La candida neve, il manto invernale che sofficemente ricopre le cime dei monti ed i tetti alle alte latitudini. Una di quelle cose che è bello osservare da dietro una finestra, nel caldo torpore del proprio camino, ma che può creare non pochi problemi a chi non è efficacemente attrezzato ad affrontarla: ricopre il terreno, nascondendo piante e tutte le possibili fonti di cibo sotterrate al suo interno, ostacola i movimenti, bagna, richiede tanto, tanto, isolamento termico del corpo e può provocare pericolose slavine in alta montagna.
Gli ambienti soggetti a forti nevicate sono, insomma, molto limitanti per gli organismi animali. Solo alcune specie sono riuscite ad adattarsi tramite il processo evolutivo a tali condizioni estreme, molte preferiscono migrare o rintanarsi, ed infatti è innegabile non notare una diminuzione della biodiversità in inverno all'aumentare delle latitudini – o delle altitudini. Non troveremo serpenti, lucertole, insetti e rospi, animali a sangue freddo; alcuni mammiferi come pipistrelli, orsi, roditori e ghiri preferiscono risparmiare le energie metaboliche necessarie a mantenere alte le temperature corporee entrando in letargo, mentre molti passeriformi ed altri uccelli saranno volati a migliaia di chilometri di distanza a spassarsela nelle calde regioni subsahariane.
Alle nostre latitudini potremo osservare tuttavia (se siamo fortunati e sapiamo come avvistarli) mammiferi come lupi, volpi, cinghiali e cervidi, insieme ad alcuni uccelli non migratori come molte specie di rapaci tra cui ad esempio allocchi, barbagianni e grifoni, ma anche piccoli membri dell'avifauna come i pettirossi. Ma si sa, l'inverno italiano a meno che non si viva sul Gran Sasso o sulle Dolomiti, è poca cosa. I veri campioni della sopravvivenza invernale sono gli animali che abitano nelle regioni a latitudini più estreme dei climi temperati e subpolari, come orsi polari, renne e volpi artiche ma anche specie più esotiche come leopardi delle nevi, tigri siberiane e yak tibetani: la vita trova sempre un modo, perfino nelle situazioni più estreme.
La fauna invernale nelle regioni soggette a copertura nevosa prolungata quindi, consiste soprattutto di animali generalisti ed omeotermi, cioè a sangue caldo, che riescono a procurarsi abbastanza cibo per soddisfare le grandi richieste energetiche necessarie al loro metabolismo. Devono inoltre riuscire a possedere i giusti strati corporei isolanti, come una folta pelliccia o una spessa copertura di grasso. L'evoluzione infine, avrà affinato ogni aspetto di forme e comportamenti per provvedere a spendere meno energie possibile e aumentarne la sopravvivenza: zampe larghe come ciaspole, locomozione in fila indiana, colorazioni chiare.
Ma osserviamo più nel dettaglio questi animali e le specie meglio adattate a vivere sulla neve.
Lupi
I lupi (Canis lupus) sulla neve, mentre seguono in fila indiana le tracce di una preda, sono un'immagine ben consolidata che affiora pensando ad esempio ai lunghi inverni nordamericani (sebbene alcuni falsi miti riguardo il loro ordine di marcia siano stati smentiti dagli esperti). In effetti questi canidi sono ben adattati a sopravvivere in inverno, grazie soprattutto alla loro socialità. La collaborazione infatti permette di stanare grosse prede come alci, renne e cinghiali, disponibili per tutto l'anno. Quello di percorrere lunghi tratti in fila indiana è un altro adattamento importante: sovrapponendo i propri passi, gli esemplari che seguono l'aprifila produrranno meno attrito con la neve, risparmiando energie preziose.
Per quanto riguarda "l'equipaggiamento individuale", i lupi sono dotati di un doppio strato di pelliccia, che consente loro di resistere a temperature bassissime, anche 40 gradi sotto zero. Il primo strato, detto sottopelo è fatto di peli corti e spessi. Pensate che, prima che tale pratica venisse messa al bando negli anni 70, l'esercito statunitense lo utilizzava per foderare le giubbe dei soldati. Il secondo strato è detto giarra o pelo di guardia, ed è formato da peli lunghi che proteggono gli animali dall'umidità. Le zampe sono inoltre ben irrorate di sangue, mantenendo i cuscinetti pelosi appena sopra il punto di congelamento. Nelle notti più fredde, il branco riposerà unito, raggomitolandosi l'uno vicino all'altro per conservare quanto più calore possibile.
Renne
La renna (Rangifer tarandus) è un cervide diffuso nelle regioni artiche e subartiche. Una particolare caratteristica è quella di presentare i palchi in entrambi i sessi. Tra la fine dell'autunno e l'inizio dell'inverno, i maschi di renna perdono queste strutture, preparandosi a sviluppare un nuovo paio l'anno successivo, mentre le femmine mantengono i palchi fino al parto: queste acquisiscono i ranghi più alti nella gerarchia di alimentazione, ottenendo l'accesso alle migliori aree di foraggiamento.
