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9 Giugno 2022
18:58

Peste suina africana, nel Lazio primi due casi in un allevamento di maiali

L'assessore regionale alla Sanità del Lazio, Alessio D'Amato, ha confermato che due maiali infetti sono stati trovati in un «piccolo allevamento della zona perimetrata». Tutti gli animali saranno abbattuti.

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Primi due casi di peste suina africana anche tra i maiali di un allevamento nel Lazio. La notizia è arrivata giovedì 9 giugno dall’assessore regionale alla Sanità, Alessio D’Amato, che ha confermato che «due casi di peste suina provocata dai cinghiali» sono stati registrati «in un piccolo allevamento della zona perimetrata», e dunque nella zona rossa.

A fornire i dati è stato l’Istituto Zooprofilattico del Lazio e della Toscana, incaricato di analizzare praticamente in tempo reale tutti i cadaveri di suidi morti in circostanza sospette. La conferma comporta quindi l’abbattimento di tutti i maiali presenti all’interno dell’allevamento, così come previsto dall’ordinanza del commissario straordinario per l’emergenza peste suina, Angelo Ferrari. A occuparsene saranno i servizi veterinari della Asl: «È in corso la riunione della task-force», ha confermato D’Amato.

Si tratta, come detto, dei primi casi che si registrano all’interno di allevamenti da quando, a gennaio 2021, si è iniziato a parlare di epidemia di peste suina africana in Liguria e Piemonte. Sino a oggi i casi sono rimasti confinati tra i cinghiali, con 143 cinghiali infetti nel focolaio delle due regioni del Nord e uno, più piccolo ma potenzialmente molto più rischioso, nel Lazio. I casi laziali sono infatti una ventina, concentrati principalmente nella zona di Roma (il primo caso è stato individuato nel parco dell’Insugherata, quadrante nord-est della Capitale), con l’unica eccezione per un caso nella provincia di Rieti. Eppure è proprio l’alta presenza di cinghiali in un territorio vasto come quello romano, alle cui periferie sorgono numerosi allevamenti, a preoccupare.

La peste suina africana infatti non si trasmette all’uomo né ad altri animali, ma è letale nei cinghiali e nei maiali. E se il virus dovesse diffondersi tra gli allevamenti le ripercussioni sarebbero pesantissime, perché comporterebbe l’abbattimento immediato di tutti gli animali presenti nella struttura a prescindere dal loro stato di salute, infetti o meno. Nel Lazio è già stato disposto l’abbattimento dei cinghiali all’interno della zona rossa per limitare la diffusione del virus, anche se non è ancora arrivata una data ufficiale per l’avvio del piano di contenimento: l’ordinanza è stata firmata il 17 maggio, con 30 giorni di tempo per predisporlo. Prosegue intanto l'applicazione delle altre misure adottate, con il monitoraggio costante della zona rossa, le segnalazioni sui cadaveri ritrovati e la chiusura dei varchi di accesso da cui i cinghiali arrivano in città. Ma sulle campagne che circondano Roma è molto più difficile avere controllo.

Su Firmiamo.it, intanto, è partita una raccolta firme per chiedere che non sia questa la strada percorsa, chiamando in causa gli studi secondo cui l’abbattimento non è appunto il metodo migliore per combattere la diffusione della peste suina africana: «Le associazioni animaliste e molti cittadini non ritengono che questa soluzione sia valida e ci stiamo attivando per bloccare questa barbarie in tutti i modi – si legge nella petizione lanciata da Silvana Mantero – Un modo concreto per aiutarci è firmare questa petizione ed obbligare chi di dovere a fermare questa inutile strage. Gli abbattimenti infatti, oltre che crudeli, potrebbero rivelarsi assolutamente controproducenti». A oggi la raccolta firme ha totalizzato poco più di 2.000 firme su un obiettivo fissato di 15.000.

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Andrea Barsanti
Giornalista
Sono nata in Liguria nel 1984, da qualche anno vivo a Roma. Giornalista dal 2012, grazie a Kodami l'amore per gli animali è diventato un lavoro attraverso cui provo a fare la differenza. A ricordarmelo anche Supplì, il gatto con cui condivido la vita. Nel tempo libero tanti libri, qualche viaggio e una continua scoperta di ciò che mi circonda.
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