Le api muoiono dopo aver punto perché il pungiglione, fornito di appositi uncini, penetra nei tessuti e, se la puntura interessa la pelle dell’essere umano o di altri mammiferi, che è molto elastica, resta conficcato. La povera ape deve quindi sforzarsi moltissimo per riuscire ad allontanarsi e lo strappo che ne deriva provoca il distacco del pungiglione, che rimane nel corpo della vittima ma si porta dietro anche gli ultimi segmenti addominali e una porzione dell'intestino. Il trauma non le lascia scampo. Fortunatamente, però, se ad essere punto è il tegumento rigido di un altro insetto, l'ape riesce a retrarre il pungiglione senza rimetterci la vita. Solo le femmine possono pungere, perché il pungiglione è un ovopositore modificato: è l'organo genitale esterno femminile, infatti, a trasformarsi in aculeo.
Per quanto tempo sopravvivono dopo aver punto?
A causa della massiccia rottura addominale che consegue al tentativo di allontanarsi dalla vittima, le api sopravvivono per poche ore o, al massimo, per pochi giorni.
Quali altri insetti muoiono dopo aver punto?
Le vespe solitamente riescono a retrarre il pungiglione e usarlo di nuovo. Tuttavia, nelle vespe giacche gialle, del genere Vespula maculifrons, si verifica un meccanismo di autotomia del pungiglione simile a quello delle api, co avulsione traumatica, cioè uno strappo violento.
Perché le vespe non muoiono?
Le vespe e i calabroni non muoiono dopo l’attacco perché il loro pungiglione è liscio e quindi facilmente retrattile. Del resto, contrariamente alle api, che si nutrono di polline e nettare e attaccano solo se minacciate, questi imenotteri sono predatori molto aggressivi, che hanno bisogno di utilizzare il pungiglione ripetutamente nel corso della vita.
Cosa succede se il pungiglione rimane sotto la pelle?
Quando il pungiglione dell’ape rimane ancorato alla pelle, ad esso restano attaccati anche un ganglio nervoso, vari muscoli e le ghiandole che producono il veleno da iniettare nella vittima. Le contrazioni muscolari, coordinate dal ganglio nervoso, spingono sempre più a fondo il pungiglione, e intanto il veleno continua ad essere pompato dalla sacca. Il pungiglione e i suoi annessi, quindi, devono essere estratti il prima possibile, poiché la quantità di veleno emessa è direttamente proporzionale al tempo di permanenza di quest'arma appuntita nel sito della ferita. È importante, però, non premere con le dita, per evitare di iniettare il veleno eventualmente ancora presente nelle ghiandole.
Bibliografia
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