Anche gli zoccoli delle renne si adattano alla stagione: in estate, quando il terreno della tundra è morbido e bagnato, le suolette carnose a contatto col suolo diventano spugnose e forniscono una trazione extra. In inverno, gli zoccoli si induriscono e si restringono, esponendo il bordo affilato permettendogli di tagliare il ghiaccio e la neve incrostata per impedirgli di scivolare. Ciò consente loro anche di scavare attraverso la neve per trovare il loro cibo preferito, un lichene noto come lichene delle renne (Cladonia rangiferina).
Cinghiali
Anche i cinghiali (Sus scrofa) sono protetti da una folta pelliccia che, negli esemplari maschi, si arricchisce anche di una criniera lungo tutta la schiena. Questi animali possono contare sul loro potentissimo senso dell'olfatto per scovare il cibo anche al disotto del manto nevoso, scavando poi alla ricerca di radici, tuberi e bulbi. Tuttavia il maggiore ingombro causato dalla neve, limitando fortemente i loro movimenti, espone i cinghiali a maggiori rischi di predazione. Nelle regioni baltiche, ad esempio, abbondanti nevicate possono consentire ai lupi di eliminare quasi completamente i cinghiali da un'area. I lupi prenderanno di mira principalmente i piccoli ed i subadulti attaccando solo raramente le scrofe adulte. Per la loro pericolosità, invece, i maschi adulti vengono di solito risparmiati.
Barbagianni
La maggiore mobilità è certamente un vantaggio importante per molte specie di uccelli nel periodo freddo. Anche le specie che passano i mesi invernali alle alte latitudini e sono quindi considerate stanziali spesso possono scegliere le zone più adatte all'alimentazione, come il corso dei fiumi o arbusteti vicino a specchi d'acqua.
Il barbagianni (Tyto alba), così come altre specie di rapaci notturni non migratori, tende a modificare parzialmente lo spettro delle sue prede nel periodo invernale a causa delle maggiori difficoltà nello scovare sul terreno ghiacciato i piccoli roditori di cui si nutre abitualmente, cacciando in maggior misura piccoli uccelli invece di topi. Tuttavia la causa più significativa di morte nelle aree temperate è proprio la fame, in particolare durante il periodo invernale, quando i giovani uccelli nel loro primo anno di vita stanno ancora perfezionando le abilità di caccia.
Pettirossi
Un altro uccello molto facile da avvistare d'inverno, perlomeno alle nostre latitudini è il pettirosso (Erithacus rubecula), passeriforme stanziale in tutta Europa, fino alle coste meridionali della Scandinavia. In autunno e inverno, i pettirossi integrano la loro dieta abituale di invertebrati terrestri come ragni, lombrichi e insetti, con bacche e frutta. Anche in questo periodo possiamo godere del canto di questi uccelli. Sia il maschio che la femmina, che tendono ad occupare territori diversi, cantano ma la canzone suona più lamentosa rispetto alla versione estiva.
Leopardi delle nevi
Non tutti i grossi felini vivono in savane e foreste tropicali. Il leopardo delle nevi (Panthera uncia) è un grosso felino che abita le vette innevate dell'Asia centro meridionale, tra i 3000 ed i 4500 metri di quota.
Il leopardo delle nevi mostra diversi adattamenti per vivere in un ambiente freddo e montuoso. Le sue piccole orecchie arrotondate aiutano a ridurre al minimo le perdite di calore. Le sue zampe larghe distribuiscono bene il peso corporeo per camminare sulla neve funzionando come delle ciaspole, mentre la sua coda lunga e flessibile aiuta a mantenere l'equilibrio nel terreno roccioso. Una caratteristica molto interessante è proprio quella di utilizzare la coda, molto spessa e voluminosa, come una sorta di "sciarpa", proteggendosi il muso quando si riposa.
Tigri siberiane
Avvistare la livrea striata arancione pallido di una grossa tigre siberiana (Panthera tigris tigris) durante una bufera di neve, nelle foreste più estreme della Russia orientale, dev'essere un'esperienza terrificante e magnifica allo stesso tempo. Questo animale è probabilmente il felino di maggiori dimensioni attualmente presente sulla Terra, e può raggiungere i 300 kili di peso. Anche questo animale mostra una differenza stagionale nella dieta, cacciando più frequentemente e preferendo prede più grosse nei mesi invernali. Purtroppo rimangono solo poco più di 500 esemplari in natura di questa magnifica sottospecie.
Yak
Lo yak (Bos mutus) è un grosso ruminante nativo della catena montuosa himalayana. Gli adulti possono arrivare a pesare più di una tonnellata. Entrambi i sessi hanno lunghe pellicce ispide, con un denso sottopelo lanoso sul petto, sui fianchi e sulle cosce per isolarsi dal freddo. Questo sottopelo, specialmente nei maschi, può formare una lunga "veste" che può raggiungere il terreno, ed anche pube e mammelle sono ben coperti dalla pelliccia.