Con le sue 450 milioni di tonnellate prodotte ogni anno la plastica è la principale responsabile dell'inquinamento dei mari e dei danni ad oltre 700 specie animali, tra cui pesci e uccelli marini. Nonostante ciò la plastic tax ha incassato un nuovo rinvio da parte del governo italiano, l'ennesimo.
La plastic tax colpisce i manufatti in plastica con singolo impiego, noti come Macsi, cioè gli imballaggi monouso usati per confezionare la gran parte dei prodotti presenti nei supermercati. La tassa venne introdotta nella legge di Bilancio 2020 su iniziativa dell'allora ministro della transizione ecologica Sergio Costa, e sarebbe dovuta entrare in vigore dal 1 gennaio 2022 allo scopo di favorire la conversione ecologica delle industrie che utilizzano questi prodotti.
La gran parte delle plastiche utilizzate in campo agroalimentare, e non solo, viene smaltita in mare, causando gravi danni agli ecosistemi marini. La denuncia del nuovo ritardo nell'applicazione della plastic tax è arrivata dall'associazione Marevivo che ha sottolineato come l'inquinamento da plastica sia «una emergenza planetaria» ma non venga trattata come tale dal mondo della politica.
La legge di Bilancio 2022 è stata approvata con molte sorprese, non ultima proprio la posticipazione della tassa sulla plastica degli imballaggi monouso, che prevede per le aziende una aliquota pari a 0,45 euro per chilogrammo di plastica.
Il provvedimento, nato per scoraggiare l'uso massivo di questo materiale da parte delle industrie, non vedrà la luce in tempi brevi, con grave danno per l'ecosistema marino e la salute di tutte le specie che vivono a contatto con esso, esseri umani compresi.
L'impatto della plastica sugli animali
La protezione degli ecosistemi marini dallo sfruttamento industriale è un tema caldissimo in Italia e in Europa. Secondo lo studio pubblicato sulla rivista Science e redatto dagli esperti di The Pew Charitable Trusts, ong no profit statunitense, se i governi non prenderanno provvedimenti entro il 2040 finiranno nell'ambiente 1,3 miliardi di tonnellate di plastica.
Il danno se questo dovesse accadere sarebbe incalcolabile sia per specie marine come le tartarughe caretta caretta che ogni anni muoiono per l'ingestione di manufatti in plastica che per gli esseri umani, come ha sottolineato anche da Rosalba Giugni, presidente di Marevivo: «Recenti studi scientifici mostrano come la plastica entri nell'atmosfera e arrivi sulla terra nelle precipitazioni piovose e nevose, rappresentando una minaccia per l'ambiente e la salute umana».
«Non ci basta sapere che l'equivalente di un camion di rifiuti finisce in mare ogni minuto? – evidenzia Giugni – Non ci basta assistere alla morte di milioni di animali e all'impoverimento degli ecosistemi e riscontrare che la plastica è nel cibo degli alimenti che mangiamo, nell'acqua che beviamo, nell'aria che respiriamo, nel sale che usiamo? Non ci basta aver trovato microplastiche perfino nei tessuti della placenta delle donne?».
L'uomo, già responsabile della sesta estinzione di massa, starebbe arrecando un danno significativo alla sua stessa specie, in nome del profitto di pochi. Addirittura, un nuovo commento recentemente pubblicato sulla rivista Nature svela che sulle enormi isole fatte di plastica e rifiuti si sono sviluppati ecosistemi che permettono la sopravvivenza di piante e animali costieri anche in mare aperto.
In questo fenomeno, il ruolo dell'Italia non è secondario. Marevivo ha stimato che il nostro Paese «nel 2018 ha prodotto 2,3 milioni di tonnellate di rifiuti d'imballaggio di plastica, il 44,6% delle quali sono state destinate al riciclo, rappresentando il secondo Paese consumatore di plastica a livello europeo. Quella degli imballaggi è la prima fonte d'impiego delle materie plastiche: un primato pericoloso, dal momento che per la produzione di un kg di plastica vengono emessi quasi 2 kg di CO2 in atmosfera e che ogni anno finiscono in mare circa 570 mila tonnellate di plastica».
Lo stravolgimento degli ecosistemi marini tocca da vicino l'Italia ma forse non abbastanza le istituzioni che dovrebbero difendere quelle coste e fondali.
Plastic tax: una richiesta europea
La querelle italiana legata alla plastic tax inizia fin dalla sua introduzione nella legge di Bilancio 2020 durante il governo Conte II. Da quel momento la sua effettiva applicazione è però stata rimandata di anno in anno, l'ultima proprio pochi giorni fa.
Il mancato gettito dovuto al ritardo nell'introduzione della plastic tax e della sugar tax sarà coperto nel bilancio italiano da 650 milioni di euro. Un "rammendo" per dare ancora più tempo alle aziende colpite dalla tassa di convertire la produzione.
Si dovrà attendere quindi ancora per vedere realizzate le disposizioni contenute nella Direttiva Europea 2019/904/UE; un tempo di cui forse l'Italia e il mondo intero non dispongono, come hanno sottolineato gli stessi leader mondiali durante gli appuntamenti del G20 e della Cop26.
Un mondo senza animali, marini e non, a causa dell'avarizia dell'uomo e dello sfruttamento delle risorse da parte delle industriale è lo scenario al centro di un video presentato alla Cop26, ma a tre mesi di distanza dal summit internazionale non sono ancora state predisposte iniziative efficaci a scongiurarlo.
Il parziale fallimento della strategia europea per l'ambiente e il clima era stato riconosciuto dal segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres che ha dichiarato come l'accordo di Glasgow fosse un «passo importante, ma non basta».
Di parere diverso il successore di Costa al dicastero della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, che all'indomani di Glasgow disse: «Non è un compromesso annacquato», sottolineando come nella realpolitik, anche quando si parla di emergenza climatica e ambientale, non si possano evitare una buona dose di diplomazia e compromesso.
Un compromesso che è stato riproposto proprio in occasione della plastic tax.
La reazione di ambientalisti e industrie
Sono molti i commenti negativi suscitati dal passo indietro del governo nella legge di Bilancio. Anche nel mondo della politica in seno alla maggioranza di Draghi. In tal senso il commento più duro è arrivato già durante la predisposizione della Manovra da Roberta Lombardi, assessore della Regione Lazio: «Poteva essere l’opportunità preziosa per concretizzare finalmente questo fondamentale scatto in avanti per la Transizione Ecologica del nostro Paese, così come indicatoci dall’Unione Europea, e invece si è tradotta in una nuova occasione persa».
Tuttavia, nel coro degli scontenti c'è anche chi esulta. È il caso del presidente di Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, Giorgio Mercuri, che giudica positivamente «la decisione di rinviare l'entrata in vigore sia della plastic tax, sia della sugar tax, due tasse inique per il nostro settore».
Quello dell'agroalimentare è infatti tra i comparti che utilizzano di più gli imballaggi in plastica monouso, basti pensare alle confezioni di verdure già tagliate o lavate, molto presenti su tutti gli scaffali della Grande distribuzione organizzata.
«Con il rinvio della plastic tax nazionale – commenta Marevivo – si continuerà a coprire un costo legato al settore della plastica (il gettito della plastic tax europea) con fondi pubblici del budget nazionale, senza incentivare la filiera della produzione a una transizione verso un'economia più circolare».
Una transizione più volte auspicata con le parole, ma che, a giudicare dall'agenda italiana, stenta ad arrivare.