Probabilmente è uno dei più grandi misteri parzialmente irrisolti della nostra evoluzione. Come mai noi esseri umani non siamo dotati delle stesse pellicce che sembrano possedere invece tutti i nostri parenti più prossimi? Gorilla, scimpanzé, bonobo, oranghi… tutte queste specie e probabilmente anche i nostri parenti più antichi, come gli australopitechi, dispongono di soffici strati di pelliccia più o meno scura, come buona parte delle altre specie di mammiferi presenti in natura.
Gli scienziati hanno per anni tentato di spiegare il nostro essere glabri, se si escludono i capelli e alcune aree del corpo molto specifiche, come pube, ascelle e nei maschi l'area intorno alla bocca e al mento. Solo però recentemente, grazie a uno studio pubblicato su eLife, sembra che gli scienziati siano riusciti ad imboccare la strada giusta.
Utilizzando un'indagine computazionale basata sulle differenze dei tassi evolutivi delle specie, confrontando infatti il genoma di tutti i mammiferi non dotati di molti peli (come noi esseri umani, ma anche balene ed eterocefali glabri), i ricercatori sono riusciti a individuare centinaia di geni regolatori correlati alla crescita dei peli.
«L'indagine computazionale ha rivelato che i geni e le loro regioni non codificanti associate, mostrano diversi modelli evolutivi e influenzano diversi aspetti della crescita e dello sviluppo dei peli in tutto il corpo» affermano nello studio coadiuvato da Nathan Clark del dipartimento di Biologia Computazionale dell'Università di Pittsburgh. «Molti geni in fase di evoluzione accelerata che abbiano trovato sono infatti associati alla struttura del fusto del capello stesso, mentre i cambiamenti di velocità evolutiva nelle regioni non codificanti includevano informazioni legate anche alla papilla dermica e alle regioni della matrice del follicolo pilifero, che contribuiscono alla crescita e al ciclo dei capelli».
I ricercatori, per ottenere questi risultati, hanno svolto la scansione dell'intero genoma di ben 62 specie di mammiferi, utilizzando 19.149 geni e 343.598 regioni non codificanti conservate, scoprendo che la pelle glabra è un fenotipo che si è evoluto nove volte in maniera indipendente lungo la storia dei mammiferi.
Inoltre: «Questo studio ha rivelato una serie di nuovi geni candidati, regioni non codificanti e microRNA presumibilmente associati alla crescita dei capelli. In particolare, evita di identificare i cambiamenti genetici specifici della specie che potrebbero essere associati a un numero qualsiasi di fenotipi unici per ciascuna specie e cerca invece elementi genomici generali correlati ai capelli rilevanti in molte specie». Ciò vuol dire che il lavoro svolto dagli scienziati di Pittsburgh rappresenta il primo passo verso la comprensione completa dell'evoluzione dei capelli in tutti i mammiferi e non solo per gli esseri umani.
Ovviamente, questo studio non è importante solo per una conoscenza evolutiva del fenomeno. I risultati ottenuti, infatti, saranno importanti anche in futuro per lo sviluppo delle cure per il recupero dei capelli caduti precocemente, fenomeno indotto dall'alopecia o dalla chemioterapia e che coinvolge tantissime persone. Ottenute queste informazioni, però, gli scienziati sono capaci di spiegarci le ragioni per cui abbiamo perso la pelliccia e perdiamo attualmente i capelli?
La risposta a questa domanda è più complicata di quanto si possa immaginare. Tramite questo studio, infatti, i ricercatori sono riusciti a comprendere come e perché esistano molte specie, tra cui non primati, che non presentano peli, capelli o soffrono di alopecia. Dalle parole sopra riportate, infatti, possiamo capire che il nostro genoma, come quello di tante altre specie glabre, presenta anch'esso le informazioni necessarie per la formazione della pelliccia. Tanto che esiste una patologia genetica legata al cromosoma X, nota come sindrome di Ambras o ipertricosi, in cui delle persone sviluppano la capacità di sviluppare una folta pelliccia in tutto il corpo.
Questo ci induce a pensare che tutti noi disponiamo della capacità di sviluppare peli e capelli molto fluenti lungo tutto il corpo, ma che le aree dove sono presenti queste informazioni lungo il nostro DNA sono silenziate. Il meccanismo è proprio quello osservato dallo studio guidato da Nathan Clarke.
Perché però l'evoluzione ha indotto la nostra specie a silenziare questi geni? Lee balene, per esempio, hanno una ragione pratica per perdere la pelliccia, come l'eterocefalo glabro. Infatti queste specie hanno bisogno di un corpo liscio e idrodinamico per nuotare (le balene) e scavare efficacemente nel terreno (l'eterocefalo). Noi esseri umani non abbiamo però di tali necessità.
Clarke ha individuato in che modo il nostro DNA ha silenziato le informazioni legate alla produzione della pelliccia e alla formazione dei capelli, così come altri ricercatori hanno tentato di spiegare il nostro essere scimmie nude. Molte sono state le proposte. Abbiamo la teoria di Desmond Morris, correlata alla selezione sessuale delle femmine umane, alla teoria classica dell'evoluzione africana, che avrebbe spinto i nostri antenati a perdere la pelliccia a seguito dell'evoluzione delle ghiandole sudoripare e delle rinnovate e torride condizioni dell'Africa subsahariana durante l'era glaciale.
Queste due teorie, le più supportate da prove evolutive, spiegano anche perché la nostra specie, per quanto nuda, abbia conservato i capelli, i peli del pube, dell'ascelle e lo strato sottile di peluria che è comunque presente sopra l'epidermide (in effetti non siamo del tutto glabri come talvolta pensiamo).
I capelli sarebbero rimasti per proteggere la nuca dai raggi del sole e per comunicare ai potenziali partner il proprio stato di salute e l'età. I peli del pube proteggevano, tramite l'umidità conservata fra i peli, gli organi riproduttivi dalla secchezza dell'aria. Inoltre, permettevano la diffusione di feromoni di natura strettamente sessuale, un po' come avviene per i peli delle ascelle. Infine, la peluria in tutto il corpo avrebbe garantito una maggiore protezione termica, per quanto non sufficiente ad alte e medie latitudini.