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1 Settembre 2024
16:00

Perché il tuo gatto va a caccia anche se ha cibo a disposizione

Nel gatto domestico la caccia e l’alimentazione sono correlati, ma non sono l’uno la conseguenza dell’altro. Per questo può capitare che un gatto vada a caccia, anche se ha la ciotola piena.

Membro del comitato scientifico di Kodami
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Nel gatto domestico la caccia e l’alimentazione sono comportamenti correlati, ma non sono l’uno la conseguenza dell’altro. Per questo può capitare che un gatto vada a caccia, anche se ha cibo a disposizione.

Una volta catturata la preda, il gatto ha una vasta gamma di opzioni, dal lasciarla andare fino al consumarla e con varie alternative nel mezzo. Di conseguenza, avere una ciotola piena potrà determinare se il gatto consumerà o meno la preda, ma difficilmente lo convincerà a rinunciare a tendere un agguato se dovesse intercettarla nel proprio campo visivo.

Questa attitudine viene spesso giudicata con toni moralistici dagli esseri umani, che si affrettano ad etichettare il gatto come “killer spietato” o “cinico” perché “caccia senza averne bisogno”. Come si vedrà a breve, in realtà, l’attività di caccia, seppur sganciata dall’alimentazione, assolve numerose altre funzioni sia biologiche che psicologiche ed è alla base non solo del benessere fisico del gatto ma anche del suo equilibrio mentale.

Il bisogno di alimentarsi, comunque, è solo uno dei tanti motivi per cui un gatto esercita la caccia. Ma non è il più importante, anche se nell’immaginario del nostro sistema valoriale dovrebbe essere così e dovrebbe essere l'unico. Nel caso del gatto domestico, invece, l’attività di caccia, assolve ad un ampio ventaglio di funzioni che sostengono l’etogramma di questo animale ed è, quindi, alla base non solo del benessere fisico del gatto ma anche del suo funzionamento e del suo equilibrio mentale.

Il gatto è predatore per natura

Questa estrema sensibilità del gatto è legata alla sua natura di predatore solitario ma, soprattutto, di cacciatore di piccole prede. Da un punto di vista biologico, infatti, il gatto si è evoluto per cibarsi di animali manipolabili con le zampe anteriori (non a caso, l’agguato del gatto prevede che questi blocchi l'obiettivo con gli uncini), quindi prede di piccola taglia che rappresentano, ciascuna, un pasto piuttosto esiguo.

Ergo, il gatto ha bisogno di mangiare poco ma spesso nell’arco delle 24h. Di conseguenza, il suo cervello si è evoluto proprio per fare in modo che il corpo, specializzato per una dieta altamente proteica, sostenuto da una finissima sensorialità, sia sempre pronto a rispondere alla presenza di una potenziale preda (che, comunque, riuscirà a sorprendere con efficienza inferiore al 30%).

Ecco perché oggi abbiamo a che fare con un animale scattante, sempre vigile, con un udito finissimo, un ottimo olfatto, una capacità quasi millimetrica di localizzare una eventuale preda anche se si nasconda alla vista. E questo accade indipendentemente dal fatto che il gatto sia sazio o meno.

Se il gatto va a caccia non vuol dire che non gli piaccia il cibo in casa

L’attività di caccia, quindi, ha a che fare con comportamenti antichissimi, radicati nel cervello ancestrale e parte del DNA del gatto ed è poco (se non per nulla) correlata alla qualità del cibo casalingo.

Un gatto domestico, di famiglia, che fosse scontento di quanto gli viene offerto in ciotola, farebbe molta meno fatica a cercarsi un’alternativa presso un’altra casa o presso una colonia assistita o addirittura nella spazzatura, piuttosto che impegnarsi in una faticosa caccia dal successo tutt’altro che scontato. Questo vale ancor di più per gatti che vivono in ambito urbano o metropolitano dove la presenza di potenziali prede è piuttosto esigua e, soprattutto, è scarsa la possibilità di sviluppare e poi affinare le strategie di caccia (che vanno apprese).

Del resto, questa attività, essendo così fortemente radicata nel repertorio di specie, consente anche di assolvere ad altre funzioni che non riguardano il puro sostentamento. Cacciare, per il gatto, significa anche mantenere il peso forma, restare funzionale dal punto di vista muscolo-scheletrico e gli consente, in modo ancora più significativo, di trovare appagamento in quello che fa, di dare un significato alla sua presenza sul territorio e di attribuire valore alle risorse presenti.

L’attività di caccia alimenta la sua motivazione sociale e quella competitiva ovvero il modo in cui regola le relazioni con i suoi simili nell’ambiente in cui vive. Inoltre, tiene attive tutte quelle funzioni mentali che, più ad alto livello, si esplicano con la capacità di problem solving, di pianificazione e di organizzazione spazio-temporale.

Ancora, il valore fondamentale della predazione è testimoniata anche dal fatto che i primi moduli comportamentali che emergono nel gattino a tre settimane di vita (seguire con lo sguardo, colpire con la zampa, afferrare con arti, inseguire) sono correlati proprio all’attività di caccia.

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Sonia Campa
Consulente per la relazione uomo-gatto
Sono diplomata al Master in Etologia degli Animali d'Affezione dell'Università di Pisa, educatrice ed istruttrice cinofila formata in SIUA. Lavoro come consulente della relazione uomo-gatto e uomo-cane con un approccio relazionale e sono autrice del libro "L'insostenibile tenerezza del gatto".
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