Le specie invasive sono animali che si insediano in un dato territorio e vi si diffondono, provocando effetti ambientali dannosi. Tra questi, troviamo l’impoverimento della biodiversità locale e la riduzione dei benefici forniti dall’ecosistema, come aria e acqua pulita. Il fenomeno delle specie invasive è noto già dal XVIII secolo, grazie alle osservazioni di naturalisti come Charles Darwin.
Sebbene si tratti di specie esotiche, cioè alloctone, è importante sottolineare che non tutte le specie esotiche sono invasive o dannose; anzi, molte di quelle che riescono a stabilirsi e a generare popolazioni autosufficienti non si diffondono molto lontano dal loro punto di introduzione e spesso non hanno impatti evidenti sul loro ambiente. Solo una piccola percentuale (che si traduce comunque in un numero rilevante e in crescita) di specie non native diventa invasiva – diffondersi aggressivamente e causando problemi significativi nel nuovo ambiente.
Cosa si intende per specie invasive
Oggi come oggi si parla di specie aliene invasive (IAS) per identificare le specie esotiche invasive. Si tratta di animali che vengono introdotti dall’uomo in maniera più o meno intenzionale in aree esterne al loro habitat naturale, spesso a causa di una combinazione di dinamiche, quali l’espansione coloniale, lo sviluppo economico e l'aumento degli scambi commerciali internazionali. In quelle nuove regioni geografiche poi si diffondono e persistono.
Per fare qualche esempio, lo storno europeo (Sturnus vulgaris), specie protetta in Italia, è diventato un uccello invasivo in Paesi come gli Stati Uniti, l'Australia e la Nuova Zelanda; lo scoiattolo grigio nordamericano (Sciurus carolinensis) e l'ibis sacro (Threskiornis aethiopicus) sono invece specie che hanno invaso biologicamente l'Italia. Il numero di nuove registrazioni di IAS è in continua crescita in tutto il mondo da almeno 200 anni, ma la maggior parte delle introduzioni è avvenuta tra il 1970 e il 2014.
Quali danni producono le specie aliene invasive?
Intorno alla metà del secolo scorso, gli scienziati hanno iniziato a riconoscere i danni potenziali delle invasioni biologiche sugli habitat e sugli ecosistemi. Queste specie invasive, tra l’altro, non solo danneggiano l'ambiente, ma causano anche significativi problemi economici, che includono sia i costi per riparare i danni diretti, ad esempio sull’agricoltura, sia i costi legati alle azioni preventive, attraverso il controllo e la gestione delle IAS. In realtà, però, l'eradicazione di specie non native può portare a conseguenze negative inaspettate, soprattutto in ecosistemi caratterizzati da più specie invasive e reti alimentari semplici, come le isole.
L'eliminazione di una specie non nativo può causare la proliferazione di un'altra, che dalla prima era controllata. Ad esempio, dopo l'eradicazione dei gatti selvatici dall'Isola Macquarie, nell'oceano Pacifico sud-occidentale, sono esplose le popolazioni di coniglio europeo, una specie invasiva appunto, che ha portato a grandi cambiamenti nell'habitat.
Un caso simile è avvenuto su Little Barrier Island, in Nuova Zelanda, dove eliminando i gatti è stata rimossa la pressione predatoria sul ratto del Pacifico (Rattus exulans). A rimetterci è stata una specie endemica di uccello marino, il petrello di Cook (Pterodroma cookii), i cui nidi erano oggetto di predazione da parte del ratto. Per fortuna, la successiva eradicazione di quest'ultimo, ha portato a un rapido aumento del successo riproduttivo del petrello.
Quali sono i rischi per la biodiversità?
Attualmente, le invasioni biologiche sono considerate tra i principali fattori che influiscono sulla perdita di biodiversità e sull'estinzione di specie vegetali e animali in tutto il mondo. In particolare, dal 1500 le IAS rappresentano la seconda minaccia di estinzione delle specie. Esse possono nuocere alla biodiversità locale agendo a livello genetico, tramite fenomeni come l'ibridazione interspecifica, ma hanno anche un impatto negativo sugli ecosistemi e sull'ambiente in generale.
Perché la perdita di biodiversità è un problema?
La preoccupazione per la perdita della biodiversità nasce dalla stessa definizione di biodiversità, che implica la variabilità tra tutti gli organismi viventi, abbracciando ecosistemi terrestri, marini e acquatici. La biodiversità, dunque, va oltre la diversità all'interno delle specie, ma riguarda anche quella tra le specie e gli ecosistemi. Biodiversità significa complessità della vita, ed è grazie ad essa che la natura può fornire risorse vitali agli esseri viventi.
Pensiamo a beni vitali come acqua e aria pulite, cibo, e medicine, sia tradizionali che moderne. In sintesi, la sopravvivenza di tutti gli abitanti del Pianeta, in particolare delle specie più vulnerabili, dipende fortemente dalla biodiversità, che è fondamentale per soddisfare le esigenze essenziali e per mantenere l'equilibrio degli ecosistemi.