Proseguono a ritmo serrato gli incontri della task-force incaricata di gestire i casi di peste suina africana a Roma, che da inizio maggio a oggi sono saliti a 8. Martedì si è tenuta una nuova riunione dell’unità di crisi, cui hanno partecipato, oltre al prefetto Matteo Piantedosi, il commissario straordinario per la psa, Angelo Ferrari, l’assessora all’Ambiente Sabrina Alfonsi, il presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti e il sottosegretario alla Sanità, Andrea Costa. Ed è stata firmata una nuova ordinanza che stabilisce tra le altre cose i nuovi confini della zona rossa e una zona cuscinetto, dettando anche i tempi per l'avvio degli abbattimenti: 30 giorni.
Nel corso della riunione è stato presentato il nuovo piano per arginare il contagio, che prevede l’ampliamento della zona rossa, quella in cui lo scorso 5 maggio è stato ritrovato il primo cadavere di cinghiale risultato infetto, e poi l’istituzione di una sorta di “zona cuscinetto” da tenere attentamente monitorata e sorvegliata per evitare che il contagio si diffonda e arrivi – peggiore delle ipotesi – ai maiali. A oggi infatti sia in Liguria e in Piemonte, dove l’epidemia è partita a gennaio, sia a Roma i casi sono stati riscontrati soltanto sui cinghiali. La peste suina africana d’altronde si diffonde soltanto tra suidi, non agli esseri umani né ad animali, ma il rischio è che possa venire trasmessa ai maiali domestici e a quelli di allevamento con ricadute pesantissime sul settore.
La misura più contestata del piano è ovviamente quella degli abbattimenti selettivi, previsti da protocollo nazionale e comunitario. L’ordinanza firmata dal commissario Ferrari lo scorso 25 marzo dettava già le linee guida in proposito, stabilendo «l’allestimento di dispositivi di cattura calcolando il posizionamento di un dispositivo ogni 2000/2500 ettari, anche considerando la densità stimata della popolazione di suini selvatici. Le procedure per la cattura e l'abbattimento degli animali devono essere documentate e applicate nel rispetto delle norme di settore vigenti. Tutte le carcasse degli animali catturati e abbattuti devono essere testate per PSA ed essere inviate alla distruzione nel rigoroso rispetto delle procedure di biosicurezza». A Roma è stato stabilito di procedere con gli abbattimenti entro 30 giorni, e per le associazioni animaliste che si battono per evitare il ricorso ai fucili il tempo ha iniziato a scorrere tra le proteste.
I provvedimenti dell’ordinanza contro la peste suina africana
A occuparsi del monitoraggio della zona infetta, un territorio di migliaia di ettari che da ordinanza del presidente Zingaretti comprende l’area della riserva naturale dell’Insugherata (dove è stato trovato il primo cinghiale infetto), parte del Parco di Veio e l’intera superficie del Parco del Pineto e della riserva di Monte Mario, sono i guardiaparco del Sistema delle Aree Naturali Protette e i carabinieri forestali. A loro si affiancano gli agenti della Polizia Locale di Roma Capitale e uomini della Protezione Civile per quanto riguarda il pattugliamento in ambito urbano, dove gli ungulati sono ormai presenza fissa. Ed è proprio questo a complicare ulteriormente le cose: la priorità è contenere il più possibile la diffusione del contagio, e per farlo è necessario individuare i varchi che i cinghiali sfruttano per raggiungere alcuni quartieri residenziali di Roma e mettere in sicurezza i cassonetti dell’immondizia che li attirano.
«L’area sarà perimetrata con delle reti. Quindi con i veterinari e gli enti competenti studieremo il sistema di abbattimento selettivo», ha spiegato il presidente Zingaretti a margine del tavolo di confronto. A occuparsi degli abbattimenti nella zona cuscinetto saranno cacciatori abilitati e appositamente formati, la stessa strada già intrapresa dalla Regione Piemonte. Il piano però è ancora in fase di definizione e arriverà, come detto, entro i prossimi 30 giorni.
