Dopo il caso accertato di Peste suina africana su un cinghiale ritrovato morto a Ovada e nell’attesa dell’ordinanza ministeriale che dovrebbe arrivare in questi giorni e che stabilirà nel dettaglio l’elenco dei Comuni compresi nella zona infetta e le misure straordinarie da attuare per limitare la diffusione della malattia, la Regione Piemonte si è portata avanti e, attraverso l’Asl di Alessandria, ha chiesto ai sindaci dei Comuni interessati di vietare sul loro territorio l’esercizio venatorio a tutte le specie.
Inoltre, ha ribadito la necessità di rafforzare al massimo la sorveglianza nei confronti dei cinghiali e dei suini da allevamento e di innalzare al livello massimo di allerta la vigilanza sulle misure di biosicurezza nel settore domestico, con particolare riguardo a tutte le operazioni di trasporto e di movimentazione degli animali.
Per quanto riguarda la definizione dei confini della zona infetta, verranno tenute in considerazione la continuità di areale di distribuzione del cinghiale e la presenza di barriere naturali o artificiali che possano ridurre il contatto tra popolazione di cinghiale infetta e indenne.
L’assessore regionale alla Sanità Luigi, Genesio Icardi, ha osservato «come nel caso della pandemia, anche l’emergenza della Peste suina africana vada affrontata con la collaborazione di tutti» e proprio per questo ha rassicurato gli operatori del settore che «la Sanità del Piemonte sarà al loro fianco per impedire la circolazione del virus e proteggere gli allevamenti suinicoli».
Naturalmente i confronti con il Ministero sono continui e costanti e a brevissimo saranno comunicati i dati ufficiali che riguardano le zone coinvolte per definire meglio le azioni da intraprendere coinvolgendo anche i Comuni, le Province e gli Ambiti territoriali di caccia e le Aziende venatorie.
Secondo il presidente della Regione Alberto Cirio però «è fondamentale che le istituzioni riprendano definitivamente in mano la legge 157/92 (che detta le norme generali per la protezione della fauna selvatica e per la disciplina della caccia in Italia) per adeguarla alle esigenze attuali con una riforma radicale della legge sulla fauna selvatica».
«L’intensificarsi dei casi di Peste suina africana in tutta Europa – aggiunge Cirio – deve aumentare l’attenzione delle istituzioni a ogni livello, anche dell'Unione Europea, per tutelare le produzioni zootecniche e l'economia delle nostre aziende, attivando decisioni urgenti che mettano in condizione le Regioni di poter operare su questa annosa criticità».
La peste suina africana in Italia
La peste suina africana non è la prima volta che arriva in Italia. Infatti, se la parte continentale è stata risparmiata, tanto che l’ultima epidemia di vaste proporzioni si verificò alla fine degli anni Sessanta, quando il virus arrivò a Fiumicino e decimò il patrimonio suinico nazionale, in Sardegna, invece, c’è proprio un focolaio endemico, ma diverso da quello ritrovato in Piemonte, perché con un biotipo tipico del territorio sardo.
La malattia non rientra tra le zoonosi e quindi il rischio è tutto per gli animali, visto che una volta contagiati dal virus devono essere necessariamente abbattuti. Ora starà alle istituzioni nazionali ed europee mettere a punto misure che possano salvare la vita alle migliaia di individui a rischio in Piemonte ed evitare di compromettere le popolazioni sane del resto d'Italia.