Uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Trends in Ecology & Evolution, ha rilevato gli effetti morfologici di una sorta di adattamento accelerato in alcune specie animali che sembrerebbe legato alla crisi climatica.
Tutti, eccetto noi umani, sono abituati ad adattarsi ai cambiamenti stagionali: i caprioli mettono in “pausa” la gravidanza in modo tale che i piccoli nascano in un periodo caldo e di abbondanza di cibo. Altri animali riducono le funzioni vitali al minimo per risparmiare energia e risvegliarsi in un’altra stagione. Balene, caribù e uccelli, si spostano dall’altra parte del mondo per sopravvivere.
Se alzate gli occhi al cielo, però, vedrete che alcune specie non sono ancora partite per il loro viaggio. Questo perché lo stravolgimento climatico di oggi crea disordine nei cicli naturali, come le migrazioni. Alcune specie per sottrarsi ad una brutta sorte si sanno adattare rapidamente alle modifiche del clima, sfruttando delle strategie di resistenza e, appunto, di adattamento. Innanzitutto spostandosi verso regioni dal clima più adatto, e poi, se necessario, attraverso il niche shift, cioè il cambiamento di nicchia ecologica. Si tratta della strategia che, attraverso cambiamenti morfologici o comportamentali, permette un adattamento che può rappresentare la salvezza della specie.
Accade, per esempio, ad alcuni uccelli che, per disperdere calore, sembrano abbiano aumentato la dimensione delle loro ali. Qualcosa di diverso sembra riguardare alcune lucertole caraibiche, più recisamente l’anolide bruno (Anolis sagrei) che mostra mutazioni come zampe anteriori più lunghe e forti e zampe posteriori più corte; in questo caso si tratterebbe di una risposta non tanto alle temperature, ma all’intensità degli uragani, sempre più impetuosi e frequenti (le lucertole riuscirebbero così ad aggrapparsi meglio ai rami evitando di essere spazzate via). Ancora, diverse specie di pappagalli australiani hanno mostrato un aumento le dimensioni del becco, un dato correlato all’andamento delle temperature estive e, anno dopo anno, in alcune specie di mammiferi sono stati registrati cambiamenti come l’aumento della lunghezza della coda e/o delle zampe.
Tuttavia, queste strategie, non sono per forza segno che gli animali stiano affrontando i cambiamenti climatici senza problemi e che, soprattutto, siano in grado di uscirne indenni. Anzi, non si sa per quanto possano farlo e quali siano le conseguenze ecologiche di questi cambiamenti. Ad ogni modo, noi non abbiamo manco questo. L’unica previsione che abbiamo su di noi è “Mindy” il modello 3D che mostra come saremo del 3000 e che, già a prima vista, sembra qualcosa che non ha niente a che vedere con un “miglior adattamento” ma solamente “adeguatezza alla tecnologia”.
La nostra specie non è flessibile come altre, ed essendo che non siamo in grado di evolverci biologicamente nei tempi che la crisi richiede, dobbiamo evolvere rapidamente il nostro stile di vita e mentalità. Così facendo potremmo far prender fiato anche alle altre specie.