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9 Dicembre 2023
18:00

Quali sono gli animali che rischiano l’estinzione?

L'estinzione delle specie è uno dei processi naturali che oggi arrecano maggior danno all'ambiente.

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rinoceronte bianco

L'estinzione è uno dei processi più importanti che coinvolgono l'evoluzione delle specie e la vita stessa degli organismi. Essa avviene quando muore l'ultimo rappresentante di una specie o di un determinato taxon. Sono moltissime le specie di flora e di fauna che sono andati incontro a questa sorte, tanto che attualmente le specie oggi viventi sono la minima parte (nemmeno l'1%) di tutti gli organismi che sono vissuti e si sono evoluti sulla Terra.

Fonte costante di dibattito e di scontri accesi fra credenti e uomini guidati dalla razionalità scientifica, in verità il concetto dell'estinzione delle specie è entrato a far parte del dibattito pubblico da molto tempo, ovvero dagli anni in cui i primi evoluzionisti come Darwin e Huxley ragionavano sui principi stessi del processo evolutivo. Oggi giorno però si discute di estinzione delle specie principalmente correlando il dibattito ai danni ambientali provocati dalla scomparsa delle specie selvatiche, sottoposte soprattutto alle pressione antropica.

Il numero delle specie che sono andate estinguendosi negli ultimi secoli è stato infatti così alto che l'ambiente stesso del pianeta ne è risultato danneggiato in maniera permanente, tanto che per riassumere tutte le conseguenze provocate dalle varie estinzioni gli scienziati hanno coniato il concetto di Sesta estinzione di massa, che è divenuto quasi sinonimo di Antropocene. Il periodo geologico dominato dalle attività umane.

Con "sesta estinzione di massa" si definisce il fenomeno della perdita massiccia di numerose specie animali e vegetali, provocata dalla costante alterazione degli equilibri naturali causati dall'uomo. In altre cinque occasioni la vita sulla Terra ha rischiato di svanire per colpa di eventi apocalittici, come l'impatto dell'asteroide che ha spazzato via i dinosauri. Se nelle precedenti occasioni tuttavia sono stati degli eventi naturali a uccidere un gran numero di specie, in quest'occasione è il nostro comportamento a stare influenzando negativamente sulla sopravvivenza degli organismi. Ma quanto è grave la situazione?

Secondo IUCN, l'Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, affiliata dell'ONU, oggi sono ben 19.817 le specie ritenute sotto minaccia di estinzione, tra cui 3.947 specie descritte come "critically endangered" e  5.766 come "endangered", mentre altre 10.000 specie sono elencate solamente come "vulnerabili", ovvero a rischio estinzione limitato. Non tutte le specie presenti nel mondo sono però state inserite all'interno delle liste ufficiali della IUCN, poiché gli scienziati non sono stati ancora in grado di studiare completamente la vasta biodiversità che copre il nostro pianeta. In poche parole, i dati offerti dall'IUCN sono molto probabilmente incompleti e secondo molti studiosi sono molti di più gli organismi a rischiare giornalmente di svanire.

Ovviamente, più le specie sono minacciate più i danni ambientali provocati alla natura sono alti perché ciascun singolo organismo svolge un determinato ruolo nel proprio habitat e con la perdita massiva di tante piante e animali (come anche di funghi, alghe e persino batteri) più l'ambiente risulta vulnerabile ai cambiamenti climatici e alle stesse estinzioni.

Quali sono però le specie più a rischio che sono presenti in natura? È possibile ancora fare qualcosa? In questo articolo cercheremo di rispondere a queste domande, non prima di aver chiarito le ragioni che spingono le forme di vita ad estinguersi.

Le cause dell'estinzioni degli animali

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Una delle principali ragioni che spingono le specie ad estinguersi è l'eccessiva competizione con gli altri organismi viventi. Per comprendere bene questo fenomeno basta pensare al rapporto fra prede e predatori. Nel caso in cui un animale venga eccessivamente cacciato corre il rischio di estinguersi, soprattutto se non riesce a trovare una soluzione anti predatoria che gli consenta di sopravvivere. Questa può essere l'introduzione di un nuovo comportamento o di una nuova difesa fisica, sorta a seguito di una mutazione genetica, come anche il trasferirsi in un'altra zona del pianeta. Non sempre però queste "soluzioni" avvengono in tempo e quando ciò succede gli organismi si estinguono, provocando tal volta perfino un danno ai loro stessi predatori, costretti così a trovare nuove risorse.

