli occhi della maggioranza delle sue prede.
Ciò ovviamente però ha condannato questa specie a rimanere specificatamente nel suo areale di appartenenza. Quando infatti gli orsi polari si spingono troppo a sud, la loro candida pelliccia diventa un handicap e non riescono a catturare neppure una preda, visto che risultano paradossalmente visibili alle condizioni più tradizionali.
Essendo però un animale letteralmente adattato a sopravvivere tra i ghiacci durante l'intero corso dell'anno, l'orso polare è anche fra i pochi vertebrati terresti a essere capace di sopravvivere all'inverno artico, non migrando verso sud come fanno tanti altri animali polari. Il suo letargo è inoltre fra i più lunghi presenti in natura ed è stato particolarmente studiato da diversi scienziati della Nasa, in quanto risulterebbe come base per moltissimi progetti inerenti l'ibernazione umana, necessari per effettuare eventuali viaggi verso le stelle.
I suoi 42 denti riflettono comunque la sua dieta altamente carnivora, che si basa però sulle pochissime specie presenti in Artide che è conveniente cacciare per trarne le sufficienti risorse energetiche. I molari sono tra l'altro anche più piccoli e più frastagliati rispetto a quelli dell'orso bruno, mentre i canini sono più grandi e più taglienti. Questo perché devono trattenere meglio le prede durante i diversi tentativi di caccia, mentre questi si dibattono o cercano di sgusciare via per scappare.
Di solito le femmine partoriscono una cucciolata composta in media di 2 esemplari a metà inverno e fuoriescono dalle loro tane a metà primavera, dopo che le neve accumulatisi sopra di esse si è parzialmente disciolta. Il principale pericolo che affrontano nelle prime settimane i cuccioli sono i maschi adulti, che nel tentativo di sfamarsi dopo il letargo e di aggredire sessualmente una femmina, possono arrivare a commettere cannibalismo, soprattutto se le condizioni ambientali del territorio in cui si trovano non sono propriamente idilliache.
Gli orsi polari per restare in salute hanno infatti bisogno di tantissimi chilometri di pack ghiacciato, ideale per permettere a tante foche e ad altri mammiferi marini di riemergere e riposarsi su una superficie solida. Le condizioni climatiche sempre più proibitive e la frantumazione del pack dovuta dalle navi stanno mettendo sempre più in pericolo la sopravvivenza di questa specie, che si trova anche ad affrontare il problema l'antropizzazione delle coste settentrionali di Canada, Russia, Scandinavia e Groenlandia. Qui infatti gli esseri umani hanno cominciato ad accumulare rifiuti organici ed inorganici, che spingono centinaia di orsi a nutrirsi dei resti concessi dalle comunità locali.
Questa non è una dieta molto salutare per gli orsi polari, che tra l'altro – risultando molto affamati – possono ridursi anche a mangiare materiali plastici e ad attaccare gli animali da slitta come i cani, facendo sorgere diversi conflitti armati in cui nessuno, fra uomini e orsi, ha la meglio.
Il vero dramma che però affligge gli orsi polari è l'eccessivo discioglimento dei ghiacci. La maggioranza di essi infatti muore, di anno in anno, in pieno oceano, mentre tentano di raggiungere la terraferma o un eventuale iceberg a nuoto. Non a caso questa specie è in cima della lista delle specie di mammiferi più minacciati dall'estinzione e secondo molti scienziati dovrebbe divenire un simbolo delle specie condannate dall'uomo, più dello stesso Panda che agli inizi del secolo scorso divenne la specie emblematica del concetto di probabile estinzione.
Orso nero
L'orso nero americano è la specie più piccola fra le tre grandi specie principali di orsi che abitano il nostro pianeta. Risulta anche essere la specie più numerosa, visto che solo in America Settentrionale si contano dai 500.000 ai 700.000 esemplari. Ne sono conosciute ben 16 sottospecie diverse, seppur gli scienziati dibattono ancora se tutte e 16 esistono davvero sotto al profilo biologico o sono solo il prodotto della difficoltà umana di studiare la genetica variegata di questa specie.
I generale però la sua specie è più piccola rispetto alle altre. La sua altezza al garrese non raggiunge i 120 cm ed è lungo poco meno di 2 metri, avendo anche un posteriore molto più sfumato e tondeggiante, rispetto a quello dell'orso bruno. Una caratteristica che lo rende molto più simile in effetti all'orso nero asiatico, con cui è imparentato.
Per quanto ritenuto un animale carnivoro, l'orso nero è invece il più vegetariano tra gli orsi dopo il Panda. Gran parte della sua dieta è infatti composta da graminacee, erbe, frutta secca, come nocciole, bacche, pinoli, mele, sciroppo d'acero e faggiole. Non disdegna però il pesce né la carne che riesce ad ottenere catturando qualche preda randomica che gli capita a tiro.
