Le estinzioni sono uno dei processi naturali più complessi presenti in natura. Essi possono essere infatti improvvisi, legati a un lento declino di una specie, ma anche essere provocati dall'evoluzione o da fenomeni naturali imprevisti, come la caduta di un meteorite o la comparsa di un particolare patogeno, che riesce a uccidere milioni di esemplari.
Tuttavia è la nostra specie ad essere responsabile della maggioranza delle estinzioni. Panda, elefanti africani, balene, rinoceronte bianco, e molti altri, hanno tutti una cosa in comune: la loro crisi demografica è stata provocata dall'uomo.
Cosa succede però quando l'ambiente comincia a perdere sempre più specie, per colpa di questo fenomeno? Cosa succede quando da una foresta gli animali semplicemente scompaiono, afflitti dai tantissimi problemi provocati dall'uomo?
La scienza ecologica e la zoologia hanno tentato negli ultimi decenni di rispondere a questa domanda e compiendo delle osservazione sulla breve come sulla grande scala hanno proposto degli scenari, che permettono oggi giorno ai tecnici di valutare le varie condizioni di rischio di un territorio. I non addetti ai lavori infatti spesso non si interrogano su quanto può essere pericolosa la relativa scomparsa di una specie, anche se il nostro recente passato ci dovrebbe ricordare quanto è pericoloso trascurare la natura.
Le conseguenze delle estinzioni possono essere infatti innumerevoli. Si passa da una maggiore probabilità di cadere vittima di malattie feroci, come abbiamo appena constatato con la pandemia da Covid-19, a una perdita repentina della capacità dell'ambiente di svolgere le proprie funzioni, passando da una riduzione notevole delle risorse, che potrebbe portare a una carestia, a una pericolosa invasione di specie invasive e aliene, nella maggioranza dei casi nocive.
Le conseguenze ambientali legate all'estinzione degli animali
Possiamo distinguere gli effetti dell'estinzione massiva degli animali in tre principali categorie. I primi effetti sono quelli di carattere ambientale, che risultano essere i più difficili da risolvere. I secondi sono quelli di carattere sanitario ed infine gli ultimi, non meno gravosi, sono quelli di natura economica e sociale. Di seguito cercheremo allora di fare un riassunto delle principali conseguenze legate all'aumento dell'estinzioni, ricordando comunque che è molto difficile prevedere cosa realmente succederà quando la nostra specie avrà completato di sfruttare le risorse del nostro pianeta o avrà estinto la maggioranza della fauna. Ricordiamo inoltre che qui non affronteremo il tema dell'estinzioni botaniche, che meritano tutt'altra tipologia di approfondimento e di soluzione.
Frattura dei rapporti ecosistemici
Quando di solito scompare una specie, in uno qualsiasi degli ecosistemi che sono presenti sulla Terra, l'equilibrio ecologico di una comunità animale ne risente subito, subendo "uno scossone" che provoca un assestamento che può essere più o meno grave a secondo del ruolo ricoperto dalla specie scomparsa.
Per spiegare questo fenomeno, prendiamo come esempio un territorio ricco in biodiversità, che tuttavia perde improvvisamente una delle poche specie predatrici presenti all'interno della comunità animale. Nel mondo esisto dozzine di luoghi che presentano una storia simile, ma qui prenderemo un caso molto vicino a noi: la Sicilia.
Sino alla prima metà del Novecento, questa isola, molto ricca di foreste e risorse naturali, era abitata da alcune specie animali che svolgevano "l'ingrato ruolo" dei predatori e degli spazzini, finché l'intervento dell'uomo non portò con una caccia scriteriata e priva di controllo ad eliminare due delle specie più importanti (lupi e grifoni) e a ridurre notevolmente altre specie che potevano prendere il loro posto (capovaccai, volpi, martore e aquile). Ciò che accadde di seguito alla scomparsa di questi grandi predatori fu una importante perdita importante per l'ecosistema, che da lì in avanti non riuscì a trovare un equilibrio.
Gli erbivori infatti crebbero di numero e cominciarono a mangiare in maniera incontrollata il sottobosco e le piante selvatiche delle campagne. Gli esseri umani, stupidamente felici della scomparsa dei predatori, convinti di poter controllare i territori boschivi iniziarono a portare anche nuove specie, per incrementare la quantità della selvaggina. Di conseguenza i boschi e le varie macchie di vegetazione cominciarono a essere aggrediti dall'eccessiva abbondanza di erbivori e presto moltissime specie di piante e di animali cominciarono a scomparire, travolti dai mutamenti ecologici in atto. Con la degradazione naturale in corso e sempre più aree liberate dalle specie vegetali resistenti al fuoco, gli incendi cominciarono a prendere il sopravvento. Un fenomeno che è in corso ancora oggi.
