I pesci abissali spesso vengono percepiti come spaventosi, per via del loro strambo aspetto e perché vivono in ambienti quasi del tutto privi di luce. Considerare tuttavia questi animali semplicemente come degli esseri mostruosi è uno degli errori più banali che si possono fare studiando la biodiversità marina, in quanto il loro aspetto spesso è il frutto di particolari adattamenti alle condizioni ambientali a cui sono sottoposti e può persino variare a secondo della profondità a cui li si osserva.
Alcuni pesci cambiano persino la loro consistenza, al di fuori dell'acqua, come il Blobfish, il cui aspetto naturale è molto diverso da quello a cui si riferiscono diverse foto presenti sul web.
In questo articolo andremo a spiegare come il loro aspetto è indicativo di come le pressioni ambientali possono condurre l'evoluzione a produrre le forme più disparate, andando ad elencare per esempio le ragioni che hanno spinto la rana pescatrice, il diavolo di mare, l'anguilla pellicano, l'inghiottitore nero e tante altre specie ad assumere l'aspetto che hanno.
Gli adattamenti delle specie abissali all'assenza di luce
Una delle principali ragioni che inducono le persone ad aver paura dei pesci abissali è il fatto che presentano spesso degli enormi occhi tubulari semi trasparenti che sembrano penetrare con il loro sguardo chi li sta osservando. Tuttavia, le ragioni per cui questi animali dispongono di occhi così particolari sono abbastanza semplici. Vivendo in un ambiente completamente buio, molte specie hanno evoluto degli occhi enormi per catturare anche il più fievole fascio di luce che riesce a raggiungere le profondità marine.
In tal modo possono catturare un gran numero di prede o accorgersi della presenza di un pericolo in tempo. Anche in questo caso, però, l'evoluzione ha seguito delle strade abbastanza bizzarre. Alcune specie infatti si sono specializzate nell'imbrogliare i predatori, come la rana pescatrice (Cryptopsaras couesii), evolvendo degli organi luminosi in grado di trarli in inganno ed attrarli a tradimento.
In alcuni casi, dopo milioni di anni di evoluzione, inoltrandosi nelle oscurità degli abissi più profondi, alcuni pesci hanno persino perso la capacità visiva, anche se dispongono ancora di occhi di grandi dimensioni.
Vivendo infine in mezzo all'oscurità, molti pesci abissali hanno perso le pigmentazioni tipiche dei loro parenti di superficie, non potendosi infatti riconoscere tramite il colore delle squame. Ciò li ha portati ad avere una pelle traslucida e in alcuni casi del tutto trasparente, in grado di far vedere gli organi contenuti al loro interno.
Attrarre le prede e il partner
Un'altra ragione che ha spinto molti pesci abissali ad assumere forme che possono incutere paura è quella collegata alla caccia. In un ambiente povero di nutrienti, dove è molto difficile riuscire a intercettare delle potenziali prede, alcuni animali hanno infatti adottato delle strategie di caccia in grado di indurre in inganno molti organismi. Usando infatti la bioluminescenza, pesci come la rana pescatrice, ma anche il pesce vipera (Chauliodus macouni) o i pesci lanterna (Myctophidae), attirano verso di sé le loro potenziali prede, attratte dalla luce come delle falene durante una notte estiva.
La bioluminescenza può essere prodotta in alcuni organi specifici, come l'appendice della rana pescatrice, o essere presente sull'intera superficie del corpo dell'animale, e fungere anche da attrattore per i partner sessuali. Anche infatti riprodursi si rivela un compito difficile, a determinate profondità, dove la vastità e l'oscurità degli abissi rendono quasi impossibile individuare un rappresentante della stessa specie. A seguito di queste esigenze, i pesci abissali hanno quindi assunto colorazioni strane, traslucide, quasi evanescenti, che li rendono molto diversi dalle creature marine presenti più in superficie.
Le condizioni ambientali
Gli animali che vivono negli abissi sono sottoposti ad una incredibile pressione, data dal peso della colonna d'acqua. Per sopravvivere quindi a queste condizioni, che sbriciolerebbero qualsiasi altro animale, hanno dovuto adattarsi alle condizioni ambientali evolvendo particolari soluzioni anatomiche e metaboliche, persino a livello cellulare, che gli permettono di vivere in profondità.
La loro particolare struttura corporea presenta tuttavia dei problemi quando questi animali si avvicinano alla superficie. Sottoposti infatti a una minora pressione, i loro organi e le loro cellule scoppiano, rilasciando i fluidi all'interno dei loro tessuti. È proprio a causa di questa ragione se molti pesci, quando vengono pescati, assumono delle forme bizzarre e sembrano mollicci, quasi gelatinosi.
Questo fenomeno è particolarmente osservabile andando a considerare la morfologia del Psychrolutes marcidus, noto ai più come blob fish, quando i suoi esemplari vengono portati in superficie. Nel suo ambiente naturale, questo pesce ha infatti un aspetto abbastanza comune. Non è né bello né brutto e presenta una superficie rosata-brunastra, da cui compaiono delle piccole estroflessioni appuntite. Ha anche una grande bocca carnosa, con cui cattura le prede, che non assume l'espressione di un pesce triste.
Giunto in superficie, tuttavia, a seguito della differenza di pressione a cui è normalmente abituato, il suo corpo perde di coerenza e di consistenza. Assume un aspetto simile alla gomma sciolta e non riuscendo a contenere più i suoi organi all'interno del corpo, spesso li espelle dalla bocca. La sua pelle diventa molliccia e acquosa e i suoi muscoli vengono completamente sfilacciati, tanto da non tenere più il peso dei tessuti. Per il suo aspetto mostruoso è stato votato votato come "animale più brutto del mondo", divenendo mascotte della Ugly Animal Preservation Society, dimostrando come le specie abissali sono spesso vittime di bullismo e del disprezzo delle persone.
Accumulare risorse
Un altro aspetto che porta i pesci abissali ad assumere forme strane è la loro necessità di accumulare risorse. Vivendo infatti in un ambiente non molto ricco di risorse, hanno la necessità di sfruttare il più possibile tutte le opportunità alimentari che si trovano davanti, anche le più estreme.
Alcune specie, come l'inghiottitore nero, possono infatti inghiottire prede che presentano dimensioni 10 volte maggiori la loro, tramite degli adattamenti meccanici ed anatomici che gli permettono di flettere la mascella e di allargare lo stomaco all'inverosimile. In tal modo, quando catturano una preda, questa li può sfamare per molto tempo, senza che sia per loro necessario andare nuovamente a caccia.
Questa soluzione, tuttavia, presenta due problemi. La prima è connessa alle dimensione stessa delle prede. Nel caso in cui un inghiottitore nero catturi un animale troppo grande per il suo stomaco, solitamente questo esplode, provocando una lenta agonia all'animale. Inoltre, questi pesci presentano un apparato mandibolare molto delicato, che qualora si danneggiasse di seguito ad una battuta di pesca, difficilmente può essere riparato.