Un nuovo virus minaccia le popolazioni suine europee: si tratta di un circovirus di tipo 2e (PCV-2e) ed è la sua prima segnalazione sul continente. La scoperta è stata possibile tramite la collaborazione tra l'Istituto Zooprofilattico Sperimentale delle Venezie (IZSVe) ed il Dipartimento di medicina animale, produzioni e salute dell’Università di Padova.
La nuova variante era stata segnalata solo in Asia e Nord America, prima di essere isolata da campioni prelevati in un allevamento veneto. È importante specificare tuttavia che gli individui positivi rilevati sono al momento asintomatici. I risultati della collaborazione tra i due istituti sono stati pubblicati sulla rivista The Veterinary Journal.
Un nuova nuova infezione virale suina "silente"
Non bastava la recente epidemia di peste suina africana a preoccupare gli allevatori italiani. Le infezioni da circovirus suino 2 (PCV-2) sono tra le più importanti dal punto di vista economico nell'allevamento suino. Isolato per la prima volta nel 1997, PCV-2 è un virus a DNA circolare a filamento singolo, con un genoma di circa 1.7 kb, che mostra una grande variabilità genetica a causa del suo alto tasso evolutivo, e finora sono stati descritti otto differenti ceppi.
Questo patogeno infetta un'ampia varietà di cellule inclusi epatociti, cardiomiociti e macrofagi e porta ad una condizione detta malattia circovirale del suino (PCVD) che nel tempo si traduce in un significativo esaurimento dei linfociti. L'esame post mortem di animali malati rivela linfonodi ingrossati e tessuto polmonare anormale. Altri sintomi includono la progressiva perdita delle condizioni fisiche, difficoltà respiratorie e talvolta diarrea e ittero. Tuttavia, l'infezione virale di per sé tende a causare solo una malattia lieve e lo sviluppo di malattie gravi sembra interessare solo gli individui affetti da più patologie.
Difficile non notare somiglianze con l'ormai "familiare" coronavirus, e le similitudini non si fermano qui. Sebbene esistano già alcuni vaccini efficaci, l’elevata variabilità del virus rischia di renderli obsoleti, aumentando quindi l’interesse degli allevatori per l’identificazione del genotipo virale circolante nelle loro aziende.
Gli scienziati hanno comunque specificato che gli animali analizzati in Veneto non mostrano evidenza clinica della malattia, cioè sono asintomatici, con bassa frequenza e carica virale. Una scoperta accidentale, insomma, che tuttavia sottolinea la necessità di attività di monitoraggio di routine più intense degli animali, insieme al sequenziamento del DNA e alla condivisione dei dati.
I ricercatori dei due istituti raccomandano quindi di alzare la soglia di attenzione sulla possibile circolazione di questo virus in Italia e in Europa, non potendo escludere una sua più vasta diffusione.