La “carne di pollo” è tra i prodotti di origine animale più consumati a livello mondiale e, nei Paesi più ricchi, è prodotta quasi totalmente tramite l’allevamento intensivo. La stragrande maggioranza delle persone che consumano pollo non sa però nulla rispetto a chi sono e come sono allevati gli animali. Anzi, i consumatori sono spesso ingannati da immagini e slogan di marketing.
I polli allevati per la produzione di carne sono i broiler, i tipici polli bianchi dalla cresta rossa e pelle gialla, originati dall’incrocio di più razze con il fine di soddisfare la richiesta di consumo ad un prezzo basso. La spinta genetica e i metodi d’allevamento li condannano a una breve vita di sofferenza.
Entriamo nel dettaglio di chi sono i broiler e in cosa consiste il loro ciclo produttivo.
Chi sono i polli broiler
Broiler è il nome tecnico attribuito al Gallus gallus domesticus, comunemente chiamato pollo, allevato esclusivamente per la produzione intensiva di carne. Questo ibrido commerciale nasce da una selezione genetica fatta dall’uomo e data dall’incrocio di più razze la cui finalità è quella di creare animali ad alto rendimento e alta conversione alimento/carne. Ciò vuol dire che questi animali sono stati creati per accumulare la maggior quantità di massa muscolare nel tempo più breve possibile, massa muscolare che si trasformerà in carne a seguito della macellazione.
La creazione della varietà broiler è iniziata negli anni 30 negli Stati Uniti a seguito della sempre crescente richiesta di consumo di carne di pollo ed è stata messa a punto negli anni 60 con lo scopo di ottenere animali a rapido accrescimento che potessero soddisfare tale richiesta. Nell’arco della sua storia la spinta genetica dei broiler ha fatto in modo che il tasso di crescita degli animali aumentasse del 400%. Un animale “normale” peserebbe circa 1,2 kg a circa 4 mesi d’età, i broiler invece arrivano a pesare quasi 3 kg in circa 50 giorni di vita. A un mese d’età hanno già le sembianze di un animale adulto ma non sono altro che dei giganti pulcini, intrappolati in un corpo smisuratamente cresciuto, che può essere la causa di grande sofferenza e della loro morte.
La creazione di questa tipologia di animali e l’industrializzazione delle tecniche di allevamento hanno quindi fatto sì che il prezzo della carne di pollo potesse diminuire ed il consumo aumentare a dismisura, creando però gravissime questioni legate al benessere e alla salute degli animali.
Come viene allevato e quanto vive un pollo broiler
I boiler sono allevati in grandi capannoni sovraffollati, che ne possono contenere oltre diecimila ed hanno una vita di circa 7 settimane. Ma vediamo nel dettaglio la vita di questi animali partendo dalle primissime fasi, ancor anteriori alla nascita.
I pulcini dei broiler nascono negli incubatoi industriali, delle strutture adibite all’incubazione e alla schiusa di migliaia di uova. Uova generate dall’inseminazione artificiale dei riproduttori. Il primo giorno di vita i pulcini sono movimentati su nastri trasportatori per essere immediatamente vaccinati e deposti in casse che saranno trasportate verso i capannoni destinati all’allevamento intensivo. Molti pulcini non riescono a superare questa prima fase a causa di cadute o schiacciamento.
I pulcini si trovano quindi nel capannone dove verranno alimentati con mangimi altamente energetici tramite mangiatoie automatiche direttamente collegate ai silos esterni ai capannoni. I capannoni, oltre all’alimentazione e l’abbeveraggio automatizzati, sono caratterizzati da ventilazione e illuminazione forzate. Gli animali non vedono mai la luce del sole e il ciclo luce/buio è stabilito per poter spingere il più possibile la crescita degli individui. Gli animali sono quindi esposti a una quantità di luce artificiale in qualità e quantità.
