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8 Ottobre 2024
12:58

Perché il cane anziano cammina avanti e indietro? Come interpretarlo e gestirlo

Andare avanti e indietro è un comportamento che si riscontra, soprattutto di notte, in cani che possono essere affetti da differenti patologie o da declino cognitivo canino, pari in umana al morbo di Alzheimer. Un'adeguata attività fisica unita ad attività che stimolano la sfera cognitiva sostiene i cani adurante il periodo della senilità.

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Un cane anziano può manifestare un comportamento “strano” ai nostri occhi non riposando e camminando avanti e indietro senza trovare pace. E’ il sintomo di qualcosa che non deve essere sottovalutato e che può essere dovuto a differenti cause che vanno indagate con la consulenza di un medico veterinario.

Non accade a tutti i cani manifestare in questo modo un disagio ma, come del resto avviene negli esseri umani, l’età che avanza può comportare l’insorgenza di diverse patologie che vanno a coinvolgere il profilo comportamentale e sta a noi riuscire a comprendere cosa Fido sta comunicando e perché agisce in un determinato modo.

Tra le motivazioni sottostanti si possono infatti riscontrare malattie che derivano da tumori a livello cerebrale o in altre sedi che causano dolore alle articolazioni ma anche problemi articolari comuni come, ad esempio, l'osteoartrite.

Ancora, una delle ragioni per cui il cane cammina avanti e indietro in modo evidentemente non normale è il declino cognitivo e anche la demenza che nei quattrozampe provoca una disfunzione più grave del solo peggioramento delle capacità cognitive e che può essere paragonata in umana all’Alzheimer.

Le ragioni, dunque, derivano da un problema fisiologico che insorge proprio per l’età e ogni caso va indagato in base al singolo individuo attraverso visite specialistiche che solo il veterinario di riferimento può indicare al pet mate per iniziare l’iter diagnostico adeguato.

Molto spesso le persone notano questo cambiamento durante la notte e ciò non deve sorprendere: accade anche a noi umani nella nostra fase senile. A spiegare perché ciò accade nel cane è uno studio scientifico pubblicato nel 2023 su Frontiers che ha indagato questo aspetto. La ricerca è intitolata: “Sonno e cognizione nei cani anziani. Uno studio polisonnografico” ed è stata curata da un team multidisciplinare di ricercatori provenienti da alcuni dipartimenti universitari tra cui Veterinaria, Fisica e Scienze Naturali di diverse nazioni (Usa, Argentina e Ungheria).

I ricercatori hanno riscontrato che «i cani con punteggi di demenza più alti e con prestazioni peggiori in un compito di risoluzione dei problemi hanno trascorso meno tempo nel sonno NREM e REM. Inoltre, le analisi elettroencefalografiche quantitative hanno mostrato differenze nei cani associate all'età o alle prestazioni cognitive, alcune delle quali riflettevano un sonno più superficiale nei cani più colpiti».

L’esito dello studio, dunque, ha “certificato” che i cani affetti da disfunzione cognitiva canina – patologia identica al morbo di Alzheimer negli umani – soffrono di difficoltà a dormire e ciò è dovuto appunto ai cambiamenti correlati all'età nel ciclo sonno-veglia. Nel testo, infatti, si sottolinea proprio questo parallelismo tra ciò che accade a noi e ai nostri “migliori amici”, sottolineando che «le persone di riferimento di cani anziani riferiscono che l'insonnia è un cambiamento comportamentale legato all'età con un grande impatto sulla relazione proprietario-animale domestico. Mentre queste variazioni possono essere attribuite al normale invecchiamento, in alcuni casi potrebbero essere dovute a processi neurodegenerativi sottostanti».

Ci sono cose che si possono fare per alleviare i sintomi?

Rispondere in modo generico è del tutto scorretto, sicuramente però possiamo invitarvi a badare all’aspetto generale del cane anziano, supportandolo e stimolandolo con una corretta attività fisica, proponendogli sessioni di problem solving e offrendogli momenti di relax: tutto, però, deve essere adeguato al singolo compagno di vita che avete accanto. Un miglioramento della condizione, inoltre, è anche legato al contesto in cui il cane vive che deve essere adattato in base alle esigenze individuali.

Cosa fare per supportare il cane nella vecchiaia emerge grazie ad una vasta letteratura scientifica in materia, riscontrabile ad esempio all’interno del “Dog Aging Project”, un progetto a cui ricercatori di tutto il mondo possono accedere per collaborare con i loro studi all’aggiornamento di una piattaforma online, i cui server sono ospitati al MIT e ad Harvard.

Uno studio portato avanti proprio dai ricercatori che partecipano al progetto mette in evidenza in particolare quanto sia importante far svolgere a Fido una corretta attività fisica per lenire gli effetti della degenerazione cognitiva. Partendo dal dato di fatto che l’attività fisica negli esseri umani riduce il rischio di soffrire di Alzheimer, i ricercatori hanno effettuato dei test su oltre 11500 cani, reclutati proprio attraverso il Dog Aging Project, con un’età compresa tra i sei e i diciotto anni e di cui 287 erano affetti già da disfunzione cognitiva canina. Il risultato è stato che di fronte ad attività specifiche che consentono al cane di fare movimento fisico, i problemi legati alla sfera cognitiva sono diminuiti o comunque non aumentati.

La conclusione dei ricercatori è stata però che fosse necessario procedere con ulteriori studi per comprendere meglio l’impatto dell’attività fisica e nel 2024 è stata pubblicata un’altra ricerca, questa volta a firma di alcuni esperti del Dipartimento di Etologia dell’Università ungherese ELTE Eötvös Loránd di Budapest in cui si trova il Senior Family Dog Project. Gli esperti hanno messo insieme l’importanza del movimento con la stimolazione della sfera cognitiva nel cane anziano. «ll nostro obiettivo – precisano nel testo – era quello di indagare se un intervento fisico e cognitivo combinato (più efficace negli esseri umani) potesse migliorare le prestazioni dei cani da compagnia e portare a effetti a lungo termine».

Il risultato è stato che tanto l’attività fisica quanto quella cognitiva, sia singolarmente che in combinazione, hanno portato un miglioramento delle condizioni generali dei cani ma ciò che emerge in maniera particolare e che ci interessa farvi notare è il passaggio in cui nello studio i ricercatori sottolineano che la relazione con l’umano di riferimento fa la differenza, ovvero aiuta ancora di più il cane a ridurre gli effetti della senilità. Un consiglio ulteriore poi emerge proprio nelle conclusioni dello studio ed è quello di agire in prevenzione: «In sintesi, sia le terapie di intervento cognitivo che quelle fisiche possono avere un impatto sul comportamento dei cani anziani. Tuttavia, queste terapie possono essere più efficaci se applicate più a lungo o in età più giovane».

Non è un discorso diverso, del resto, da quello che si farebbe nei confronti di una persona anziana in generale e sostenere un percorso che riguarda anche eventuali cambi di routine può decisamente contribuire a far vivere meglio al vostro amico un periodo della vita che ognuno di noi, prima o poi, purtroppo dovrà affrontare.

Le informazioni fornite su www.kodami.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra il paziente ed il proprio veterinario.
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Martina Campanile
Istruttrice cinofila
Sono istruttrice e riabilitatrice cinofila con approccio Cognitivo-Zooantropologico, mi occupo di mediare nella relazione tra cane e umano: sin da piccola è un tema che mi ha affascinato e appassionato. Sono in continuo aggiornamento e penso che non si smetta mai di imparare, come mi insegna ogni giorno Zero, un meticcio sardo che è il mio compagno di vita.
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