Le prede inoltre, il cui numero non era più contenuto dai predatori, cominciarono a scontare tutte le problematiche legate alla sovrappopolazione e al decadimento degli ecosistemi. In breve, i territori selvatici arrivarono quasi al collasso. I progetti di conservazione e piani di gestione della fauna e della flora che arrivarono in risposta a questi fenomeni hanno mitigato gli effetti dell'estinzione dei predatori, almeno fino ad oggi.
Per quanto però la condizione naturale della fauna siciliana sia oggi sotto un relativo controllo, quello che ha prodotto la scomparsa di molte specie è stato soprattutto una profonda frattura all'interno delle catene alimentari, che nel giro di pochi decenni si sono viste più volte trasformare, di seguito all'antropizzazione delle stesse aree naturali. Ciò ha rese l'isola probabilmente meno ricca di specie rispetto al recente passato e ha alimentato quel conflitto fra uomo e natura che si esprime ogni qual volta un cinghiale affamato o una martora disperata si avvicinano alle strade delle comunità umane, per trovare risorse o rifugio.
Non dobbiamo però illuderci che se a scomparire fossero stati gli erbivori la risposta ambientale sarebbe stata diversa. Altri casi noti alla scienza hanno infatti dimostrato che anche la relativa estinzione locale e generale degli erbivori può portare a gravissime estinzioni a cascata, di seguito al peggioramento delle condizioni di vita per le altre specie. Senza erbivori infatti i carnivori non riescono a trovare il loro nutrimento, alcune specie di piante prendono il sopravvento e si possono scatenare dei meccanismi in cui si insediano delle specie nocive per il territorio.
In breve, possiamo quindi dire che la scomparsa delle specie porta sempre a dei cambiamenti, anche se quelli più pesanti avvengono quando a svanire è una specie che ha una grande importanza per l'equilibrio ecologico di un ambiente. E possiamo sostenere che perdere biodiversità equivale a dire incentivare l'estinzione, visto che la perdita crescente di un sempre maggior numero di forme di vita sembra condurre verso la morte di altre specie, prima in salute.
Perdita dei servizi ecosistemici
Quando alcuni animali si estinguono, spesso l'ambiente ne soffre per via dei cambiamenti imposti dall'assenza di quella determinata specie. Particolari organismi noti scientificamente come biocostruttori infatti possono svolgere l'importante ruolo di ingegneri ambientali ante litteram, modificando l'ambiente circostante al loro passaggio, favorendo così l'eventuale ingresso di ulteriori specie che altrimenti non riuscirebbero a persistere in un ambiente non alterato.
Gli animali biocostruttori rappresentano così un esempio perfetto di animali che svolgono importanti servizi ecosistemici alla comunità, fornendo cibo, spazio, protezione ma anche un costante riciclo delle risorse all'ambiente. Risorse che se non dovessero essere rielaborate o riassorbite dalla catena della vita inquinerebbero l'ecosistema, rendendolo presto inadatto alla sopravvivenza per il lungo periodo. Tra i casi più noti di questo gruppo molto particolare ed essenziale di specie abbiamo i coralli o gli elefanti, la cui loro semplice esistenza migliore enormemente la vita di moltissime altre specie.
Se infatti togliessimo i coralli o gli elefanti dalle barriere coralline o dalle savane/foreste africane, quello che otterremmo è un'estinzione di massa senza precedenti. I coralli infatti garantiscono la sopravvivenza di un intero habitat e forniscono cibo e protezione per miliardi di organismi marini diversi. Il lavoro incessante degli elefanti in Africa come in India permette inoltre alle foreste e alle savane di rigenerarsi, sostenendo la fioritura e lo sviluppo di un gran numero di piante e creando dei grandi passaggi (i rinomati sentieri degli elefanti) che permettono a moltissime creature, uomo compreso, di viaggiare in lungo e in largo, neanche fossero delle autostrade autorizzate dalla natura.