«Stiamo ancora monitorando l’evoluzione dell’infezione all’interno della riserva – ha chiarito il commissario straordinario Ferrari – se non uscirà dal Gra, all’interno dell’area rossa i cinghiali sono destinati a morire per auto estinzione». La peste suina africana ha infatti un altissimo tasso di mortalità: molto contagiosa, negli animali infetti a quasi sempre esito fatale.
Per adesso sono stati definiti i confini della zona cuscinetto e di quella rossa, dove restano in vigore diversi divieti, da quello sull’organizzazione di eventi e pic-nic alla raccolta di funghi e tartufi sino al trekking e alla mountainbike. Nella zona rossa sono già state installate trappole per la cattura, ed eventuali cadaveri dovranno essere rimossi dal centro carni e poi inviati all’ Istituto Zooprofilattico Sperimentale del Lazio e della Toscana per approfondimenti. Le Asl si occuperanno inoltre di condurre accertamenti su tutti i suini morti e sui casi considerati sospetti, e lungo i 65 chilometri che delimitano la zona rossa verranno installate reti metalliche alte 1 metro e 30 per impedire che i cinghiali possano superarla.
La protesta delle associazioni: «Cinghiali divenuti capro espiatorio»
La firma dell’ordinanza ha nuovamente spinto le associazioni animaliste a protestare contro gli abbattimenti e a chiedere la partecipazione al tavolo di confronti: «L’ordinanza del commissario straordinario per l'emergenza peste suina, Angelo Ferrari, riguardante Roma è l'annuncio del tragico finale di un caso montato da chi con la “demonizzazione” dei cinghiali forse mira anche ad aumentare il proprio bacino elettorale composto anche da agricoltori, allevatori, cacciatori – ha fatto sapere Oipa – E a uso di quest’ultima categoria abbiamo assistito negli anni al ripopolamento di cinghiali, tra l’altro con specie non autoctone. Che il non corretto smaltimento dei rifiuti in alcune zone di Roma sia l’unica causa dell’arrivo degli ungulati nell’abitato lo dimostra quel che avviene nella zona di Ostia Antica, Axa, Casal Palocco, Infernetto. Questi quartieri, adiacenti alla Tenuta presidenziale di Castelporziano dove vive una sostanziosa popolazione di cinghiali, non hanno i problemi che si stanno manifestando a Roma Nord. Il motivo è semplice: da tempo lo smaltimento dei rifiuti nel Municipio Roma 10 funziona con il “porta a porta”».
Per le associazioni, Oipa in prima fila, i cinghiali sono diventati capri espiatori di un’altra emergenza, quella dei rifiuti: «Molti cittadini ci stanno chiamando chiedendoci di dare voce ai cinghiali, ritenendo che la loro colpevolizzazione sia ingiustificata e che la vera colpa sia solo l’inefficiente gestione dello smaltimento dei rifiuti in limitati quadranti di Roma, quelli dove ancora montagne d’immondizia giacciono nelle strade – ha detto la delegata dell’Oipa di Roma, Rita Corboli – Spiace inoltre constatare come oggi il sindaco Gualtieri preannunci gli abbattimenti senza avere consultato le associazioni protezionistiche. Eppure, in campagna elettorale ci convocò promettendoci di essere ascoltati su questioni riguardanti gli animali. Abbiamo chiesto di essere auditi da lui, dalla Regione e dal Commissario straordinario ma non abbiamo avuto risposta».
L’Oipa sottolinea come la politica degli abbattimenti sia «irrazionale e solo una soluzione frettolosa e non etica», e richiama un parere degli esperti dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) che sostiene come «la caccia non sia uno strumento efficace per ridurre le dimensioni della popolazione di cinghiali selvatici in Europa». Da qui l’annuncio di essere pronti a impugnare i provvedimenti.