L'altro fenomeno che può portare gli organismi a morire in massa è la trasformazione di un ambiente, favorito dal cambiamento del clima. Quando infatti il clima atmosferico cambia repentinamente, provocando glaciazioni o siccità, gli habitat ne soffrono, subendo dei danni ambientali che lentamente vanno a destabilizzare gli equilibri fra le specie e il mondo abiotico. La siccità provocata dal surriscaldamento globale dell'Antropocene, per esempio, sta provocando così tanti danni alla vegetazione che gran parte delle nostre risorse arboree oggi sono in pericolo per colpa degli incendi. Una condizione che oltre a portare all'estinzione un gran numero di organismi, favorisce tra l'altro il surriscaldamento in sé , poiché con la perdita delle foreste perdiamo anche dei buoni regolatori del clima e importanti magazzini di anidride di carbonica.

Il comportamento umano ovviamente poi risulta responsabile di gran parte dell'estinzioni avvenute nel corso degli ultimi millenni. La caccia, la cementificazione e l'allevamento in particolare hanno favorito la scomparsa di un gran numero di specie selvatiche, poiché abbiamo strappato sempre più superficie e risorse alle specie selvatiche, in modo tale che oggi possono sopravvivere tranquillamente solo all'interno di alcune particolari e vaste riserve.

Complessi processi geologici e naturali, infine, come il movimento dei continenti, l'impatto con gli asteroidi e l'eruzioni vulcaniche, possono condurre le specie ad una morte improvvisa, mietendo miliardi di vittime in un arco di tempo abbastanza ristretto.

Gli animali a rischio estinzione nel mondo

balenottera

Sono migliaia le specie oggi conosciute che rischiano di scomparire nell'arco di pochi decenni. Gran parte di queste appartengono anche a degli animali che si sono ritrovati a subire la caccia degli esseri umani come la riduzione del loro territorio, avvenuto di seguito all'espansione delle aree metropolitane come degli allevamenti e dei campi coltivati. Tuttavia, oggi risulta ancora difficile stilare una lista completa delle specie a rischio estinzione che possa essere considerata valida da tutti gli scienziati, non solo perché i processi biologici sono complessi ma anche perché è possibile che molte specie che un tempo venivano considerate a rischio oggi siano materialmente a sicuro. A rendere davvero esasperante la situazione è infatti il fatto che non si posseggono molte informazioni importanti relative alle specie conosciute, che potremmo accidentalmente considerare in salute quando in realtà si potrebbero anche trovare sul baratro del disastro.

Per esempio, potremmo essere indotti a credere che la specie X stia bene perché riusciamo a vederla frequentemente in un dato territorio quando in verità ignoriamo completamente quale sia la sua natalità, il reale numero delle sue popolazioni e tanto altro. Per questa ragione quindi i biologi e i volontari ambientalisti studiano a lungo il numero degli esemplari e il comportamento naturale di una specie, in rapporto al suo territorio, così da sincerarsi definitivamente che il semplice dato visivo degli avvistamenti venga supportato anche da altri dati biologici – ambientali che ne descrivono il reale stato di salute.

Gli animali che incontreremo a seguire vengono spesso considerati tra le specie più minacciate del globo e per essere definiti così hanno subito una lunga campagna di osservazione da parte degli esperti, utile per confermare l'elevato livello di rischio di estinzione. Ovviamente oltre a queste specie ce ne sono tante altre che ugualmente rischiano di svanire entro pochi anni, ma per la stesura di questo articolo abbiamo deciso di prendere come esempio loro, poiché da tutti vengono considerati fra quelli più prossimi all'estinzione.

Rinoceronte bianco settentrionale (Rhinoceros simum cottoni)

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A decretare l’inesorabile condanna a morte di questo enorme rinoceronte africano sono stati due importanti fattori: il bracconaggio indiscriminato perpetrato a partire dalla fine del Diciannovesimo secolo e la riduzione costante dell'areale, invaso da varie tipologie di coltivazioni e dagli allevatori umani. Il suo corno, particolarmente richiesto nella medicina tradizionale cinese, a metà ani Ottanta poteva valere oltre 130.000 $ al chilo sul mercato nero, mentre oggi assume un valore inestimabile, visto che attualmente la specie è rappresentata esclusivamente da due esemplari di sesso femminile.

