Ci sono domande che attanagliano l'umanità sin dalla notte dei tempi: chi siamo? Da dove veniamo? Ma soprattutto, perché le zebre hanno le strisce? Già ai tempi dei grandi naturalisti Charles Darwin e Alfred Russel Wallace in molti se lo sono chiesti, non solo tra gli scienziati. Anche Joseph Rudyard Kipling, l'autore de Il libro della Giungla, sembrava essere tormentato da questa domanda.
La funzione della striatura sul manto delle zebre incuriosisce scienziati e naturalisti da almeno tre secoli, per cui in tanti hanno provato ad avanzare ipotesi più o meno credibili. Non tutte sono state poi confermate da studi o evidenze scientifiche, ma tra mimetismo, funzione sociale, termoregolazione e repellente per i parassiti, di recente la scienza sembra aver finalmente trovato una risposta che pare mettere tutti d'accordo.
Tuttavia, vale la pena approfondire e analizzare alcune delle ipotesi più interessanti e curiose che hanno contribuito al lungo processo scientifico che ha portato a trovare finalmente una risposta convincente, almeno per ora.
L'ipotesi del mimetismo
Per molti animali striati, come le tigri, le strisce hanno la funzione di celare agli occhi di prede o predatori chi le indossa. Viene chiamata disruptive coloration e si tratta di un tipo di mimetismo criptico che "rompe" con colori molto contrastati la forma di un animale, rendendola meno riconoscibile agli occhi degli altri quando è nascosta tra la vegetazione. Anche nei simpatici panda giganti, di recente, è stato dimostrato che la sua curiosa colorazione pare avere proprio questo scopo.
Tuttavia, a differenza di altri animali striati le zebre vivono in habitat aperti con vegetazione bassa e non si comportano affatto in modo criptico. Sono molto rumorose, veloci e vivono in grossi gruppi, standosene sempre ben in vista. In queste condizioni le strisce non possono quindi celare la presenza degli erbivori ai predatori, per cui questa ipotesi non ha mai trovato alcuna conferma sperimentale e già lo stesso Charles Darwin nel 1871 lo aveva notato scartandola.
L'ipotesi della confusione
Un'altra ipotesi avanzata da diversi scienziati a partire dagli anni 70 sostiene invece che le strisce potrebbero in qualche modo rendere più difficile ai predatori distinguere e individuare gli animali nel gruppo. Un leone o una iena che si trovano davanti una mandria di strisce impazzite che corrono qua e là resterebbero perciò confusi dalla baraonda dando alle zebre maggiori possibilità di fuga. Tuttavia, anche questa ipotesi non è mai stata dimostrata in maniera decisiva, sebbene sia una delle più resistenti e durature ancora oggi. Come fanno notare altri naturalisti e biologi, spesso le zebre si disperdono quando sono in fuga e non restano in gruppo e soprattutto i leoni non sembrano avere alcuna difficoltà ad agganciare il bersaglio e a catturarlo.
L'ipotesi dell'aposematismo
Molti animali sono striati per inviare un segnale di avvertimento ai potenziali predatori. Pensiamo alle vespe a strisce gialle e nere brillanti oppure ad alcune coloratissime specie di rane e serpenti. Le strisce colorate servono ad avvisare i malintenzionati che forse non è il caso di mangiarli, visto che potrebbero essere tossici o velenosi. Inviando così un segnale di avvertimento questi animali evitano di essere predati, e questa particolare strategia viene chiamata mimetismo aposematico.
Il forte contrasto bianco e nero delle strisce delle zebre non sembra però scoraggiare più di tanto i predatori. Inoltre, a differenza di altri animali con colori aposematici, le zebre non sono affatto lente, per cui anche questa ipotesi è stata ormai scartata.
