È stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale di sabato 21 maggio l’ordinanza del commissario straordinario per l’emergenza peste suina, Angelo Ferrari relativa alle "Misure di controllo e prevenzione della peste suina africana nella Regione Lazio".
La nuova ordinanza arriva in continuità con i provvedimenti già presi nel resto d'Italia per delimitare la zona di diffusione della Peste suina africana (PSA). In particolare, il provvedimento dispone la chiusura dei punti di collegamento tra la zona infetta e l'esterno e la ricerca su base settimanale delle carcasse di suini selvatici. Si conferma anche il divieto di portare i corpi degli animali fuori dal perimetro della zona rossa.
Un limite che però non viene esteso alle aree limitrofe, qui «le carcasse degli animali eventualmente catturati e abbattuti possono essere destinate all'autoconsumo esclusivamente all'interno della stessa zona di attenzione e solo se risultate negative ai test di laboratorio per ricerca del virus PSA». Quella dell'autoconsumo è una pratica attuata spesso in riserve e aree protette, dove le carcasse de uccisi possono restare nella disponibilità dei cacciatori a titolo di rimborso spese.
Contro la gestione dei cinghiali nel Lazio hanno puntato il dito le associazioni, le quali attraverso una richiesta unanime avevano detto no al potenziamento e prolungamento della caccia per contenere la diffusione dei casi di peste suina africana. Tra queste, l'’Oipa ha fatto sapere che esaminerà a fondo il provvedimento «per valutarne l’impugnazione».
«Non solo si apre la caccia al cinghiale fuori stagione alle porte di Roma, ma si consente anche di farne carne da macello per trasformarla in salsicce e bistecche – ha commentato la delegata dell’Oipa di Roma, Rita Corboli – Per sei esemplari trovati positivi al virus della peste suina, non pericolosa per l’uomo, si farà strage. Prima ripopolano a uso e consumo dei cacciatori, poi decidono il “depopolamento” sulla pelle di esseri senzienti senza considerare misure alternative».
In realtà come ha segnalato a Kodami il direttore sanitario dell'Istituto zooprofilattico di Umbra e Marche, Giovanni Pezzotti, «misure come il lockdown dei boschi attuato in Piemonte e Liguria sono state pensate per evitare che il contagio si sposti sul territorio attraverso i cinghiali: è scientificamente dimostrato che qualsiasi attività antropica rischia di disperdere la popolazione di suidi selvatici e questo potrebbe allargare l'infezione a zone più ampie».
Anche l’Ispra nelle sue indicazioni ha consigliato di sospendere qualsiasi tipo di attività venatoria nella zona infetta da Peste suina africana poiché si tratta di «attività che comportano un duplice rischio: la movimentazione di cinghiali potenzialmente infetti sul territorio, soprattutto conseguente al ricorso di tecniche che utilizzano i cani, e la diffusione involontaria del virus attraverso calzature, indumenti, attrezzature e veicoli».
L'ordinanza prevede poi che la città di Roma, guidata dal sindaco Roberto Gualtieri, provveda a mettere in atto ogni azione utile al fine di inibire l'accesso ai cassonetti dei rifiuti da parte dei cinghiali e ad ottimizzarne il posizionamento. Senza questo fondamentale presupposto, ogni attività per allontanare i suidi selvatici dalla città, in particolare dalla cinta nord dove sembra essersi stanziati in numero maggiore, non sarà mai risolutivo.