La farfalla monarca (Danaus plexippus) è una delle specie d'insetti più conosciute al mondo, per via della sua tipica colorazione e per la sua spettacolare migrazione di massa che intraprende in Nord America. Per quanto però i suoi colori così accesi (arancione scuro e nero) e le sue notevoli dimensioni – fino a 10 centimetri – rendono questa specie fra le più riconoscibili del pianeta, non sono in molti a conoscere le fasi del suo ciclo vitale e il suo oscuro segreto. Il suo intero corpo infatti presenta delle sostanze tossiche, dal nome di cardenolidi, che inducono il vomito a tutti coloro che hanno la malaugurata idea di cibarsene, rendendoli inappetibili per chiunque.
Queste sostanze non vengono tuttavia prodotte direttamente dall'insetto, ma vengono invece assimilate da ciascun esemplare durante lo sviluppo larvale. Quando sono nella fase del bruco queste farfalle si alimentano soprattutto delle foglie della pianta Asclepias, notoriamente tossica, per assimilare la protezione chimica nei confronti dei predatori. Oltre alla particolare alimentazione e alla colorazione, questi insetti però sono soprattutto noti per formare enormi gruppi, talmente grossi che durante la migrazione autunnale dalla penisola dello Yucatan agli Stati Uniti, passando per il Messico, riescono persino a coprire il cielo, come è possibile osservare durante la festività dei morti: El Día de Muertos. In questa occasione, infatti, le farfalle monarca di solito giungono a ricoprire i carri che celebrano il giorno della morte in diversità comunità messicane.
Per quanto però possa risultare tossica nei confronti degli predatori, la farfalla monarca non è pericolosa per l'uomo, è del tutto innocua. Le tossine presenti infatti all'interno di un unico individuo non possono indurre il vomito agli esseri umani, che invece, disboscando i boschi e usando tonnellate di pesticidi, hanno ridotto notevolmente l'estensione dell'attuale popolazione, soggetta a una crescente perdita di territori.
È stato stimato infatti che un uomo per risultare intossicato dai cardenolidi presenti all'interno delle ali di questa specie dovrebbe consumare un quantitativo notevole di farfalle – tra i 10 e i 20 esemplari, a secondo del peso – e non esiste fortunatamente nessuna popolazione umana così mal ridotta da mettersi a consumare o ad allevare questi animali, per finalità alimentari.
Cosa diversa invece per i nostri animali domestici: in Messico e negli Stati Uniti infatti sono avvenuti diversi casi di avvelenamento di cuccioli di cane e di gatto venuti a contatto con questi insetti, soprattutto per la curiosità. Come però già accennato sopra, l'effetto delle tossine presenti nelle farfalle monarca non è letale e nessuno di questi animali ha rischiato seriamente la vita. Le crisi di vomito durano infatti solo qualche ora e basta portare il nostro fido dal veterinario, per risolvere il problema.
Il veleno delle farfalle monarca
Quando le farfalle monarca possiedono ancora l'aspetto del bruco, essi solitamente cercano i fiori della pianta Asclepia, che oltre a ricordare l'antico dio greco della medicina dal nome, è una delle piante con le maggiori proprietà farmaceutiche del continente americano.
I bruchi in particolar modo si alimentano dei margini fogliari e dei pezzettini di tessuto vegetale che è presente al centro dei fiori di questa pianta, ovvero i punti in cui i cardenolidi sono presenti in maggior quantità.
Ovviamente non basta visitare un'unica pianta per risultare completamente protetti dai predatori I bruchi infatti fanno visita a decine e decine di esemplari di Asclepia, prima di costruirsi un bozzolo in cui compiere la metamorfosi. Cibandosi infatti per molto tempo di questi fiori, i bruchi acquisiscono nel tempo sempre maggiori quantità di cardenolidi, accumulando veleno, finché cominciano quasi ad averne l'odore e a risultare repellenti per qualsiasi specie.
Una volta fuorusciti dal bozzolo, le farfalle sono libere di vagare e di muoversi lontano anche dai territori in cui sono presenti queste piante, anche perché da adulte non metabolizzano le molecole già presenti, risultando così per tutta la vita – che può raggiungere i 3 mesi – protetti.
Come funziona però sistema difensivo? Semplice: le farfalle confidano che gli altri animali riescano ad abbinare la loro particolare pigmentazione aposematica – in grado di comunicare il pericolo ai predatori – al loro retrogusto amaro e al fatto che inducono il vomito.
Moltissimi predatori selvatici infatti – soprattutto uccelli – da giovani cadono per colpa della fame nella trappola delle farfalle monarca, subendone tutte le conseguenze spiacevoli che porteranno poi gli adulti a rifiutare di cibarsi di questa particolare specie, anche se sottoposti alla peggiori delle carestie.
Il meccanismo utilizzato dalle farfalle monarca è talmente semplice ed efficiente che altre specie di farfalle, che non presentano i cardenolidi, sfruttando la memoria o l'avversione istintuale dei predatori verso questi insetti hanno cominciato ad evolvere delle livree simili a quelle delle monarca sulle loro ali, in modo da venir confuse e non venir predate.
In generale possiamo comunque tranquillizzare tutti coloro che temono che entrando a contatto con le farfalle monarca rischiano di morire. Soltanto le persone particolarmente allergiche al contatto con gli insetti rischiano infatti di subire uno shock anafilattico, se sfiorati da queste creature.
Quali sono le farfalle veramente pericolose?
