L'Australia è spesso nota come una delle regioni del pianeta Terra più inospitali, poiché abitata da un grande numero di animali pericolosi per l'essere umano. Sia che ci troviamo in acqua che sulla terraferma, sono infatti molti i potenziali animali pericolosi a cui bisogna prestare attenzione, dalle diverse specie di serpenti velenosi come il taipan, ai grossi ragni e ai coccodrilli marini.
Persino fra le barriere coralline il pericolo è spesso dietro l'angolo, visto che i coralli che circondano la costa australiana pullulano di cubomeduse, di squali e di animali esotici velenosi come il polpo dagli anelli blu. Queste specie possono essere molto pericolose per gli esseri umani per via del loro loro veleno, per la loro forza nel morso oppure per le grandi dimensioni, e talvolta possono quindi essere protagoniste di incidenti mortali anche per l'uomo, come accade per esempio con i coccodrilli marini e gli squali bianchi.
Tutti questi animali però sono presenti in Australia per delle determinate ragioni storiche, ecologiche e geografiche e per quanto il loro insieme possa suscitare timori nei potenziali visitatori che desiderano esplorare l'isola, bisogna anche ricordare tuttavia che il numero di decessi causati dalla fauna selvatica in questo stato cala di anno in anno. In parte perché se si agisce in ottica preventiva diffondendo consapevolezza sulla corretta interazione con questi animali, ma anche perché è divenuto sempre più difficile incontrare certe specie in natura, poiché in forte crisi demografica da generazioni.
Molte di esse infatti stanno subendo de veri e propri crolli demografici, di seguito ai numerosi mutamenti ambientali che stanno alterando l'isola, fra cui gli incendi, l'antropizzazione delle aree rurali e l'avanzata incontrollata di specie invasive, come i rospi delle canne (Rhinella marina), che stanno divorando buona parte delle specie endemiche locali, seppur si siano visti dei miglioramenti grazie ai programmi di eradicazione della specie effettuati da alcuni biologi della conservazione. Molte di queste specie sono tra l'altro considerate dall'autorità locali come pericolose quasi esclusivamente perché velenose e per questo le loro popolazioni vengono costantemente monitorate.
Fra queste, abbiamo diverse tipologie di ragni, ma anche lucertole, serpenti e altri animali che si trovino quasi sempre in acqua, nascosti fra i flutti che circondano la grande barriera corallina e le diverse isole, come la Tasmania, che sono vicine alla costa australiana. Spiegare tuttavia questa grande concentrazioni di animali pericolosi ovviamente non è stato facile per gli scienziati che si sono alternati negli studi degli ecosistemi australiani. Dopo però decenni di ricerche, i biologi ormai sono pronti a spiegare perché questo territorio è la patria di alcuni degli animali più pericolosi del pianeta e qui andremo a comporre una breve sintesi delle loro scoperte.
Fattori storici
Una delle ragioni che ha principalmente portato all'evoluzione di un così grande numero di animali pericolosi scaturisce dall'origine geologica e dal seguente isolamento del continente australiano, rispetto alle altre regioni del mondo.
L'Australia infatti sorse come "isola continente" a partire da 50 milioni di anni fa, durante l'Eocene, dopo essere stata connessa per miliardi di anni al resto del mondo tramite l'Antartide, che a sua volta era collegata nella sua parte occidentale al Sud America e all'Africa, con un insieme di isole oggi scomparse. Questo evento, considerato dai biologi come il più importante fra quelli che sconvolsero la geologia dell'Australia, indusse dei profondi cambiamenti geografica e paleo climatici, che resero il vasto territorio centrale dell'isola un paesaggio povero di risorse e sottoposto ad una crescente desertificazione.
Il cambiamento degli stili di vita degli animali, precedentemente adattati a un ecosistema ricco e colmo di fiumi, fu repentino e travolgente e indusse diversi gruppi, come i monotremi e i marsupiali, a intraprendere un percorso evolutivo molto differente rispetto a quello preso dai loro cugini che vivevano negli altri continenti.
Ciò che però favorì definitivamente lo sviluppo di diverse specie velenose o pericolose fu il peggioramento delle condizioni climatiche che colpirono il continente, di seguito al suo perenne e inarrestabile spostamento verso nord e il tropico del Capricorno. L'Australia infatti abbandonò la fascia climatica delle zone temperate meridionali e s'imbatté in una fascia molto più calda, che accelerò notevolmente il processo di tropicalizzazione. Ciò aumentò notevolmente la competizione biologica delle specie, che per sopravvivere furono spinti a sviluppare diversi metodi per difendersi o per diventare efficienti predatori.