L'ultimo maschio noto è infatti morto nel 2018 e oggi i biologi si stanno dividendo fra coloro che stanno cercando di salvare la specie, ibridandola con qualche altra specie di rinoceronte, per esempio il rinoceronte bianco meridionale (Ceratotherium simum simum), il più vicino filogeneticamente alle femmine attualmente in vita, e coloro che sono alla costante ricerca di un maschio, sfuggito ai ricercatori, in natura. Considerando tuttavia che è da oltre 30 anni che i biologi perlustrano la savana del Sud Sudan come di altri paesi centro africani, alla ricerca di un potenziale partner per le ultime femmine di questa specie, il destino del rinoceronte bianco settentrionale sembra segnato, anche se diversi progetti di conservazione e tutela sono ancora impegnati per proteggere quantomeno gli esemplari ancora viventi dalle pallottole dei cacciatori.

Gorilla di Montagna (Gorilla beringei beringei)

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Il gorilla di montagna è il primate più grande al mondo

Secondo i primatologi, una delle specie di scimmie più a rischio estinzione è il gorilla di montagna, uno dei nostri parenti più vicini. Questa specie è tra l'altro anche il primate attualmente più grande del mondo e abita due delle regioni più isolate e difficili da esplorare dell'Africa, ovvero la regione dei Monti Virunga, al confine tra Uganda, Ruanda e Repubblica Democratica del Congo, e l’impenetrabile foresta di Bwindi, nell’Uganda sud-occidentale.

Questo imponente animale, noto per la sua indole riflessiva e pacifica, sta soffrendo terribilmente il contatto con gli esseri umani, per via del bracconaggio e della preoccupante deforestazione che è possibile trovare in queste regioni del continente africano. Alcune popolazioni sono persino divenute vittime di pandemie virali, provenienti dall'uomo, e spesso i loro gruppi sono stati braccati dalle popolazioni umane locali come fonte alternativa ed esotica di cibo. Secondo la IUCN, oggi vivrebbero meno di 700 gorilla di montagna ed è per questo che la loro specie viene considerata un simbolo stesso dell'estinzione.

Leopardo dell'Amur (Panthera pardus orientalis)

leopardo amur
Credit: Igor Metelsky / WWF–Russia

Considerato dai biologi come il felino più raro del mondo, questo leopardo è stato cacciato per la vendita della sua pelliccia per migliai di anin. Già ai tempi degli Unni infatti l'animale era noto all'interno delle steppe asiatiche come uno degli animali più pregiati. Abitante della Russia, della Corea del Nord e della Cina nord orientale, questo felino oggi presenta solo una cinquantina di esemplari, ampiamente distribuiti e molto diffidenti nei confronti degli esseri umani.

L'ara di Spix (Cyanopsitta spixii)

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L'ara di Spix è uno degli uccelli più rari e a rischio estinzione del mondo. Divenuto molto famoso grazie ai due film d'animazione della saga di Rio, questo pappagallo dal colore blu indaco è stato per anni prelevato in natura, per essere venduto illegalmente o sfruttato dal punto di vista commerciale. In Brasile infatti diversi allevamenti di pappagalli hanno tentato di creare un vero e proprio business legato alle loro piume, particolarmente apprezzate per le maschere di carnevale e i vestiti d'alta moda.

Le conseguenze di questo prelievo sono state però tragiche. Fino a qualche anno fa, infatti, la specie veniva considerata estinta in natura, mentre gli esemplari presenti negli allevamenti di solito non sono molto resistenti, perché vengono maltrattati e non reagiscono bene alla cattività. La sua popolazione comunque si attesta attorno a poche centinaia di esemplari, tenuti all'interno di vari centri di recupero brasiliani, che potrebbero essere fondamentali per il recupero della specie.

Cebo dorato (Sapajus flavius)

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Wikimedia commons

Il cebo dorato è probabilmente il primate più a rischio estinzione del mondo, avendo infatti perso oltre il 90% del suo antico areale, posto all'interno della ormai scomparsa Foresta Atlantica, situata nel Nord est del Brasile, ed essendo stato per tutto l'Ottocento una delle specie di primati più apprezzate dai circhi del mondo. A differenza inoltre dei gorilla in Africa, che venivano cacciati anche per la loro carne dalle popolazioni locale, il cebo dorato veniva considerato una specie sacra da parte degli Indios, che furono sottoposti alla medesima pressione a cui vennero sottoposti gli animali quando giunsero i coloni dall'Europa e dal Nord America.