Perdere inoltre gli organismi che svolgono l'importante funzione di tenere a bada i parassiti è un altro esempio perfetto di come gli animali, anche in meno conosciuti, svolgono dei servizi alla collettività. La loro dipartita prematura potrebbe infatti arrecare un danno davvero difficilmente calcolabile all'ambiente. E con tutti i pesticidi e i fertilizzanti che interagiscono direttamente con la catena alimentare, è difficile non vedere come questa tipologia di estinzione sia già in atto da tempo. La caccia scriteriata ad alcuni uccelli in passato ha permesso per esempio agli Stati Uniti d'America e a diverse nazioni africane di cadere vittima ripetutamente da invasioni di grilli e cavallette, capaci di divorare ripetutamente il raccolto e a infestare alcune regioni per intere settimane, sin dall'inizio del Novecento
La situazione divenne così tanto gravosa negli Stati Uniti e per tante altre nazioni del mondo che a inizio anni Settanta l'Assemblea Internazionale dell'ONU si spinse a promuovere delle direttive ambientali atte a favore la tutela della fauna selvatica, per contrastare unitamente questi fenomeni dovuti all'estinzione di quelle specie che da lì in avanti cominciarono a essere definite come specie chiave. Proprio su questo tema fu importante lo studio inerente l'estinzione della Colomba migratrice americana, che mentre era in vita fungeva da principale predatore per quelle specie d'insetti che in seguito si sarebbero rivelati una vera spina nel fianco degli agricoltori del continente nord americano.
Quando i biologi quindi tentano di valutare l'impatto di un'estinzione animale sull'ambiente, cercano di considerare anche se l'ecosistema né risentirà tanto da non riuscire più a fornire un'importante risorsa, come il tenere a bada i parassiti.
Perdita di habitat e incremento dell'inquinamento
Con la relativa scomparsa delle specie animali, alla fine gli habitat perdono parte delle proprie proprietà, entrano in crisi e si ritirano, venendo sostituiti da altre tipologia di ambienti che solitamente sono più poveri di specie, risorse e possibilità. Per questa ragione quindi gli scienziati stanno lottando affinché gli ecosistemi rimangano in salute, affinché un giorno i nostri successori possano godere delle foreste africane o centro europee – per esempio – e non siano costretti a vivere in un paesaggio tetro o in una landa desolata, desertica e priva dell'antico splendore della natura, come sembra invece star per accadere, purtroppo, seguendo i moderni scenari della scienza.
Un'altra conseguenza affligge però quelle comunità in cui il territorio è stato bersagliato da diverse estinzioni provocate dall'uomo. Con la perdita infatti di moltissime specie che lavoravano nell'ombra per garantire il benessere dell'intera biosfera, l'inquinamento ha cominciato a propagarsi ulteriormente in gran parte del mondo, essendo questo anche il frutto della degradazione ambientale.
Senza infatti gli insetti e i millepiedi che degradano il legname boschivo e le foglie morte o gli organismi filtratori che setacciano l'acqua del mare alla ricerca di nutrienti, l'accumulo di rifiuti negli ecosistemi sta aumentando, con l'inevitabile conseguenza che le specie rimaste siano più soggette alla minaccia dell'avvelenamento. Anche le nostre comunità umane, recluse all'interno delle città piene di grattacieli, risentiranno di questo aspetto, visto che i nostri quartieri sono già colmi di rifiuti e l'ambiente confinante non sembra più essere in grado di assorbire gli inquinanti per noi.
Le conseguenze sanitarie legate all'estinzione degli animali
Con la relativa scomparsa degli animali e la perdita costante di un numero sempre crescente di territori naturali, una delle conseguenze più nefaste delle estinzioni è l'incremento del numero di malattie di cui potremmo cadere vittima.
Questo fenomeno non sembra essere chiaro ancora a tutti, dopo la passata pandemia, ma era inevitabile che nuovi virus e batteri cominciassero ad attaccare l'uomo, dopo che volontariamente abbiamo sterminato un numero talmente elevato di specie animali, incubatori di diversi patogeni, che ancora non ne riusciamo ancora a valutarne la quantità esatta.
Limitando infatti ai virus le possibilità d'infettare animali selvatici e spingendo tantissime specie a correre il rischio di estinzione per via dei nostri cattivi comportamenti – come il vendere la carne delle specie selvatiche all'interno di mercati fatiscenti – abbiamo infatti promosso la comparsa delle nuove pandemie, che sono il frutto dell'adattamento degli agenti patogeni alle attuali condizioni ambientali a cui vengono sottoposti.
Inoltre, con la perdita di tantissime specie ancora non conosciute, andiamo anche incontro alla potenziale perdita di nuovi potenziali farmaci, visto che secondo il World Healt Organization, tra i 252 principi attivi essenziali oggi impiegati dall'industria farmaceutica l'8.7% proviene direttamente da scoperte effettuate su nuovi animali.
Le conseguenze economiche e sociali legate all'estinzione degli animali
Via via che gli animali si estinguono e il territorio perde la propria naturalità, andando incontro al processo di antropizzazione, sono diverse le conseguenze che ricadono sulle società umane, sia che esse siano tecnologicamente evolute o più vicine alle condizioni di vita dei nostri antenati.
Prendiamo per esempio due popolazioni umane molto diverse fra di loro. La prima è una famiglia di indigeni che vive a contatto con le specie selvatiche, mentre la seconda invece si divide tra diversi quartieri di una città modello occidentale.
