A dicembre 2022 un cucciolo di cinghiale è stato abbattuto dalle Forze dell’Ordine perché ferito. Un atto di giustizia sommaria che i volontari del rifugio Alma Libre, in provincia di Lucca, hanno cercato di impedire in ogni modo, senza successo.
Oggi i volontari stanno pagando il loro gesto con una denuncia che conta, in alcuni casi, 5 capi d'accusa, come racconta a Kodami Barbara Bertuccelli, proprietaria del rifugio: «Sono indagata per 5 reati, tra cui: resistenza e minaccia a pubblico ufficiale, diffamazione aggravata e istigazione a delinquere. Io contesto tutto. I video dimostrano che non ho aggredito nessuno, ho solo implorato che non venisse ucciso il cinghiale, è stata una resistenza strenua ma pacifica».
Nei video inviati alla redazione di Kodami a dicembre si vede Barbara cercare di fermare l'agente armato di fucile e implorarlo di lasciarle portare il cucciolo nella sua struttura: «Non lo ammazzare, per favore. Lo cureremo, può essere curato nel nostro rifugio».
Un appello rimasto inascoltato: il Carabiniere ha imbracciato il fucile e fatto fuoco contro il cinghiale ferito, uccidendolo. Nello sgomento generale Bertuccelli è svenuta ed è stata portata via in ambulanza. A due mesi da quei tragici momenti è arrivata la notifica della Procura di Lucca per Bertuccelli e altri volontari presenti sul posto.
«Non smetterò di battermi pacificamente in difesa degli animali – sottolinea l'attivista – Per fermarmi dovranno solo spezzarmi, e non ci riusciranno in questo modo. Non ho paura, la mia volontà è di arrivare a processo, e davanti al giudice voglio rappresentare tutte le attiviste e i militanti che si adoperano quotidianamente, e pacificamente, perché le cose cambino. Quello che sta avvenendo nei confronti dei cinghiali è un vero e proprio massacro legalizzato».
Il rifugio Alma Libre accoglie maiali, capre, galline e altri animali vittime di sfruttamento o reduci dagli allevamenti. La normativa vigente, però, non riconosce pienamente queste strutture come si fa per quelle che si occupano cani e gatti. Rifugi e santuari per la legge sono considerati alla stregua di allevamenti, un vuoto imponente nell'ordinamento italiano emerso con forza a seguito della vicenda della Sfattoria degli Ultimi, il rifugio alle porte di Roma colpito da una notifica di abbattimento per le centinaia di suidi presenti al suo interno.
Per fare fronte all'epidemia di peste suina africana che si sta espandendo in tutta Italia, è stata istituita una struttura d'emergenza al cui vertice è stato posto il commissario Angelo Ferrari, il quale tramite decreto ha suddiviso l'Italia in zone di contenimento con restrizioni crescenti. In questa suddivisione valida ancora oggi, i suidi presenti le zone rosse, dette zone infette, devono essere abbattuti.
A ottobre 2022, al termine di una travagliata vicenda politica e giudiziaria che ha visto coinvolti i giudici del Tar del Lazio e il commissario straordinario alla Peste suina africana, Ferrari, il rifugio ha vinto il ricorso, salvando tutti i suidi. Sentita da Kodami, la proprietaria Paola Samaritani aveva però ridimensionato subito l'entusiasmo generale: «È solo il primo passo per poter avere giustizia per umani e animali. Non basta aver salvato i nostri animali, dobbiamo salvare tutti quelli che ancora rischiano la vita. Basta morte, vogliamo la vita».
La Sfattoria è rientrata nella zona rossa quando è stato trovato un cinghiale malato nel Parco dell'Insugherata a Roma, ma la provincia di Lucca, dove si trova Alma Libre, non è mai risultata infetta. Una contraddizione sottolineata anche da Bertuccelli:«Non era zona rossa, non lo siamo mai stati. Questa denuncia, all'interno di un simile contesto storico rappresenta un atto di intimidazione per fermare le persone dal compiere qualsiasi azione, anche pacifica, in favore dei cinghiali. Siamo in un clima di guerra, e la denuncia lo dimostra, per questo spero che il processo porti luce su quanto sta accadendo».
L'attivista, oltre a rigettare le accuse mosse dalla Procura lucchese, chiede a sua volta di chiarire alcuni punti: «Il cucciolo di cinghiale è stato abbattuto con ben 4 colpi di fucile, un numero sproporzionato considerato che l'animale era ferito. Inoltre, l'agente ha agito senza mettere in sicurezza l'area, sparando a pochi passi da noi e da eventuali passanti. Dicono di aver agito a causa del pericolo alla pubblica sicurezza, ma si trattava solo un cucciolo. Non hanno mai reso noti i risultati dell'esame autoptico, sempre che sia stato eseguito».
Al momento la vicenda è ancora alla fase delle indagini preliminari, ma la possibilità che Bertuccelli venga rinviata a giudizio e vado a processo è elevata anche perché per Bertuccelli non si tratta del suo primo confronto con la giustizia: «Ho due condanne definitive per aver interrotto battuta di caccia al cinghiale e una di pesca. Inoltre, ho una denuncia in corso da parte della Digos di Torino per l'occupazione di un mattatoio. Sommando tutto questo il rischio complessivo potrebbe essere pesante».
Una eventualità che però non spaventa Bertuccelli: «Non mi aspettavo questa denuncia, perché arrivare a denunciare persona che ha fatto resistenza passiva per salvare una vita è aberrante. Ma non sono sola, non mi sento sola».