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28 Agosto 2024
18:48

“Pericolosamente vicini” ci ricorda che la natura non ci appartiene

Nella storia del Trentino esiste un prima e un dopo il 5 aprile 2023, data della morte di Andrea Papi. Il documentario "Pericolosamente vicini" dà voce al racconto di chi ha vissuto la reintroduzione degli orsi in Trentino, provando a spiegare come si è arrivati al punto di rottura.

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Stefania Collalto

Nella storia del Trentino c'è un prima e un dopo il 5 aprile 2023, data della morte di Andrea Papi. Tutto è cambiato la sera in cui il 26enne è uscito di casa come era solito fare per andare a correre nei boschi sopra l'abitato di Caldes, qui però ha incontrato l'orsa JJ4 accompagnata dai suoi tre cuccioli.

Quella sera Andrea è diventato la prima vittima di orso nella storia dell'Italia unita, e la tragedia privata di una famiglia come tutte le altre si è trasformata in una questione molto più grande che travalica il luogo e il tempo in cui è avvenuta. Questo terribile spartiacque, le conseguenze che ne sono derivate, e il percorso che ha portato le strade di Andrea e JJ4 a incrociarsi, sono oggetto del documentario "Pericolosamente vicini" diretto dal regista Andreas Pichler e distribuito da Wanted Cinema, nelle sale italiane come uscita evento il 26, 27 e 28 agosto, ma che per il successo ottenuto già si prepara a replicare.

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La locandina del film

Il documentario si apre nella casa di Caldes, con il ricordo di quella notte fatto dai genitori di Andrea, Franca Ghirardini e Carlo Papi. Qui non c'è spazio per la pornografia del dolore, al contrario la telecamera mostra occhi consapevoli e dà spazio alla voglia di giustizia davanti a «una tragedia annunciata». Lo spettatore entra poi nel buio del bosco per seguire le ricerche del giovane Andrea insieme ai Forestali e ascolta le testimonianze di chi ne ha visto il corpo subito dopo il ritrovamento, questa volta sì raccontato con dovizia di particolari.

Ma come si è arrivati a questo punto? A guidarci verso la risposta sono proprio i Forestali di oggi, gli eroi della narrazione che devono bilanciare l'amore per gli orsi e la montagna, con le necessità di cittadini da sempre abituati a considerare i boschi come la propria casa. Una pressione non da poco che lo spettatore riesce a sentire chiaramente su di sé.

Il documentario dà però voce anche ai Forestali del passato, tra i quali spicca Alberto Stoffelli, figura storica delle valli trentine che ha assistito gli orsi fin dal loro arrivo con il progetto Life Ursus. Nel 1999 su queste montagne era rimasto solo uno sparuto nucleo di tre orsi, tutti maschi, destinati all'estinzione. Per salvare la popolazione è intervenuto il Parco Adamello Brenta che con la Provincia Autonoma di Trento e l’Istituto Nazionale della Fauna Selvatica ha dato avvio al Life Ursus grazie a un finanziamento dell’Unione Europea.

Nei primi anni Duemila sono stati quindi rilasciati 10 orsi provenienti dalla Slovenia con lo scopo di ripopolare l'area, tra questi c'erano anche la femmina Jurka e il maschio Joze, i genitori di JJ4. Per raccontare gli orsi, l'occhio della telecamera si allarga grazie alla fotografia di Daniel Mazza, e passa dall'oscurità dei boschi alle ampie vedute delle Alpi. Qui c'è spazio per l'orso e per l'innegabile fascinazione questo animale, simile solo a sé stesso, ha sull'immaginario collettivo.

L'orso però non vive qui, ma a ridosso dell'abitato e degli ovili, e questo induce chi guarda a chiedersi se c'era davvero spazio sufficiente per la coesistenza dei grandi carnivori con gli esseri umani. La risposta è affidata agli allevatori stremati dalle uccisioni delle pecore, ai cittadini impauriti dai boschi che prima erano la loro casa, e ovviamente alla famiglia Papi.

La storia degli orsi e della loro gestione è il vero fulcro della narrazione. Il filo rosso che lega ogni pezzo di questo intricato puzzle è sempre quel 5 aprile, ma i salti temporali provano a raccontare come una serie di mosse sbagliate hanno avvicinato sempre di più le strade di Andrea e JJ4, fin dagli anni Duemila.

Tra le tante testimonianze di Forestali, cittadini, politici, non manca il lucido ritratto fatto da Alessandro De Guelmi, ex veterinario della Provincia di Trento che in questi decenni ha imparato a conoscere bene gli orsi e il territorio.  Pesa però l'assenza della componente scientifica che si occupa di conservazione, l'unica che potrebbe chiarire se «gli orsi sono troppi», e soprattutto cosa vuol dire troppi. Viene sottolineato da più voci l'errore di aver portato i grandi carnivori dove non c'era posto per loro, così vicini alle stesse comunità umane che anni prima ne avevano cagionato l'estinzione, tuttavia non una parola arriva dalla prospettiva di chi quegli orsi li ha voluti sul territorio e che fino al 2004 ha seguito il progetto: manca la voce dell'Adamello Brenta.

Ha scelto la linea del silenzio anche il presidente della Provincia Autonoma di Trento, Maurizio Fugatti, responsabile della gestione degli orsi sul territorio e, secondo i coniugi Papi, anche dell'omicidio colposo di Andrea.

Si dà invece ampio spazio all'animalismo attraverso gli attivisti più presenti sul territorio, a cominciare dalla Lav. L'associazione fin dai primi momenti si è battuta per evitare l'abbattimento di JJ4 a tutti i costi, fin dal 2020, quando per proteggere i suoi cuccioli aveva aggredito due escursionisti. È stata sempre la Lav dopo la morte di Andrea a proporre una soluzione alternativa all'abbattimento chiesto dalla Provincia con il trasferimento in un santuario.

Una prospettiva che si potrebbe realizzare già nei prossimi mesi con il passaggio di JJ4 dal Centro Faunistico del Casteller, dove si trova rinchiusa da oltre un anno, all'Alternativer Wolf-und Bärenpark Schwarzwald della Foresta Nera, dove si trova già sua madre Jurka. Le telecamere del regista entrano anche qui.

È a questo punto che si apre forse il capitolo più difficile dell'arco narrativo. È giusto che JJ4 viva ad ogni costo? Davvero per un orso nato libero un recinto è preferibile alla morte? Questa è la domanda con cui si chiude il documentario e con la quale si apre un dibattito pubblico che è solo all'inizio.

Giornalista per formazione e attivista per indole. Lavoro da sempre nella comunicazione digitale con incursioni nel mondo della carta stampata, dove mi sono occupata regolarmente di salute ambientale e innovazione. Leggo molto, possibilmente all’aria aperta, e appena posso mi cimento in percorsi di trekking nella natura. Nella filosofia di Kodami ho ritrovato i miei valori e un approccio consapevole ma agile ai problemi del mondo.
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