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6 Settembre 2024
11:06

Perché solo alcuni animali hanno il ciclo come noi

Sono solo 85 le specie animali che, come le femmine umane, hanno il ciclo mestruale. Perché siano così pochi non è certo, ma ci sono diverse teorie.

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Sono davvero pochi gli altri animali che, come le femmine umane, hanno il ciclo mestruale, ovvero circa 85 specie di mammiferi. Tra questi ci sono soprattutto i nostri parenti più prossimi, cioè primati come scimpanzé, bonobo e oranghi, ma anche diverse specie di pipistrelli, le femmine dei toporagni elefanti e dei topi spinosi del Cairo.

Sì, il ciclo mestruale è una cosa decisamente rara nel regno animale di cui noi esseri umani facciamo parte e che, per giunta, ad oggi non è ancora stato compreso del tutto perché avviene. Bisogna sottolineare che invece la costante, per quanto riguarda gli altri mammiferi, in particolare, è avere un ciclo estrale che si differenzia da quello mestruale perché (ma non solo) la femmina è feconda solo quando ce l'ha.

Ciò che davvero colpisce quando si affronta questo argomento è che la scienza ancora oggi non sa dare una risposta certa sul perché noi (e appunto pochissimi altri animali) abbiamo questa particolarità che caratterizza tutta l'esistenza di una donna. È molto interessante notare quanto anche la componente religiosa e culturale basata su società prettamente maschiliste nella storia dell'umanità ha portato a indagare poco su qualcosa che è assolutamente normale e come, nonostante si siano fatti passi da gigante per la parità dei diritti, ancora non vi siano studi che vadano al di là di teorie.

Un'analisi storica, poi, ci mette di fronte a opinioni più che fatti che affondano radici anche in quelli che sono considerati grandi pensatori nella storia dell'umanità, tanto che possiamo citare Ippocrate, "padre della medicina", che riteneva la fuoriuscita del sangue una modalità delle donne per estirpare una serie di malesseri (dovuti in realtà alla presenza del ciclo) e che portò alla pratica del salasso. In un articolo molto interessante pubblicato su "Altri animali" c'è una ottima recensione di un libro intitolato "Questo è il mio sangue" della giornalista francese Élise Thiébaut che ricostruisce molto bene questo aspetto fondamentale che racconta aspetti ancora poco noti e allo stesso tempo del tutto accettati su una continua disparità di genere all'interno di una specie decisamente molto comune: la nostra.

Il ciclo nel mondo animale

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Escludendo dunque noi e le poche altre specie di cui abbiamo già detto, le femmine del resto del regno animale hanno il ciclo estrale. Si tratta di un periodo in cui l'attività ovarica facilita il passaggio delle femmine da un periodo di ricettività riproduttiva a uno di non ricettività, consentendo l'avvio della gravidanza dopo l'accoppiamento.

Il ciclo è costituito da due fasi distinte: la fase luteale (14-18 giorni; met-estro e di-estro) e la fase follicolare (4-6 giorni; pro-estro ed estro). La fase luteale è il periodo successivo all'ovulazione in cui si forma il corpo luteo, mentre la fase follicolare è il periodo successivo alla scomparsa del corpo luteo (luteolisi) fino all'ovulazione. Durante la fase follicolare si verifica la maturazione finale e l'ovulazione del follicolo ovulatorio che porta al rilascio di un ovocita (il gamete femminile) nell'ovidotto consentendo la potenziale fecondazione.

Alcuni hanno il ciclo, altri no: perché?

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Nessuno sa con esattezza perché alcuni animali hanno il ciclo e altri no e nemmeno quali siano le esatte funzioni e i vantaggi evolutivi del ciclo. Esistono però diverse teorie. Sappiamo, per esempio, che questi animali tendono a dare alla luce un numero molto ridotto di cuccioli rispetto ad altre specie, investono molte risorse e tempo in ciascuna gravidanza, rendendo il processo riproduttivo particolarmente critico. Per esempio, i topi spinosi hanno una gestazione quasi doppia rispetto ai loro cugini non mestruanti, il che dimostra quanto sia importante per queste specie garantire la sopravvivenza di ogni singolo cucciolo.

Una delle teorie prevalenti sul perché esista il ciclo mestruale riguarda proprio questa necessità di ottimizzazione: durante il processo che prepara l’utero alla gravidanza, il rivestimento uterino (endometrio) può rilevare segnali chimici inviati dall'embrione. Questi segnali indicano se l'embrione è forte e vitale o se, al contrario, ha minori possibilità di impianto. In questo modo, l’organismo della femmina può "selezionare" in anticipo quali embrioni hanno maggiori probabilità di sopravvivere, risparmiando risorse preziose. In effetti, questa sorta di “controllo qualità” avviene in tutti i mammiferi, ma negli animali mestruanti accade molto prima, proprio perché l’utero è già preparato in anticipo per l'impianto.

Un'altra ipotesi interessante riguarda il possibile ruolo del ciclo nella gestione dello sperma all'interno del tratto riproduttivo femminile. Specie come i pipistrelli possono trattenere lo sperma per periodi molto lunghi, anche fino a 200 giorni, prima che avvenga la fecondazione, e anche negli esseri umani è documentata la possibilità che lo sperma rimanga attivo per diversi giorni. Tuttavia, lo sperma invecchiato potrebbe subire un deterioramento che potrebbe influire sulla qualità dell'embrione, con il rischio di difetti cromosomici. Il ciclo mestruale, con il suo processo di eliminazione del rivestimento uterino, potrebbe quindi essere un meccanismo utile per rimuovere lo sperma vecchio, creando spazio per nuovo sperma più vitale e riducendo i rischi di complicazioni genetiche.

Nonostante queste e altre teorie, la scienza non ha ancora fornito comunque una spiegazione definitiva sul motivo per cui solo alcune specie abbiano evoluto il ciclo mestruale. Si tratta di un campo di ricerca ancora poco esplorato, anche per motivi storico-culturali, ma con potenziali applicazioni pratiche che potrebbero migliorare la comprensione dei meccanismi riproduttivi non solo negli esseri umani, ma anche negli animali.

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