"In bocca al lupo" è forse la formula più utilizzata da noi italiani per augurare buona fortuna a qualcuno a cui teniamo. Secondo quanto riportato dalla linguista polacca Elżbieta Jamrozik, questo modo di dire sarebbe nato nel gergo dei cacciatori, che, attribuendogli una certa carica magica, lo usavano, in realtà con significato opposto, per allontanare o annullare le influenze della sfortuna durante le battute di caccia. A questo auspicio, il compagno, da copione, rispondeva, sempre con lo stesso valore: «Crepi!» (il lupo ovviamente).
Il lupo nella letteratura
Il lupo è forse tradizionalmente il più temuto, e insultato, di tutti i predatori nel regno animale. Sin dalla tradizione epica, il lupo è sempre stato bollato come feroce e distruttivo. Mi viene in mente Omero, e l’espediente con cui paragona i guerrieri al seguito di Achille ai lupi famelici imbrattati del sangue di un cervo sbranato (Iliade, XVI,155-64). Nel corso della storia letteraria, l’immagine del lupo come una bestia assetata di sangue, pericolosa per l’uomo e per il suo bestiame, ricorre frequentemente. Nell’Orlando furioso troviamo la metafora del lupo famelico che sbrana l’agnello, dove il lupo è Orlando agli occhi di Gradasso nel quarantesimo canto.
Nell’immaginario collettivo, il lupo non si limita a uccidere e divorare poveri agnelli indifesi, ma li ruba. Dunque, non è reso un temibile predatore dalla sola forza, ma anche dalla furbizia associata all’inganno. Un tema trattato ad esempio dall’Ipparco di Senofonte (IV, 18-20), che lo propone come modello del perfetto comandante di cavalleria, perché è insieme ferocia e scaltrezza.
Il lupo nei proverbi e nei modi di dire
Sono svariate le espressioni idiomatiche che vedono il lupo, o meglio la sua immagine distorta, tra i protagonisti. Di seguito ne ricordiamo alcune:
- Il proverbio «vivere una vita da lupo», che sta per vivere di rapine, e si rifà all’immagine di questo canide come dell’Arsenio Lupin dei boschi;
- «Il lupo perde il pelo ma non il vizio», la cui versione originale latina chiama invece in causa un altro animale, la volpe (Vulpes pilum mutat, non mores, la volpe muta il pelo, non le abitudini)
- «Chi nasce lupo non muore agnello», ove si ribadisce la supposta natura "cattiva" del lupo
- «Matta è quella pecora che si confessa al lupo», proverbio toscano che riprende, dalla prospettiva della preda, il concetto del conflitto tra le due specie.
Perché dire "Viva il lupo" e non "Crepi il lupo"?
Va detto che, seppur meno rappresentata, in letteratura esiste anche la figura del lupo con caratteristiche non violente. Pensiamo ad esempio all’immagine della lupa nella tradizione precristiana, come simbolo di divinità e conoscenza. Una su tutte, la lupa buona che salva dalle acque del Tevere, prendendoli proprio con la bocca, e poi alleva e accudisce i due gemelli Romolo e Remo, fondatori di Roma.
Le fauci del lupo sono qui viste come un luogo di protezione, un posto sicuro finire nel quale diventa, in barba alle più radicate – travisanti – convenzioni, un colpo di fortuna. Viva il lupo, dunque! Suona anche meglio, sia etologicamente che eticamente.
Bibliografia
Jamrozik E., Sull'origine della formula in bocca al lupo. La Crusca per Voi (n°33, ottobre 2006, p. 18).
Carmine Pisano (2011). Hermes, il lupo, il silenzio. Quaderni Urbinati di Cultura Classica. New Series, Vol. 98, No. 2 pp. 87-98.