Il mammifero marino più raro del mondo è un piccolo cetaceo, che abita il Golfo della California. Il suo nome è Phocoena sinus, ma i più lo conosceranno col nome di vaquita,che in spagnolo significa "piccola vacca". È una focena ed è anche fra le specie a maggior rischio estinzione del mondo. La sua intera popolazione mondiale conta infatti solo 9- 10 individui, tutti monitorati dagli scienziati.
Oltre alle piccole dimensioni, le sue caratteristiche principali sono l'avere un grande anello nero intorno agli occhi e delle macchie sul labbro, che ricordare un po' il trucco di un clown. Essendo una focena, la sua bocca inoltre non è molto lunga e la sua testa è quasi sferica. Il suo corpo invece sfiora una lunghezza di circa 150 cm, mentre il suo peso può variare a secondo del sesso, aggirandosi fra i 40 e i 50 kg.
La vaquita, il mammifero marino più raro del mondo
Questa specie abita il mare di Cortés, un tratto di mare che separa la penisola della California dal Messico continentale. La sua intera popolazione è circoscritta ad alcuni Stati messicani, come quelli della Bassa California, di Sonora e di Sinaloa. A differenza inoltre di altre focene, la vaquita dispone di pinne natatorie proporzionalmente più grandi e di un cranio più piccolo, con il rostro quasi assente.
Dal punto di vista ecologico, questa specie vive in lagune basse, situate lungo la costa, che gli permettono di aggirare il pericolo rappresentato dai predatori. Raramente infatti si avvista in acque più profonde di 30 metri, dove gli squali o altri cetacei, come le orche, possono cacciarla.
Non facilmente visibile quando emerge, questa specie è anche in grado di respirare senza smuovere di molto la superficie dell'acqua. Un comportamento che la rende molto meno appariscente degli altri cetacei, che riescono ad innalzare colonne di vapore e acqua, tramite lo sfiatatoio.
Il suo soffio, tuttavia, è molto potente e consente di individuare gli individui attraverso il suono. Per quanto inoltre venga considerato una specie sociale, i gruppi familiari di vaquita sono piccoli e possono contenere un massimo di 3-4 individui. Un tempo però vecchi marinari statunitensi hanno segnalato nei loro diari di bordo anche gruppi sociali formati fino ad un massimo di 8 individui. Numeri irrangiungibili al giorno d'oggi.
La dieta di questa focena include calamari, piccoli pesci e uova lasciate alla deriva, ma non è stata l'alimentazione ristretta a condurre questa specie a un passo dal definitivo tracollo. Sono ben altre le ragioni – ovviamente legate alle attività umane- che si nascondono dietro il declino di questa specie.
Perché la vaquita rischia l'estinzione?
A differenza di altre specie di cetacei, la vaquita non è a rischio estinzione per colpa della perdita dell'habitat o della caccia diretta. La sua popolazione infatti raramente è stata presa di mira in passato dai balenieri, non essendo praticamente conosciuta a livello internazionale fino al 1958, anno della sua scoperta. Essendo una specie molto piccola, la vaquita non avrebbe neanche consentito di ottenere molto olio, non disponendo di un "melone" (la parte del cranio in cui si accumulava questa sostanza) sufficientemente sviluppato.
Il suo costante declino si spiega principalmente con gli intrappolamenti accidentali all'interno delle reti da pesca usate in Messico per catturare una specie molto grande di pesce, il totoaba, noto alla scienza come Totoaba macdonaldi. Il CIRVA, la Commissione per il Recupero della Vaquita, nel 2000 arrivò alla conclusione che a cavallo fra i primi e gli ultimi anni Novanta rimasero uccisi in queste reti tra i 39 e gli 84 individui ogni anno, andando così a distruggere la già sensibile popolazione.
Allo scopo di impedire l'estinzione, il governo messicano cercò allora di collaborare con diversi biologi per creare una riserva naturale in grado di proteggere la specie, nella parte superiore del golfo della California e all'intero delta del fiume Colorado. Questa scelta non permise, tuttavia, alla popolazione di riprendersi, a causa delle morti accidentali che continuavano al di fuori dell'area protetta ma anche per l'utilizzo dei pesticidi clorinati, che da fiume Colorado raggiungevano il Golfo della California, inquinando l'acqua e causando diversi problemi di salute ai cetacei.
Tuttavia, secondo la genetista americana Jacqueline Robinson, che lavora all'Università della California, la situazione non sarebbe così drammatica. A differenza di molti altri esperti, che credono che questa specie non abbia più un futuro a causa dell‘inbreeding (la riproduzione incrociata fra consanguinei, che causa lo sviluppo di diverse patologie genetiche), la professoressa Robinson crede che «rispetto ad altre focene, la vaquita ha maggiori possibilità di riprendersi da un crollo demografico estremo senza subire gravi conseguenze genetiche dalla consanguineità. La sua diversità genetica infatti non è così bassa da costituire una minaccia per la loro persistenza. Riflette semplicemente la loro rarità naturale».
Cosa si può fare per salvarla?
Per permettere a questa specie di sopravvivere, recentemente il governo messicano ha deciso di inasprire le sanzioni ai pescatori che abbandonano le reti da pesca o che entrano all'interno delle aree protette. Già lo scorso giugno il capitano ufficiale della marina messicana, Juan Luis Miraflores, aveva affermato che erano stati posti 193 blocchi di cemento, a meno di un miglio l'uno dall'altro, davanti l'area marina protetta del Golfo della California, in modo tale che queste reti si strappassero una volta gettati in acqua, per pescare il totoaba.
Ciò che ha reso però più semplice il lavoro dei biologi marini è stato il divieto assoluto di pesca e di vendita di questo pesce, tramite l'inserimento nella prima appendice della CITES, che regola il commercio internazionale dei prodotti di origine animale e vegetale, che provengono da specie minacciate. Anche il totoaba, infatti, rischia seriamente di estinguersi a causa del sovrasfruttamento e della pesca eccessiva
A complemento di queste politiche internazionali, diverse associazioni fra cui Sea Shepard e Greenpeace hanno cominciato a pattugliare da diverso tempo le spiagge e le aree principalmente battute dai pescherecci, in modo tale da avvistare i trasgressori e segnalarli alle autorità competenti.