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18 Dicembre 2023
13:35

Possiamo imparare dalle foche come resistono al freddo per combattere il riscaldamento globale

Le foche presentano diversi piccoli segreti che gli consentono di sopravvivere a lungo nell'acqua gelata o di riposarsi sopra una calotta di ghiaccio, mantenendo il calore e l'umidità necessaria per svolgere i normali processi metabolici di un organismo.

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Le foche sono fra i mammiferi che resistono meglio alle basse temperature e il loro segreto si nasconde dietro a molteplici adattamenti che solo recentemente sono stati analizzati e approfonditi dall'occhio attento di alcuni ricercatori internazionali.

Signe Kjelstrup dell'Università norvegese di scienza e tecnologia di Trondheim, uno dei principali centri di ricerca artica che esiste nel mondo, insieme ad altri autori dello studio uscito su Biophysical Journal,  ha analizzato le principali mutazioni che hanno concesso a questi animali di stare per molto tempo in acqua o anche solo gli iceberg alla deriva, mentre l'ambiente circostante risulta molto freddo. Gli scienziati hanno scoperto che le ossa della cavità nasale delle foche, ad esempio, presentano "passaggi" più complessi rispetto alle specie che vivono in ambienti più miti.

Non è la prima volta in realtà che gli scienziati sottolineano l'importanza del naso nel mantenimento dell'umidità e della temperatura interna per molte specie. Basti pensare che anche gli esseri umani godono di questa particolare proprietà del naso che si è adattato per reagire alle differenti tipologie di clima. Grazie alla conformazione di questo particolare organo le foche artiche perdono meno calore attraverso lo scambio termico rispetto alle foche subtropicali se esposte alle stesse condizioni.

«La cosa sorprendente è che le foche artiche trattengono anche il 94% del vapore acqueo quando inspirano ed espirano – ha chiarito Kjelstrup – Ciò significa che la maggior parte dell'acqua aggiunta all'aria durante l'inspirazione viene poi recuperata durante l'espirazione: un processo davvero molto raro in natura».

Questo adattamento è davvero molto importante, visto che consente loro di non perdere umidità con la respirazione in uno dei climi più secchi del pianeta. Dal punto di vista ecologico infatti i grandi ghiacciai dell'Artide e delle coste della Scandinavia sono molto simili ai grandi deserti dove gli animali devono lottare costantemente con il clima secco per effettuare un'adeguata respirazione.

Come fanno però le foche a respirare così efficacemente, mentre conservano calore? Gli scienziati spiegano che la maggior parte dei mammiferi dispone di alcune ossa complesse chiamate maxilloturbinati all'interno delle cavità nasali che aiutano a ridurre al minimo la perdita di umidità e di calore dal corpo.

Dal punto di vista bioingegneristico, i maxilloturbinati sono solo dei degli ossi porosi, ricoperti da uno strato riccamente vascolarizzato di tessuti mucosi che riscaldano e umidificano l'aria inalata e permettono di migliorare la funzione e la capacità polmonare, riducendo la quantità di calore e umidità che solitamente vengono persi di seguito ad una profonda espirazione. Ciò quindi permette alle foche di consumare meno energie per respirare e riscaldarsi, oltre a rimanere energeticamente efficienti sia durante la caccia ai pesci che quando devono nuotare velocemente lontano dagli orsi polari.

Per compiere questa ricerca, i ricercatori hanno utilizzato la tomografia computerizzata per realizzare scansioni 3D del cranio di due foche: una che vive nelle regioni artiche, la foca barbuta (Erignathus barbatus), e una specie che vive nelle regioni subtropicali, come la nostrana foca monaca mediterranea (Monachus monachus). Dopo di ciò, hanno utilizzato i modelli tridimensionali per confrontare le differenti prestazioni di dissipazione del calore e nell'inumidire l'aria durante la respirazione, osservando così quali erano le parti anatomiche del cranio che rendevano le foche artiche meglio adattate al freddo. E nello specifico, i ricercatori hanno dimostrato che è l’aumento del perimetro dei maxilloturbinati a rendere la foca barbuta così efficiente nel trattenere il calore.

In futuro, i ricercatori hanno intenzione di studiare le stesse strutture nasali anche in altre specie, così da verificare se la variabilità di conformazione dei maxilloturbinati fornisca vantaggi evolutivi differenti in ​​altri ambienti. «Il cammello, ad esempio, non ha bisogno di risparmiare molte energie per trattenere il calore ma ha bisogno di risparmiare sull'acqua, quindi si potrebbe ipotizzare che potrebbe disporre di maxilloturbinati in grado di lavorare in maniera simile a quelli della foca – ha concluso Kjelstrup – Se la natura riesce a creare degli scambiatori di calore così grandi ed efficienti, penso che dovremmo copiarli in ingegneria per creare componentistiche più efficienti, da applicare all'interno dei nostri condizionatori d'aria».

Questa ricerca quindi non si limita solo a studiare la fisiologia e il metabolismo di alcune specie particolari che vivono in condizioni di vita proibitive ma cerca di fornire anche degli esempi utili nel contrastare il cambiamento climatico: condizionatori d'aria più efficienti infatti consentirebbero alle famiglie di buona parte del mondo di consumare meno energia per riscaldare o raffreddare le loro abitazioni.

Bibliografia
Sono laureato in Scienze Naturali e in Biologia e Biodiversità Ambientale, con due tesi su argomenti ornitologici. Sono un grande appassionato di escursionismo e di scienze e per questo ho deciso di frequentare un master in comunicazione scientifica. La scrittura è la mia più grande passione.
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