Un team di ricercatori specializzati in bioacustica ha scoperto che i coccodrilli percepiscono e rispondono a una gran varietà di vocalizzazioni, grida e pianti di primati, inclusi quelli dei bambini umani. Lo studio, condotto dall'Università di Saint-Etienne in collaborazione con quella di Lione, in Francia, ha analizzato per la prima volta nel dettaglio le reazioni e il comportamento di alcuni coccodrilli del Nilo a cui è stato fatto ascoltare attraverso un altoparlante anche registrazioni di bambini che piangevano.
E secondo i risultati, recentemente pubblicati su Proceedings of the Royal Society B: Biological Sciences, i rettili sono persino più bravi di noi a identificare i segnali emotivi nascosti nei pianti e nei lamenti dei bambini, forse perché si sono evoluti anche per cacciare soprattutto prede indifese, inclusa la nostra specie. Una scoperta un po' macabra che però getta una nuova luce sulle capacità di interpretazione di questi antichi rettili delle vocalizzazioni emesse da altre specie.
Per scoprirlo, gli scienziati hanno utilizzato registrazioni di bambini e cuccioli di diverse specie che piangevano o urlavano in condizioni di stress, angoscia o sofferenza. Tra queste c'erano scimpanzé, bonobo e neonati umani sottoposti a vari gradi di stress, come per esempio i pianti di bambini registrati in casa o dal pediatra mentre ricevevano la dolorosa puntura per il vaccino.
Studi precedenti hanno già dimostrato che i coccodrilli tendono a rispondere al suono dell'angoscia e della sofferenza di una potenziale preda, attivandosi e muovendosi verso la direzione del suono. Le ipotesi sulle ragioni evolutive dietro questo comportamento sono abbastanza intuitive: se c'è un animale in difficoltà vuol dire che per un coccodrillo si prospetta un pasto facile e veloce e saperlo riconoscere è un vantaggio piuttosto evidente.
Tuttavia il team si è chiesto, come avrebbero risposto i coccodrilli alle vocalizzazioni di altri animali che non solo loro prede abituali? I rettili sottoposti all'esperimento vivono al CrocoParc, in Marocco, una struttura enorme che ospita oltre 300 coccodrilli del Nilo (Crocodylus niloticus), che vivono in uno stato di semilibertà e si comportano quasi come se fossero completamente liberi nel loro habitat naturale.
Lì il team ha installato gli altoparlanti che riproducevano le registrazioni e nel frattempo ha osservato e analizzato con attenzione le reazioni e i comportamenti dei grandi rettili. Quasi tutti i coccodrilli hanno risposto istantaneamente alle registrazioni di tutte e tre le specie, attivandosi, girando la testa, nuotando decisi verso la fonte del suono, talvolta persino attaccando e mordendo gli altoparlanti.
Le reazioni dei coccodrilli erano inoltre molto più forti quando le registrazioni avevano caratteristiche acustiche più irregolari, come salti di frequenza, alterazioni del volume, tutti tratti associati a una maggiore eccitazione emotiva. Per i ricercatori, questo significa che i coccodrilli del Nilo sono sensibili e ricettivi alle vocalizzazioni d'aiuto o di difficoltà di scimpanzé, bonobo e umani, un dato piuttosto sorprendente considerando quanto siano biologicamente distanti tra loro i primati e questi rettili.
Per gli autori, la maggior parte delle reazioni osservate nei coccodrilli potevano essere interpretate come un chiaro comportamento di predazione. In fin dei conti se lo si poteva anche aspettare. Questi predatori sono da sempre abbondanti in Africa, sin da quando i nostri più antichi antenati hanno cominciato a muovere i primi passi da bipedi tra le pianure africane, ovvero milioni di anni fa.
È perciò possibile che i coccodrilli abbiano evoluto adattamenti e caratteristiche che gli consento di percepire e individuare un piccolo primate abbandonato o che si trova in guai seri, inclusi i cuccioli inermi di Homo sapiens, un pasto senza dubbio più semplice – dal punto di vista di un coccodrillo – rispetto a magari uno gnu, una zebra o un ippopotamo. La storia, però, non finisce qui.
Sebbene la maggior parte dei coccodrilli abbiamo mostrato atteggiamenti predatori, un individuo in particolare – molto probabilmente una femmina secondo i ricercatori – dopo essersi diretto verso l'altoparlante da cui provenivano urla e pianti, si è improvvisamente voltato come per difendere quel piccolo in difficoltà dall'arrivo di altri coccodrilli.
Per gli studiosi una risposta del genere è perfettamente compatibile col comportamento di protezione con cui le mamme coccodrillo difendono i loro piccoli appena nati da altri predatori, compresi i proprio conspecifici. Che la femmina volesse davvero proteggere e difendere quel "bimbo" è difficile stabilirlo con certezza, ma secondo gli autori è evidente che esiste una sorta un'universalità linguistica nei pianti dei bambini, che unita a una lunga storia condivisa con questi rettili che ancora oggi uccidono esseri umani in Africa, ha permesso anche ai coccodrilli di comprendere lo stato emotivo legato all'angoscia o al pericolo dei piccoli umani.