Chiarito che le farfalle monarca non sono pericolose per gli esseri umani, ci si può chiedere se esistono comunque delle specie di farfalle (o di loro parenti) che risultano comunque pericolose per gli esseri umani. La risposta a questa domanda è affermativa, ma rispetto a tanti altri invertebrati velenosi di cui hanno paura le persone (principalmente ragni e scorpioni), le farfalle velenose non sono fra quei animali che attaccano abitualmente l'uomo, se non provocati. Essi infatti utilizzano le proprie tossine solo come sistema di difesa e risultano pericolose solo se toccate o ingerite. Non vedrete perciò mai una farfalla puntare nella vostra direzione come uno scorpione, intento a "pungervi" con un pungiglione.
Tra tutte le farfalle considerate pericolose, le Cethosia sono sicuramente le più rinomate. Esse vivono principalmente all'interno delle foreste della Cina, dell'Australia e dell’India e sono degli insetti notturni. La loro apertura alare può arrivare anche fino a circa 8-9 cm e come le farfalle monarca si nutrano prevalentemente di piante tossiche, il cui veleno viene assorbito da tutto il loro corpo.
Se toccate infatti possono produrre delle fastidiose reazione cutanee che ricordano le ustioni di primo grado, mentre se ingerite possono anche uccidere una persona.
In passato le Cethosia hanno creato dei grandi problemi agli esploratori e ai naturalisti europei, che giunti in Oriente per compiere le loro ricerche spesso venivano attratti da questi animali, con il risultato che si "ustionavano" le punta delle dita, i palmi delle mani, talvolta il volto, le braccia e il collo. Fra gli illustri scienziati a cadere vittima – se così si può dire – di questi insetti, abbiamo il secondo padre fondatore della teoria dell'evoluzionismo, ovvero Alfred Russell Wallace, che nei suoi taccuini consigliava ai suoi colleghi di non toccare mai le farfalle del sud est asiatico a "mani libere", ma solo con le dovute protezioni.
Un'altra tipologia di farfalla molto pericolosa, tanto da risultare fra quelle più tossiche in assoluto, è la coda di rondine blu. La Battus philenor può infatti portare all'incoscienza dopo pochi minuti, se il soggetto con cui ne è venuto a contatto risulta essere particolarmente sensibile alle tossine di cui sono ricoperte le sue ali.
L'Acherontia atropos, ovvero la famosa sfinge testa di morto, che in realtà non è una farfalla, bensì una falena, secondo una leggenda sarebbe invece un cattivo presagio per coloro che se la trovano dinnanzi al loro cammino. Sfatando queste dicerie, qui vogliamo chiarire che la loro cattiva fama è immeritata e che seppur presentano un disegno a forma di cranio nello spazio che divide le due ali, essi non sono per nulla collegati alla morte o agli animali in decomposizione.
Questi insetti si nutrono infatti prevalentemente di miele, non di carne marcia, risultando persino un problema per gli apicoltori africani che si ritrovano ad affrontare abitualmente a delle crescite demografiche di questa specie.
Per quanto inoltre venga considerata una specie letale, né il bruco né l'adulto presentano all'interno del loro corpo delle tossine che possono arrecare danni agli eventuali predatori o agli esseri umani. L'unica cosa a cui bisogna stare attenti è solo la loro grande capacità di resistenza alle tossine e ai pesticidi e la "bocca" dei bruchi.
Per quanto ovviamente queste larve non sono molto grandi, essi sono comunque capaci di mordere e le dimensioni delle loro mandibole assicurano un morso doloroso, che in caso di sensibilità immunitaria – come prima – può portare a shock anafilattico. Si consiglia quindi solo l'osservazione a distanza, soprattutto considerando quanto questa specie sia ormai molto rara in Europa.
Tra le specie di farfalle più pericolose abbiamo inoltre quelle appartenenti al genere Eumaeus, che vivono nelle Grandi Antille e in generali nei Caraibi. Queste specie ottengono le tossine dalle cycas, che producono uno dei veleni più nocivi che si conosca, in grado di distruggere lentamente il fegato delle vittime.
Infine, la gigantesca coda di rondine africana è la farfalla più grande dell'Africa ed anche una delle più velenose sulla terra. Con ali ornate di arancione e nero che potrebbero ricordare una tigre, questa farfalla si trova nella foresta pluviale dell'Africa centrale e non ha predatori naturali. Questo perché il bruco mangia la pianta mortale Strophanthus gratus. La tossina prodotta da questa specie è capace di provocare un infarto ad un ippopotamo e di solito viene utilizzata da alcune tribù locali in guerra, per uccidere i nemici.
Tra gli effetti spiacevoli prodotti da questa tossina c'è anche la paralisi, oltre a una dolorosissima erezione. Ed è per questo se la scienza in passato si è interessata ad entrambe le specie (farfalla e pianta), soprattutto per quanto riguarda la ricerca medica e l'invenzione di nuovi potenziali farmaci utili contro l'impotenza e i problemi cardiaci. Il problema rappresentato però dalla difficoltà di trovare le dosi adeguate ha costituito un limite, che ha spinto i ricercatori a trovare differenti soluzioni.
In Africa gli indigeni locali continuano però ad usare le foglie di Strophanthus gratus ed alcuni estratti di coda di rondine africana per difendersi anche nei confronti dei predatori e non sono pochi gli animali selvatici (leoni, rinoceronti, ghepardi, iene e licaoni) che vengono uccisi tramite tale metodo, nei pressi dei villaggi più poveri dell'Africa centrale.