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19 Giugno 2022
12:22

Peste suina, l’associazione Vita da Cani: «Non abbattete i cinghiali del fiume Bisagno»

L’associazione Vita da Cani della Rete dei santuari di animali liberi, si oppone all’operazione di sterminio dei cinghiali nella zona considerata rossa dal Comune di Genova per la peste suina in Liguria. L'abbattimento degli ungulati è, infatti, una delle misure ritenute urgenti per arginare il virus nella Regione.

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«Chiediamo al Ministro della Salute e al Commissario straordinario per la Peste suina africana, la deroga all'abbattimento dei cinghiali che vivono nel torrente Bisagno e in tutti i torrenti genovesi, come già fatto per i maiali e i cinghiali dei rifugi».

L’associazione Vita da Cani della Rete dei santuari di animali liberi, si oppone all’operazione di sterminio dei cinghiali nella zona considerata rossa dal Comune di Genova per la peste suina africana in Liguria. L’abbattimento degli ungulati è, infatti, una delle misure ritenute urgenti per arginare il virus nella Regione.

Un’azione insensata visto che i cinghiali che vivono nel greto del torrente, dice la presidente dell’associazione Sara D’Angelo, «sono tutti sani, nessuno ha contratto il virus e in più da anni socializzano con le persone».

«Come gli animali dei rifugi» prosegue la presidente, «anche i cinghiali del Bisagno vivono in un'area di fatto chiusa e sono stanziali. Inoltre, ormai, da sempre socializzano con l'uomo, non diversamente da quanto succede ai gatti accuditi nelle colonie feline o ai nostri animali nei rifugi. Per questo non possono più essere definiti selvatici. E, per questo, non solo chiediamo anche per loro la deroga all'abbattimento, ma chiediamo anche la possibilità di censirli come “non destinati alla produzione alimentare”».

Infine, D’Angelo, ci tiene anche a fare una precisazione sui casi di salmonella rinvenuti: «Non hanno niente a che vedere con la peste suina, ma sono certamente legati all'inquinamento delle acque».

Non solo l’associazione Vita da Cani, ma molte associazioni animaliste liguri sono contrarie all’abbattimento, una misura ritenuta del tutto priva di ragioni, visto che gli esemplari presenti sul greto del fiume genovese, non hanno la peste suina.

Inoltre, sostengono, essendo impensabile riuscire a eliminare in breve tempo il 90% della popolazione dei cinghiali nella zona infetta a cavallo tra Liguria e Piemonte, sterminare quelli nel Bisagno non avrebbe alcun senso.

Del resto, sottolineano le associazioni, non sono certo i cinghiali a usare il Bisagno come discarica a cielo aperto. Ma bensì gli esseri umani. E attribuire ai cinghiali le colpe umane è molto comodo, ma anche molto sbagliato.

Le richieste da parte di chi difende a spada tratta gli ungulati, è di non scegliere la strada più facile, ma non veramente risolutiva ed efficace. Ma al contrario, pensare ad attivare vere e proprie opere di prevenzione a lungo termine.

Tra queste, viene consigliata in primis, una diversa gestione della raccolta dei rifiuti, fondamentale affinché i cinghiali non trovino più cibo sparso, quindi con cassonetti a prova di rovesciamento, per esempio. Ma, naturalmente, anche adeguate recinzioni che proteggano meglio parchi e giardini pubblici, chiusure mobili dei varchi di accesso ai torrenti (Bisagno e non solo).

Molto importante anche, realizzare delle zone lasciate incolte per far sì che i cinghiali restino nel loro ambiente, evitando che si avvicinino ai centri urbani alla ricerca di cibo. E, infine, ma non per importanza, iniziare la sperimentazione del vaccino anticoncezionale GonaCon.

Per quanto riguarda sempre i vaccini, buone notizie arrivano dal Vietnam:  il 1° giugno Hanoi ha annunciato di avere sviluppato con successo un vaccino da somministrare ai maiali per combattere la Peste suina africana. E, ora c’è l’intenzione di produrre il vaccino e di commercializzarlo nei vari paesi interessati.

Secondo il vice ministro dell’agricoltura Phung Duc Tien si tratta di una «scoperta  fondamentale per l’industria veterinaria». Secondo le prime notizie diffuse, infatti, l’immunità garantita dal vaccino avrebbe una durata di sei mesi e potrebbe diventare un vero e proprio scudo sia per l’industria dell’allevamento di maiali che per la produzione di suini a livello globale.

La sicurezza e l'efficacia sono state confermate dall’Agricultural Research Service del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti. Ancora, però, non sono stati forniti tempi per l’esportazione o una stima della capacità di produzione da parte del Vietnam.

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Simona Sirianni
Giornalista
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