Catturati per il colore del loro manto, usati per indecorosi spettacoli circensi e come animali domestici dalle corti europee, queste scimmie resistettero a lungo, finché gli incendi e gli allevatori non rasero al suolo la loro casa, rendendoli dei profughi di uno dei peggiori disastri ambientali perpetrati dalla nostra specie durante il secolo scorso. Secondo i dati forniti dall'IUCN, la popolazione attuale di cebi dorati selvatici è inferiore alle 200 unità, meno della metà degli esemplari tenuti ancora oggi in cattività.

Il gatto di Iriomote (Prionailurus iriomotensis)

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Questa specie vive esclusivamente sull'isola giapponese di Iriomote ed è una delle specie di gatto selvatico più rare e antiche della natura. I vecchi naturalisti lo consideravano un «fossile vivente», perché presenta una morfologia particolarmente arcaica, risalente a oltre 2 milioni di anni fa. La sua popolazione conta poco più di un centinaio di esemplari e nel caso in cui l'isola di Iriomote dovesse andare incontro a qualche catastrofe naturale – tipo un incendio o uno tsunami – con molta probabilità la specie rischia di svanire nell'arco di poche ore.

Il gaviale del Gange (Gavialis gangeticus)

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Il gaviale del Gange è una delle specie di rettili più a rischio estinzione. A seguito infatti dell'eccessivo prelievo di acque dal Gange, della costruzione di centinaia di dighe e dell'espansionismo urbano che ha vissuto l'India nel corso degli ultimi due secoli, gran parte delle sponde in cui viveva questo parente degli alligatori e dei coccodrilli sono scomparsi o sono stati parzialmente sostituiti da delle rive melmose e inquinate.

Specie ittiofaga, l'eccessivo prelievo dei pesci da parte delle popolazioni locali hanno poi portato il gaviale a morire letteralmente di fame, abitando comunque in alcuni dei fiumi più pescosi e ricchi del pianeta. Essendo stato poi perseguitato dagli allevatori come dai contadini, le sue popolazioni si sono ridotte sempre più, finché il governo indiano negli anni Sessanta non ha cercato di limitarne il declino.  Oggi il suo areale è grande il 2% della sua dimensione storica, mentre la sua popolazione globale ammonta a meno di 1000 esemplari.

Vaquita (Phocoena sinus)

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Il vaquita è uno dei mammiferi marini che viene considerato periodicamente estinto in natura, visto che secondo la IUCN la sua popolazione mondiale ammonta a circa 10-12 esemplari in natura. Questa specie vive all'interno del Golfo della California e tutti i suoi esemplari vengono attentamente monitorati da centinaia di biologi marini proprio per scongiurare la loro scomparsa.

Le sue popolazioni sono state recentemente sterminate dalle reti da pesca, anche se molti esperti hanno cominciato a credere che parte dell'attuale declino sia di responsabilità dell’inquinamento marino. In particolare i pesticidi clorinati riversati nelle acque dei fiumi dalle industrie costiere potrebbero aver condotto questi animali alla morte.

L'insetto stecco dell'isola di Lord Howe (Dryococelus australis)

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Wikimedia commons

L'insetto più a rischio estinzione del mondo è stato considerato in realtà perduto per circa ottant'anni, dopo che gli scienziati lo avevano ritenuto estinto nel 1920. Ritrovato nel 2001, attualmente la sua popolazione conta una trentina d'individui, pronipoti di quei 24 esemplari che furono ritrovati sopra il faraglione più alto del mondo, la Piramide di Ball, posto ad alcuni chilometri dall'isola di Lord Howe, in Oceania.

Proprio per tutelare la specie, negli scorsi anni il governo australiano ha firmato una legge che impedisce a qualsiasi turista di scalare il faraglione, nel tentativo di fotografarli.

Pseudophryne corroboree

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Wikimedia commons

Questa specie è una rana molto rara della famiglia Myobatrachidae, endemica del Nuovo Galles del Sud in Australia. Viene considerata da molti biologi della conservazione una delle specie di anfibi più a rischio estinzione, poiché la sua intera popolazione conta dai 4 ai 50 individui in natura.

Abitando inoltre in un territorio molto isolato e molto difficile da individuare, esistono poche immagini di questa specie, caratterizzata dalle sue tonalità gialle e nere che gli hanno permesso di ottenere una certa fama locale.