A differenza inoltre dell'orso bruno e dell'orso bianco, l'orso nero non entra letteralmente in letargo. Esso trascorre infatti l'inverno in uno stato di sonnolenza, indotto dalla produzione di un particolare ormone, che ha il compito di regolare i cicli biologici dell'orso durante l'anno. Ovviamente, prima di andare in dormiveglia, l'orso accumula un gran numero di risorse, che trasforma in delle riserve di grasso che brucia durante l'inverno.
Per marcare i loro territori e difendersi nei confronti di altri esemplari, i maschi di questa specie inoltre intaccano gli alberi con gli artigli, sfruttando anche dell'olio che producono attraverso la pelliccia e che cospargono sulle cortecce per segnalare agli eventuali intrusi la loro presenza.
Per quanto numerosi, anche questi animali sono sottoposti al rischio d'estinzione. Molte sottospecie infatti sono state braccate per secoli da diversi cacciatori, dagli indiani d'America prima ai coloni poi. Tanto che già sul finire dell'Ottocento, moltissime popolazioni rischiavano di estinguersi.
Per limitare che il conflitto fra uomini e orsi raggiungesse un punto di non ritorno, le amministrazioni americane cominciarono quindi a creare delle grandi riserve naturali, tra cui il Parco nazionale di Yellowstone, istituito il 1 Marzo 1872 e il più antico del mondo. Ciò però non ha bloccato la caccia a questi animali, che vengono ancora barbaramente uccisi per essere venduti come trofei o scendiletto, ma anche per la loro carne, soprattutto in Canada e in Alaska.
Il numero di orsi neri tra l'altro uccisi nei soli Stati Uniti e in Canada è molto alto, raggiungendo circa 30 000 esemplari ogni anno, a fronte di un numero di cuccioli nati leggermente più basso.
Confronti fra le tre specie
Tutte e le tre specie di orsi insomma sono attualmente a rischio d'estinzione, con le dovute precisazioni. Tra tutti, la specie che sta peggio è ovviamente l'orso bianco, per via delle problematiche connesse al suo ambiente e alla difficoltà di gestire il suo immenso territorio. Se parliamo però di sottospecie, probabilmente la varietà di orso più minacciata è quella marsicana, visto che la sua popolazione attuale in Abruzzo raggiunge a malapena i 50 individui.
L'orso che si trova invece a vivere in condizioni ecologiche più diversificate è l'orso bruno, visto che abita sia in pianura che in montagna, spingendosi dal circolo polare articolo fino all'area mediterranea. L'orso nero invece è diffuso un po' dovunque in Canada come negli Stati Uniti, ma le sue sottospecie sono molto localizzate e messe a rischio per colpa della sua brutta fama e della stessa caccia legale.
Fortunatamente sono pochi gli altri predatori che riescono a creare disturbo agli orsi, seppur nelle aree selvagge della Russia e del Canada settentrionale sono diversi i branchi di lupi che riescono a dare del filo da torcere agli orsi.
Se dovessimo invece proporre una scala legata alle dimensioni, avremmo l'orso polare al primo posto per dimensioni, seguito dall'orso bruno, che dispone però del cranio più grande, per poi finire con l'orso nero che basa molto del suo successo sulla sua agilità e le sue ridotte dimensioni.
Il problema principale che si profila all'orizzonte di questi animali però è la sempre più marcata assenza di prede nei loro territori. La mancanza di cervi, cinghiali e pesci porta infatti gli orsi bruni e in parte gli orsi neri a soffrire la fame, per buona parte del corso dell'anno, mentre l'assenza di banchise induce gli orsi polari a compiere lunghi viaggi che si traducono spesso in vere e proprie condanne a morte, nel medio periodo.
Le prede ovviamente non mancano dagli habitat abitati dagli orsi in quanto scomparsi. Essi infatti diventano solo più difficili da catturare, perché spesso vengono recintati all'intero delle riserve di caccia – predisposte dai cacciatori anche all'interno dei parchi naturali – o perché sono diventati ancora più diffidenti, per colpa dell'uomo. Così abbiamo cominciato a vedere spesso questi grossi predatori spingersi sempre più vicino alle comunità umane, colpevoli tra l'altro anche di essersi spinti sempre più in là, all'interno delle aree precedentemente considerate naturali.
Per quanto però le tre specie dispongono di diverse differenze ecologiche e morfologiche, che gli hanno permesso di distinguersi e di occupare territori naturalisticamente parlando molto diversi, è difficile immaginare che anche solo una delle tre possa sopravvivere a lungo, di fronte all'avanzata dell'uomo, qualora non dovessimo cambiare atteggiamento nei loro confronti e non iniziassimo a vietare assolutamente la loro caccia.