La lettiera, termine utilizzato per definire il pavimento dove appoggiano gli animali, non viene cambiata durante tutto il ciclo produttivo, il ché significa un accumulo continuo di escrementi, che nell’arco delle settimane è causa della produzione di livelli altissimi di ammoniaca. Motivo per cui l’aria nei capannoni è quasi irrespirabile.
Con il passare dei giorni, gli animali iniziano ad accumulare una quantità di massa muscolare sproporzionata alla loro età ed iniziano a fare fatica a muoversi. Iniziano così i più gravi problemi di salute. Molti animali si accasciano a terra senza potersi più alzare a causa del fenomeno definito “splay leg”, ovvero della caduta a terra causata dall’enorme peso con la divaricazione delle gambe che fa sì che non si possano più rialzare. Molti animali sviluppano ulcere alle zampe dovute al contatto con la lettiera e l’alto tasso di ammoniaca. La maggior parte sono deplumati, proprio a causa alle scarse condizioni ambientali.
Gli animali più deboli o che sono cresciuti meno del dovuto non raggiungono le mangiatoie e gli abbeveratoi, essendo destinati quindi a morte certa.
Altri problemi di salute di questi animali, legati alle caratteristiche del loro corpo e alla tipologia di allevamento, sono:
- problemi respiratori;
- problemi oculari;
- problemi cardiocircolatori;
- lesioni cutanee.
Il capannone si trasforma quindi in un campo di battaglia alla sopravvivenza, con davvero tanti caduti.
A causa della meccanizzazione del processo, il personale umano che lavora in questi ambienti è davvero ridotto e si occupa principalmente della manutenzione delle macchine e alla raccolta periodica dei cadaveri.
L’ultima fase della produzione è la raccolta degli animali che sono arrivati a fine ciclo per essere caricati nei camion di trasporto, destinazione macello. La raccolta può avvenire manualmente o tramite macchine, delle specie di ruspe. Terrore emotivo e dolore fisico sono le parole chiave di questa fase.
Una volta arrivati al macello e scaricati gli animali sono appesi dalle zampe a testa già nelle classiche “catene di smontaggio” che sono queste strutture.
Il loro stordimento avviene tramite conduzione elettrica. Gli animali passano sopra vasche d’acqua elettrizzate dove le loro teste vengono immerse. L’elettricità attraverserà quindi il loro corpo, causandone la perdita di sensi. Purtroppo però può capitare che alcuni animali non restino completamente storditi, passando quindi alla fase successiva ancora con coscienza e capacità di sentire dolore.
Da lì in poi, le fasi finali della macellazione fino alla trasformazione in carne. L’incubo è finito: ecco che sono diventati nel nostro piatto quel bel petto e quelle carnose cosce di pollo.
La normativa in materia
L’allevamento intensivo dei polli è normato in Italia dal Decreto Legislativo 27 settembre 2010, numero 181 “che stabilisce norme minime per la protezione di polli allevati per la produzione di carne”, in attuazione della Direttiva 2007/43/CE.
Queste normative riguardano solo gli allevamenti di tipo intensivo, non contemplando quindi:
- gli stabilimenti con meno di 500 polli;
- gli stabilimenti in cui sono allevati esclusivamente polli da riproduzione;
- gli incubatoi;
- i polli allevati estensivamente al coperto e all'aperto;
- i polli allevati con metodi biologici.
I distinti punti normati sono quindi:
- la densità massima. Questa deve essere di 39 kg/m2. Densità che è comunque consentito aumentare in derogabile. Se ci pensiamo è davvero una densità spaventosa se consideriamo l’ottimizzazione degli spazi e quindi il facile raggiungimento della soglia, stiamo parlando di circa 10 polli per metro quadrato a fine ciclo produttivo;
- formazione del personale;
- ispezioni;
- guide alle pratiche di gestione;
- norme applicabili agli stabilimenti, come per gli abbeveratoi e le mangiatoie, la ventilazione e l’illuminazione, il mangime, eccetera;
- monitoraggio e controlli presso il macello;
- sanzioni.