Secondo la legge italiana, così come stabilito dalla Conferenza Unificata Stato-Regioni e Stato-Città ed Autonomie Locali (ex Art. 8 del Decreto Legislativo 28 agosto 1997, N. 281) nell'Accordo 24 gennaio 2013, non è possibile adottare un cucciolo, se questo è ancora con la mamma, prima dei 60 giorni. Certo le cose cambiano in caso di cucciolate ritrovate abbandonate o in altre situazioni in cui, per cause di forza maggiore, la separazione è avvenuta in maniera precoce come ad esempio se la mamma o i cuccioli dovessero essere soggetti a qualche grave patologia o, malauguratamente in caso di decesso.
Ma come mai si è stabilito questo limite di tempo? E siamo sicuri che questo sia realmente il momento migliore? In realtà le motivazioni sono diverse e non tutte hanno propriamente a che fare con quelli che sono i reali bisogni del cane. Se infatti possiamo con quasi assoluta certezza affermare, e per diverse ragioni, che non è per nulla corretto separare i cuccioli dalla loro mamma prima del compimento dei due mesi, altrettanto non possiamo dire invece sul fatto che non potrebbe in tanti casi essere opportuno poter rimanere assieme anche oltre questa scadenza.
Questioni di comportamento, ma non solo…
Per capire quali sono le questioni in gioco possiamo far riferimento a quanto avvenuto alcuni anni fa, nel 2016, quando alcune regioni (Lombardia e Marche) proposero di innalzare l’età minima per una possibile adozione dai 60 ai 90 giorni. A queste iniziative si opposero immediatamente sia ENCI (Ente Nazionale Cinofilia Italiano) che la sezione Marche di ANMVI (Associazione Nazionale Medici Veterinari Italiani). Le motivazioni per questa ferma opposizione sono state di diversi ordini di ragioni.
Tralasciando il fatto, assolutamente comprensibile, che non avrebbe senso applicare una normativa soltanto in alcune regioni per il timore che gli allevatori delle suddette regioni siano penalizzati rispetto ai loro colleghi di altri luoghi e che normative di questo genere dovrebbero eventualmente avere un respiro nazionale e non certo locale, le questioni più importanti rilevate sono principalmente di due ordini: uno economico e pratico, l’altro comportamentale.
Per quanto riguarda il primo aspetto ciò che si evidenzia è il fatto che la gestione di una cucciolata, specie se numerosa o di taglia grande, per ulteriori 30 giorni oltre i 60, può essere molto dispendiosa oltre che impegnativa, comportando dunque un danno economico per l’allevatore.
Bisogna infatti considerare il costo alimentare, oltreché di eventuali cure mediche e questo, per chi svolge la professione di allevare cani, può comportare un ingente rincaro.
Inoltre, passati i 60 giorni i cuccioli tendono a diventare molto più autonomi e attivi e questo richiederebbe un ulteriore impegno nel fornire loro spazi e pulizie adeguati.
Infine vi è la constatazione che è molto più semplice vendere un cucciolo di due mesi che non uno più grande e vi sarebbe dunque un maggiore rischio che alcuni restino invenduti, causando un'ulteriore perdita economica.
Quando invece si tratta dell’aspetto comportamentale ciò che viene rilevato è che 30 giorni in più potrebbero ripercuotersi in maniera negativa sul benessere dell’animale e della famiglia adottante. Un periodo superiore ai 60 giorni, infatti, “potrebbe compromettere – secondo la tesi di ANMVI Marche – in maniera irreversibile la corretta socializzazione del cucciolo e inibire lo sviluppo armonico del suo comportamento con riflessi sul potenziale aggressivo dovuto a carente relazione con il gruppo sociale umano”.
Come vanno le cose per i cani nati liberi
Ritorneremo alla fine sugli aspetti economici, destano però alcune perplessità le ragioni in merito al lato comportamentale. Per comprendere la questione da un punto di vista etologico, però, potrebbe essere utile osservare ciò che avviene tra quei cani che vivono in stato di libertà, osservando come si svolge la delicata fase della maternità e dello svezzamento dei cuccioli.
Quando si avvicina il momento del parto, di solito, la mamma si separa dal proprio gruppo di riferimento per trovare una tana o un posto isolato dove i cuccioli possano essere accuditi e protetti da eventuali pericoli. Soprattutto nei primi giorni e per circa le prime due settimane la mamma si allontanerà il meno possibile e accudirà i cuccioli in maniera assidua. In questa fase infatti questi non solo saranno ancora ciechi, sordi e non in grado di scaldarsi autonomamente, ma non saranno in grado neanche di fare da soli i propri bisogni.