Gli animali a rischio estinzione in Italia

Anche all'interno del nostro paese sono presenti molte specie animali a grave rischio estinzione. Fra questi ci sono anche delle sottospecie molto importanti, come l'orso bruno marsicano, per cui il nostro governo ha speso diversi fondi per tutelarne la sopravvivenza. È per questa ragione se insieme ad alcune associazioni ambientaliste, tra cui la LIPU e il WWF, la IUCN da diversi decenni promuove la stesura di una lista rossa delle specie italiane, anche in considerazione dell'elevato valore ecologico che possiedono le nostre specie all'interno del più vasto hot spot di biodiversità del Mediterraneo.   

L'orso bruno marsicano (Ursus arctos marsicanus)

orso marsicano

L'orso bruno marsicano è uno degli animali simboli dell'Italia ed è anche una delle specie di orso più protette del mondo. Oggi è presente in una ristretta porzione degli Appennini centrali e in particolare  all'interno del parco nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise (PNALM), dove ne sopravvivono meno di 90 esemplari. Questa sottospecie si isolò geograficamente dalle altre popolazioni di orsi bruni a cavallo fra la fine dell'era glaciale e l'arrivo delle prime popolazioni umane moderne e da allora ha subito un costante calo demografico, di seguito all'eccessivo competizione con la nostra specie.

Come narrano anche i recenti casi di quest'anno, in passato gli orsi marsicani hanno subito nel corso della loro lunga convivenza con l'uomo diversi incidenti, che li hanno portati a divenire spesso vittima dei cacciatori. Fortunatamente dall'istituzione del parco PNALM, la popolazione abruzzese ha cominciato a nutrire un maggiore affetto nei confronti di questi animali onnivori e il numero di decessi è calato, seppur la loro sopravvivenza rimanga ancora in bilico, soprattutto per colpa delle ridotte dimensioni del loro areale e per le difficili sfide legate al cambiamento climatico.

Il capovaccaio (Neophron percnopterus)

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Il capovaccaio è un piccolo avvoltoio la cui popolazione europea rischia seriamente di scomparire entro pochi decenni. Le principali minacce che mettono a rischio questo rapace sono legate alla caccia, alla diffusione di bocconi avvelenati e all'abbandono progressivo delle campagne da parte degli allevatori, poiché in passato questi animali si nutrivano principalmente delle carogne abbandonate degli animali domestici.

Attualmente la sua specie viene considerata la seconda più minacciata d'Italia, anche perché se ne stimano solo 12 coppie nidificanti, distribuite in tre sole regioni: Basilicata, Calabria e Sicilia.

La lucertola delle Eolie (Podarcis raffonei)

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La lucertola delle Eolie è probabilmente uno dei rettili più rari del pianeta e per via del particolare habitat in cui sopravvive viene considerata dagli esperti anche la specie vertebrata più a rischio d'estinzione dell'intera Europa. Oltre che a Vulcano, abita infatti solo in alcuni scogli isolati delle Eolie ed endemica della Sicilia.

Per via delle difficili condizioni ambientali in cui versano costantemente gli scogli in cui si è rifugiato, è molto difficile per gli stessi studiare valutare le dimensioni corrette della sua popolazione. Secondo i dati resi disponibili dal sito della IUCN il suo areale geografico è inferiore a 10 km2 e la sua distribuzione è severamente frammentata in 4 principali popolazioni.

A differenza delle altre specie presenti in questa lista, è inoltre molto probabile che la lucertola delle Eolie abbia subito una crisi demografica non tanto per colpa dell'uomo ma per via della sua competizione con un'altra specie di lucertola, che domina le altre isole principali delle Eolie come l'intera superficie della Sicilia: la Podarcis sicula. 

L'anguilla europea (Anguilla anguilla)

anguilla

La specie di pesce probabilmente più minacciata presente in Italia è l'anguilla europea, che secondo la IUCN è in pericolo critico. Le ragioni per cui questa specie si è infatti trovata ad abbandonare gran parte dei fiumi del nostro paese, ma anche d'Europa, sono infatti collegati alla perdita di naturalità degli stessi. Numerosi scarichi fognari e industrie hanno infatti inquinato pesantemente i bacini idrici, mentre la costruzione delle dighe e degli argini artificiali non hanno fatto altro che frammentare le varie popolazioni, impedendogli di espandersi in altri territori.

Soggetti inoltre ad una pesca intensiva, le anguille sono risultati molto sensibili nel nostro paese all'inquinamento da diossine e da PCB, due delle sostanze cancerogene conosciute. Attualmente alcuni progetti di conservazione stanno cercando di recuperare alcune popolazioni considerate estinte in Emilia Romagna, ma secondo gli esperti senza un reale e concreta rinaturalizzazione degli alvei fluviali questa specie potrà considerarsi estinta in Europa entro al fine di questo secolo.

