Si tratta forse del più importante dato a disposizione utile nella conservazione dello squalo mako (Isurus oxyrinchus) e dello squalo martello (Sphyrnidae sp.) che gli scienziati abbiano mai ottenuto nel corso degli ultimi venti anni. Il professor Shivji del Nova Southeastern University di Dania Beach, in Florida, e il professor Michael Stanhope della Cornell University, insieme ai loro collaboratori hanno ottenuto la prima sequenza completa del genoma di questi animali, dando uno sguardo indietro nella loro storia evolutiva fino a livello cromosomico.
Il loro lavoro è stato pubblicato sulla rivista iScience e il dato più importante che è possibile rilevare dalle prime informazioni messe a disposizione è che la sequenza ha segnalato che entrambe le popolazioni di squali hanno subito una sorte di collo di bottiglia evolutivo, passando da milioni di esemplari della preistoria a poche centinaia di migliaia di esemplari liberi attuali. Questo è stato provato anche da come la loro sequenza temporale del DNA indichi che le loro popolazioni siano diminuite a partire da 250.000 anni fa.
«Entrambi questi squali hanno sperimentato un precipitoso calo della dimensione effettiva della popolazione (definito come Ne) nelle ultime centinaia di migliaia di anni», affermano gli scienziati nel loro studio. «Mentre il mako pinna corta ha mostrato un grande Ne storico che potrebbe aver consentito la conservazione di una variazione genetica più elevata, i dati genomici suggeriscono un quadro forse più preoccupante per il grande squalo martello e la necessità di una valutazione con ulteriori individui».
Gli scienziati ritengono soprattutto che i grandi squali martello hanno una bassa variazione genetica che li rende molto meno resistenti all'adattamento ad un mondo così perennemente soggetto al cambiamento a causa dell'attività antropica e del cambiamento climatico. La specie inoltre mostra anche pericolosi segni di consanguineità, che possono ridurre di molto la capacità di sopravvivenza delle sue popolazioni.
«Il grande squalo martello è la più grande specie di squalo martello della famiglia Sphyrnidae raggiungendo una dimensione massima di circa 6 m. Ha una distribuzione mondiale, trovata nei mari costieri tropicali e temperati caldi» spiegano i ricercatori, descrivendo la specie. «Il suo stato di pericolo critico è dovuto principalmente alla pesca pesante per le sue grandi pinne, che sono molto apprezzate nel commercio di pinne di squalo».
La situazione dello squalo mako invece sarebbe molto diversa. Avrebbe mostrato una maggiore diversità e una consanguineità molto più limitata rispetto allo squalo martello, infondendo speranza all'interno dei piani in cui si dibattono i progetti di conservazione «Lo stato di pericolo del mako pinna corta è dovuto principalmente all'eccessiva pesca commerciale e sportiva».
Gli scienziati hanno acquisito e assemblato intere sequenze delle due specie di squali e hanno confrontato i loro genomi con le informazioni sul genoma disponibili per lo squalo balena, lo squalo bianco, lo squalo bambù dalla fascia marrone e il gattuccio torbido. Ovviamente assemblare i minuscoli frammenti di DNA delle diverse sequenze non è stato un progetto rapido e semplice e, sebbene gli esperti non conoscono esattamente gli effetti della consanguineità, negli studi effettuati su altri animali questa caratteristica ha mostrato che i tratti problematici possono insinuarsi nel tempo.
Il risultato più preoccupante di questo fenomeno è che spesso si riduce la sopravvivenza della specie. Ed il dato dello sovra sfruttamento degli squali per le loro pinne è forse ancora più preoccupante. Avere però l'intera sequenza di questi animali a disposizione permette agli scienziati di valutare attentamente il da farsi, nei vari progetti di conservazione.
«La nostra speranza è che le sequenze del genoma presentate qui forniscano una base per ulteriori ricerche di base e gestione genetica di questi predatori dell'apice marino in via di estinzione – concludono gli scienziati – Un difetto di questo studio è che avevamo a disposizione relativamente pochi trascrittomi tissutali e quindi era possibile un'annotazione del genoma non ottimale; tuttavia, è probabile che l'annotazione preliminare depositata sulla driade giovi ad altri ricercatori».