Sarà la mamma che, leccandoli nelle parti genitali, li stimolerà e li aiuterà a fare la pipì e la cacca. E solo dopo le prime due settimane circa i cagnolini cominceranno ad essere leggermente più autonomi, gli occhi cominceranno ad aprirsi, le zampette consentiranno loro i primi passi e riusciranno da soli a espletare i loro bisogni.
Uno dei loro primi comportamenti sarà proprio, subito dopo il pasto, quello di allontanarsi leggermente dalla tana per andare a “sporcare” più in là.
I cambiamenti più importanti arrivano tra il primo e il secondo mese di vita. In questo periodo infatti i cuccioli cominciano a sperimentare sia dal punto di vista sociale, imparando a relazionarsi tra loro e con la mamma – che in questa fase fungerà anche da moderatrice, insegnando loro le prime regole e ponendo le basi per importanti capacità come l’autocontrollo e la gestione della frustrazione – che anche con le prime esperienze di conoscenza dell’ambiente circostante, compiendo le prime perlustrazioni e cominciando, pian piano, ad allontanarsi sempre più dalla tana.
È sorprendente notare come dei cani, anche così piccoli, siano in grado in questa fase di esplorare e di mappare anche territori ampi, arrivando ad allontanarsi anche di diverse decine di metri, mantenendo comunque la capacità di rientrare alla base nel minor tempo possibile in caso di pericoli o se qualcosa li spaventasse.
I primi 60 giorni e l'ingresso in società
Quando arriva la fatidica soglia dei 2 mesi i cuccioli saranno finalmente pronti per fare il loro “ingresso in società”. Sarà a questo punto che la mamma si ricongiungerà al proprio gruppo e presenterà in maniera ufficiale i piccoli, con tutte le cautele, proteggendoli e moderando le interazioni. Inizierà così un’altra importantissima fase di crescita e maturazione.
I membri del gruppo infatti subentreranno nella vita dei cuccioli e diventeranno come "zie" e “zii”. Se in una prima fase semplicemente affiancheranno la mamma, gradualmente diventeranno riferimenti sempre più importanti e favoriranno quell’importante processo detto di distacco, attraverso cui i cagnolini diventeranno sempre più autonomi e impareranno a contare su sé stessi.
Gli adulti del gruppo saranno delle guide nell’imparare tutte le regole sociali: come ci si relaziona con gli altri, quali sono i riferimenti sul territorio, quali le regole nel procacciarsi i pasti, come ci si muove nello spazio senza incorrere in pericoli ed anche come rapportarsi con gli estranei, siano essi altri cani, umani o altro. Insomma il gruppo in questa età svolge una importantissima funzione educativa che si prolungherà per diversi mesi; sarà solo a questo punto che poi, diventati ormai adolescenti e quasi adulti, i cagnolini cominceranno a prendere autonomamente delle decisioni e, in particolare, se restare assieme al gruppo di origine o se, gradualmente, allontanarsi per stabilirsi altrove alla ricerca di migliori condizioni di vita.
Siamo sicuri che a due mesi sia il momento migliore?
Alla luce di tutto ciò è certamente possibile confermare che è fondamentale per un cucciolo rimanere vicino alla mamma per almeno i primi due mesi. Ma cosa possiamo dire dei mesi successivi?
Osservando le differenze tra ciò che accade a dei cuccioli nati da cani che vivono in libertà e quelli che nascono nelle condizioni artificiali di molti allevamenti (specie nei grandi allevamenti, quelli "multi-razza" o, per così dire, "industriali") la prima cosa che salta subito agli occhi è la enorme differenza del tipo di ambiente che si trovano ad affrontare a partire dai 2 mesi di età.
Mentre nel primo caso vi è un vero e proprio “inserimento in società” dove i piccoli vengono introdotti in un nuovo ambiente e con la possibilità di intraprendere vere e proprie relazioni sociali, nel secondo invece le condizioni spesso rimangono simili a quelle iniziali.
In altre parole è come se venissero trattenuti nella tana impedendo così diverse e importanti esperienze. È chiaro che in queste condizioni quanto rilevato dai veterinari delle Marche è assolutamente corretto: mantenere dei cani in uno stato di deprivazione e in spazi ridotti per diverso tempo oltre i 60 giorni può comportare gravi danni per l’equilibrio psicologico e questi potrebbero poi ripercuotersi sul rapporto con la famiglia adottante o con il nuovo ambiente di riferimento. Non solo problemi di possibile aggressività, ma anche ansia, paure e finanche fobie sociali e ambientali.