Euphydryas maturna

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La farfalla più a rischio di estinzione nel nostro paese è la Euphydryas maturna, una specie della famiglia Nymphalidae che si trova in cattive acque anche in Germania, in Austria e nei Balcani. Essendo una delle specie più grandi tra le farfalle europee, per anni gli entomologi ne hanno collezionato numerosi esemplari, finché non ci si è resi conto che prelevandoli in natura si andavano a creare dei danni gravissimi alla popolazione.

Una delle ragioni che la stanno però attualmente spingendo all'estinzione è la diffusione della silvicoltura, come il prosciugamento delle zone umide e l'uso indiscriminato degli insetticidi in agricoltura, che interferiscono direttamente con il processo del muta. Attualmente alcune popolazioni italiane sopravvivono ancora nel Trentino come nel Friuli. Con l'avvento però delle estati eccessivamente calde, c'è il rischio che le loro uova non riescono neppure a resistere al cambiamento del clima, indotto dal surriscaldamento climatico.

Come possiamo salvare gli animali in via d'estinzione?

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Per quanto la situazione possa sembrare disperata, considerando tutti gli effetti incrociati sull'ambiente dei vari fenomeni di disturbo che portano le specie ad estinguersi (inquinamento, surriscaldamento globale, bracconaggio eccetera), i biologi non si sono persi d'animo negli ultimi decenni e hanno promosso la nascita di una nuova disciplina applicata, che è quella della Biologia della conservazione.

Questa disciplina è alla costante ricerca di soluzioni che possano consentire alle specie a rischio di non estinguersi improvvisamente per colpa dell'uomo. E tra le diverse possibili soluzioni che sono comparse recentemente ce ne sono alcune derivate dall‘ingegneria genetica, che prevedono un eventuale nascita di nuovi esemplari tramite un'elaborazione genica dei gameti di specie simili in laboratorio. Uno di questi metodi – la clonazione assistita – ha per esempio permesso la nascita di alcuni cavalli di Przewalski (Equus ferus przewalskii), considerati una specie in via di estinzione.

Il metodo però più utilizzato per salvaguardare gli animali è stato quello di emanare delle leggi che ne tutelino i diritti, come istituire delle riserve e dei territori, in cui in teoria le specie selvatiche dovrebbero vivere libere, lontano dal contatto con l'uomo. In verità però consentire alle specie di sopravvivere senza il contributo dell'uomo è molto difficile ed è per questo se i biologi spesso seguono e monitorano le specie selvatiche più fragili in maniera costante, fornendogli un supporto che può essere di vario tipo.

Lottare contro il bracconaggio e il mercato illegale dei prodotti di origine animale è inoltre un altro strumento utile che l'uomo sta usando per tutelare le specie selvatiche, tramite soprattutto l'applicazione di norme internazionali come quelle che hanno permesso l'istituzione stessa della CITES, la convenzione sul commercio internazionale delle specie minacciate che ha lo scopo di limitare e regolamentare i prelievi in natura.

Ovviamente la nostra specie dovrebbe però sforzarsi molto di più per salvaguardare le specie a rischio d'estinzione e per esempio dovrebbero optare per scelte completamente antitetiche rispetto alle politiche attuali. Dovremmo per esempio limitare i consumi di combustibili fossili, come limitare il prelievo delle risorse naturali oltre a impedire che nuovi lotti di terra vadano sprecati, fra disboscamenti, incendi e porzioni del territorio che vengono persi a causa dell'incuria umana.

In tutto il mondo dovremmo ridurre notevolmente le quote di caccia e di pesca, affinché gli habitat naturali possano riprendere l'antico equilibrio che ha consentito alla nostra stessa specie per secoli di prosperare. Per non parlare poi di come dovremmo smettere di cementificare il globo, combattere il consumismo dilagante e ridurre drasticamente il nostro consumo di suolo.

Secondo alcuni demografi e vari studiosi, dovremmo persino riconsiderare anche i livelli della nostra produttività e della nostra natalità, così da avere un minore impatto generale sugli altri animali e l'ambiente. Molte di queste sfide tuttavia sono ancora ben lungo dall'essere superate ed è per questo se le discipline che lavorano sulla conservazione della natura sono considerate dagli scienziati ancora giovani e una frontiera dell'intero campo scientifico.

Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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