L'ipotesi della funzione sociale
Disegni tanto vistosi potrebbero avere per le zebre un qualche tipo di funzione comunicativa, succede spesso tra gli animali. Già Alfred Russel Wallace propose nel 1871 che potessero servire agli individui del gruppo per non perdere di vista gli altri e per tenere traccia, anche a distanza, degli spostamenti della mandria. Nonostante ciò, nessuno è mai riuscito a trovare un qualche tipo di correlazione tra strisce e funzioni sociali. Nemmeno per quanto riguarda il corteggiamento sessuale o il successo riproduttivo. La spiegazione deve necessariamente essere altrove.
L'ipotesi della termoregolazione
Alcuni biologi e naturalisti, tra cui Desmond Morris e H.A. Baldwin, hanno invece suggerito che le strisce potessero in qualche modo aiutare le zebre a sopportare meglio la calura africana. Come è noto il colore nero assorbe il calore, a differenza del bianco, e diversi studi, tra cui uno apparso sul Journal of Natural History nel 2019, erano riusciti a dimostrare che le strisce riescono a creare correnti d'aria convettive che aiutano gli animali a regolare meglio la temperatura corporea. Durante le ore più calde i peli neri irti aiuterebbero a trasferire il calore dalla pelle alla superficie esterna, mentre al contrario durante le ore più fresche, intrappolerebbero l'aria per prevenire la perdita di calore. Tuttavia, altri studi hanno poi smentito questa ipotesi e non hanno trovato correlazioni significative tra la striatura e la termoregolazione, anche se il il dubbio resta.
L'ipotesi repellente contro le mosche
L'ultima ipotesi in ordine di tempo, e anche quella attualmente maggiormente condivisa dagli scienziati, sostiene che le strisce bianche e nere delle zebre servano a tenere lontane mosche, tafani e altri fastidiosi parassiti. In realtà già all'inizio del secolo scorso si era scoperto che le mosche tendono a poggiarsi meno sulle superfici a strisce bianche e nere rispetto a quelle colorate in modo uniforme. Diversi studi successivo hanno però confermato questa capacità repellente anche per le zebre, che nonostante vivano in zone piene di zanzare, tafani e altre mosche succhiasangue, raramente vengono prese di mira da questi insetti. E così il noto ecologo Tim Caro ha messo su un curioso esperimento per porre finalmente fine a tutti i dubbi relativi alla funzione delle strisce delle zebre.
Per farlo hanno fatto indossare ad alcuni cavalli un pigiama a strisce bianche e nere, travestendoli letteralmente da zebre. Gli studiosi hanno così constatato che il numero di insetti che si sono avvicinati, e che sono riusciti a poggiarsi sugli equini, era significativamente più basso rispetto ai cavalli che non indossavano le strisce. In qualche modo pare che le striature contrastate disturbino il sistema visivo di mosche e tafani durante l'avvicinamento, rendendo molto più difficile l'atterraggio. Curiosamente, anche i motivi a scacchi sembrano funzionare allo stesso modo, non solo le strisce.
Attualmente è quindi questa la risposta all'annosa domanda sul perché le zebre hanno strisce, almeno per il momento. Come sappiamo in biologia spesso non esiste una sola risposta giusta in grado di esaudire tutti i dubbi e le domande. Le strisce potrebbero svolgere contemporaneamente molte altre funzioni che ancora non sono state prese in considerazione. Non ci resta quindi che aspettare per scoprire quali altre ipotesi e idee fantasiose riusciranno a tirare fuori dal cilindro gli scienziati.
Solo un'ultima cosa, alla domanda «le zebre sono bianche a strisce nere o nere a strisce bianche?» è già stata trovata una risposta: sono nere a strisce bianche, lo confermano sia studi sulla genetica che l'embriologia. I giovani embrioni possiedono infatti una colorazione iniziale piuttosto scura e solo poco prima della nascita sviluppano le caratteristiche strisce bianche. Per di più, anche da un punto di vista evolutivo, secondo le gli esperti le strisce bianche sarebbero comparse solo in un secondo momento. Gli antenati estinti delle zebre che oggi popolano il pianeta, quasi certamente avevano infatti un manto uniforme e tendente al bruno, come molti altri equidi. Le strisce bianche sono quindi comparse solo in un secondo momento durante il lungo processo di evoluzione e speciazione.