Tuttavia se cambiassero radicalmente le condizioni di allevamento, in modo tale da permettere ai piccoli un corretto percorso di esperienze (affiancati dalla mamma e, eventualmente, da altri cani balia) e consentire altresì il rispetto delle loro fasi di crescita. le cose potrebbero andare in modo completamente diverso. In tale percorso, naturalmente, dovrebbero essere compresi anche la socializzazione verso diversi referenti umani (compresi anche i futuri adottanti) e la conoscenza di ambienti nuovi e conformi con quelli di vita futuri.
In sintesi se si consentisse ai cani di potersi formare un proprio carattere in un ambiente ricco e potendo fare affidamento su degli importanti punti di riferimento, quali la mamma e quelli che abbiamo definito gli “zii” o le “zie” probabilmente potrebbero sviluppare un carattere equilibrato e adattarsi più facilmente al cambio di vita imposto con l’adozione.
Quello dei 60 giorni, dal punto di vista etologico, sembra a tutti gli effetti un distacco precoce che, togliendo al cucciolo in modo improvviso tutti i suoi riferimenti, non rispetta del tutto le sue fasi di sviluppo.
Inoltre in tal modo si lascia completamente in mano ai futuri adottanti la gestione di importantissime fasi di crescita del proprio cucciolo. E tuttavia ciò è una delle cause maggiori delle problematiche comportamentali in età adulta. Molti cittadini infatti non soltanto in tanti casi non hanno le giuste competenze per far vivere al proprio amico in maniera corretta tutte le esperienze di cui avrebbe bisogno per sviluppare un carattere equilibrato, ma spesso non ne hanno neanche la possibilità (a volte per questioni di tempo, ma anche per il contesto di inserimento che può presentare criticità di diverso tipo, essere ad esempio iper stimolante sotto certi aspetti o deprivato per altri). È infatti ormai un dato palese l’aumento esponenziale delle problematiche comportamentali che conducono poi a incidenti o abbandoni in canile e l’origine di molte di queste può essere ravvisata proprio nelle mancanze o nei traumi subiti nei primi mesi di vita.
A ben guardare la legge italiana sembrerebbe più un compromesso con il mondo degli allevatori (ad oggi ancora fonte di moltissime adozioni da parte di privati cittadini, nonché importante settore economico) che, in molti casi, rischierebbero di averne importanti ripercussioni economiche ed organizzative. Non soltanto infatti sarebbero necessari cambiamenti e adeguamenti strutturali in molti allevamenti per ospitare cuccioli in contesti adeguati alle diverse fasi della loro crescita, ma altrettanto importante sarebbe l’acquisire conoscenze e competenze per offrire le migliori condizioni di crescita e di supporto tanto ai cuccioli quanto alle loro mamme.
E tuttavia se vogliamo definitivamente uscire da quella mentalità per cui i cani non sono esseri senzienti ma solo oggetti che possono liberamente essere comprati e venduti, bisognerebbe forse rivolgersi maggiormente a quelli che sono i loro bisogni etologici e le loro esigenze di crescita.
Forse anche molti allevatori dovrebbero cominciare a comprendere che allevare in modo responsabile non significa soltanto selezionare buone genetiche, vincere gare di bellezza o fornire un pedigree, ma garantire ai propri cuccioli anche percorsi di crescita corretti e possibilità di svolgere le corrette esperienze. In altri termini ciò che andrebbe venduto non è il cane, come fosse un oggetto, ma tutto ciò che potrebbe garantire l’adozione di un cane equilibrato e felice, che ha fatto le giuste esperienze nei giusti momenti e rispettando la sua natura.
Ci rendiamo conto che questa ad oggi è forse soltanto un’utopia, ma come sempre vogliamo dare spazio a una riflessione sui diritti degli animali e di quelli che dovrebbero essere i nostri doveri. E se l’adozione dovrebbe essere un atto di responsabilità, se vogliamo prevenire lo scempio delle decine di migliaia di cuccioli importati troppo giovani dall’estero (e delle condizioni orrende in cui sono detenute le loro mamme), se vogliamo prevenire molte delle problematiche comportamentali, con l’esito di sofferenza per cani e umani, forse sarebbe necessario guardare di più alla reale etologia dei cani e cercare di soddisfare maggiormente i loro bisogni e meno quelli che sono soltanto i nostri desideri e i nostri interessi (economici o di altro tipo).
E ciò che ci sentiamo di suggerire ai nostri lettori è che certo è bellissimo portare a casa un cucciolino di soli due mesi, buffo, impacciato e in tutto dipendente da noi, ma questo periodo passa molto in fretta, mentre nulla ci potrà appagare di più di convivere tanti e tanti anni con un adulto sereno ed equilibrato, che è stato non soltanto accudito, ma anche rispettato in pieno in tutte le fasi della sua crescita.