Con la scomparsa delle specie naturali dal suo territorio, la prima famiglia perderebbe infatti parte della sua ricchezza, in quanto non disponendo più della selvaggina con cui riescono a sostentarsi o delle altre specie che mantengono l'ecosistema stabile, essi comincerebbero a soffrire la fame; mentre nel caso della seconda famiglia essa sarebbe soggetta in un secondo momento ad un generale incremento dei prezzi – come sta avvenendo in questo preciso momento storico – perché, come abbiamo sottolineato sopra, alla perdita di biodiversità segue quasi sempre la distruzione del territorio.
In un contesto di globalizzazione d'altronde non importa che a estinguersi siano delle specie che abitano a centinaia di chilometri di distanza. Siamo infatti più interconnessi di quanto noi stessi vogliamo ammettere e visto che la Terra sta perdendo più sempre più lotti di suolo, per colpa della sua cattiva gestione e per via dell'estinzioni, siamo già giunti al punto in cui le foreste e le aree coltivate non riescono più a garantire il giusto quantitativo di risorse vegetali e animali che prima riuscivano a fornire alle comunità umane.
I costi di mantenimento di un ecosistema naturale di seguito all'estinzione massiva delle specie sono in aggiunta delle altre conseguenze economiche che dobbiamo tenere conto, se non vogliamo vedere molti habitat collassare nel breve periodo, promuovendo ulteriori disastri. Ed essendo questi costi di gestione inderogabili, poiché l'eventuale disinteresse verso questi fenomeni produrrebbe solo l'evolversi di scenari peggiori, di certo essi non sono facilmente gestibili e non possono essere emendati da incompetenti, qualora non si riesca a trovare una strategia adatta di riqualificazione ambientale sul lungo termine.
La scomparsa tra l'altro di un elevato numero di specie, oltre a incentivare il propagarsi di malattie, ha anche delle conseguenze al livello sociale della psiche umana. Immaginiamo infatti il danno che può arrecare alla nostra salute mentale la notizia di un eventuale estinzione definitiva delle api o la perdita di tutti i grandi felini del mondo. Probabilmente tali notizie farebbero scatenare il panico in più di una comunità e sarebbero milioni gli individui che rischierebbero di cadere vittima della depressione, come riferiscono diversi studi di psicologia ed educazione ambientale.
Oltre a sostenere le comunità naturali e umane del globo, bisogna anche ricordare difatti che gli animali hanno fatto parte della nostra cultura per millenni e che sono risultati molto importanti per lo sviluppo tecnologico quanto per il benessere umano. La loro estinzione quindi non porterebbe solo a dei gravi danni ambientali – Chi impollinerebbe i fiori al posto delle api? Chi manterrebbe sane le condizioni ecologiche delle foreste indiane? – ma anche a delle pesanti conseguenze sociali, che potrebbero portare a un imbarbarimento generale delle nostre condizioni di vita (scenario distopico alla Blade Runner) e alla stessa perdita del feeling che noi tutti manteniamo nei confronti della natura.
Come sarebbe infatti la nostra vita senza la possibilità di udire il canto degli uccelli, durante una passeggiata nel bosco, e quanto sarebbe triste un'eventuale immersione, qualora non dovessimo trovare nessun pesce, nessuna medusa e neppure i delfini e le balene, pronte a salutarci?
Sì, le nostre condizioni di vita peggiorerebbero notevolmente nel caso in cui le principali specie selvatiche dovessero estinguersi. E il problema generale è che moltissime rischiano sul serio di svanire a breve. Per quanto infatti alcuni continuano a sostenere che ci sentiremmo tutti molto più sicuri, con l'assenza di tutti quei predatori (grandi e piccoli) che è possibile incontrare nelle città come nell'aree selvatiche – specie come i ragni, i serpenti, gli scorpioni o persino gli orsi e i lupi che giungono vicino ai nostri quartieri periferici – in verità quello che sta già avvenendo in diverse parti del mondo conferma che l'estinzione delle specie animali anticiperebbe solo di poco la scomparsa definitiva della nostra specie. Mentre infatti rivolgiamo la nostra attenzione alle stelle, nel tentativo di scovare delle testimonianze concrete di civiltà aliene sparse nella galassia, forse non ci stiamo rendendo del tutto conto di quanto stiamo perdendo, trascurando il nostro pianeta, e di come non siamo mai stati propriamente lasciati soli nell'universo, essendo infatti circondati dovunque da miliardi di altre forme di vita, in attesa di essere osservate, studiate e apprezzate più di un improbabile visitatore esterno, che difficilmente giungerà sulla Terra.