La maggioranza dei serpenti e dei ragni così iniziò a dotarsi di micidiali veleni. I coccodrilli rimasti, aumentarono di dimensioni e divennero molto più aggressivi, rispetto le altre specie presenti nel mondo. I mammiferi si dotarono di artigli e pungiglioni nascosti, in grado di avvelenare gli eventuali aggressori – fra questi l'ornitorinco – mentre nell'oceano, la ricchezza di biodiversità osservata grazie al sorgere della grande barriera corallina indusse molte creature a dotarsi di sistemi difensivi, come il il polpo dagli anelli blu o la medusa Chironex fleckeri, l'animale più letale del mondo.
Fattori geografici
Con il progressivo avvicinamento verso il continente asiatico e il perdurare delle condizioni climatiche estreme al centro dell'isola, l'Australia cominciò così a riempirsi di specie via via più minacciose, che tentavano di sopperire alla poche risorse che l'ecosistema era in grado di offrirgli con una maggiore efficacia di distribuzione all'interno del territorio e una predisposizione all'attaccare tutte quelle forme di vita che risultavano pericolose per la propria sopravvivenza. Un caso esemplare di questo fenomeno si può osservare studiando il comportamento degli emù australiani, che da quando giunsero sull'isola hanno imparato ad attaccare preventivamente qualsiasi serpente gli capiti a tiro, visto che gli elapidi – il gruppo di cui fanno parte tutti i serpenti dell'Australia – sono fra i rettili più velenosi in circolazione.
Inoltre, le differenze marcate fra la fascia costiera e l'entroterra australiano non hanno fatto altro che esacerbare questo conflitto fra le specie, inducendo una vera e propria corsa alle armi in moltissime specie.
Per esempio, gli stessi canguri che non sembrano essere dotati di chissà quali armi, hanno imparato a difendersi dai predatori sfoderando uno dei più potenti calci mai registrati in natura, in grado persino di stordire i malcapitati coccodrilli marini che osano inoltrarsi tramite i fiumi negli ecosistemi dominati da questi mammiferi.
Nel tempo così, l'isolamento geografico e l'elevata competizione fra tutte le specie, ha indotto la selezione naturale a favorire esclusivamente quegli animali in grado di badare a loro stessi in un contesto ostile e talvolta crudele, accentuando l'aggressività delle specie dove ce ne fosse di bisogno.
Fattori ambientali
A rendere infine recentemente la competizione fra le specie quasi intollerabile – fattore che ha indotto le specie a sviluppare comportamenti ancora più aggressivi e veleni più potenti – sono stati tre fattori molto importanti, che hanno destabilizzato gli equilibri ormai milionari di una fauna già abituata a convivere con i disastri.
Prima ci furono le conseguenze dell'era glaciale e l'arrivo dell'uomo, avvenuto fra 60 e 50.000 anni fa, a complicare notevolmente i rapporti di moltissime specie e a indurre tantissimi ecosistemi a scomparire, a causa dell'avanzamento degli incendi e della perdita di un gran numero di foreste. Poi fu la sostituzione faunistica, provocata dall'avanzamento delle specie aliene – provenienti da nord o introdotte artificialmente dall'uomo – a spingere altri animali ad assumere ulteriori strategie di difesa nei confronti degli invasori, rendendo i superstiti di quella che viene ricordata come estinzione della Megafauna australiana alcune delle specie più aggressive che si conosca, vista la limitazione crescente delle risorse.
Questo è un fenomeno tra l'altro ancora in corso, visto che gli incendi degli ultimi anni hanno colpito proprio quegli ecosistemi naturali in cui si radunavano le poche specie endemiche rimaste.
Così la convergenza evolutiva, la perdita di grandi fette del territorio, la storia unica condivisa di sofferenze e privazioni, ma anche il surriscaldamento climatico e la naturale competizione interna, hanno promosso uno stile di vita particolarmente aggressivo nella fauna australiana, non scordandoci di dimenticare la stupidità umana come fattore ambientale preponderante, nell'attuali estinzioni più recenti.