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15 Novembre 2023
9:00

Perché gli orsi maschi uccidono i cuccioli?

Gli orsi maschi adulti uccidono i cuccioli non propri per motivi riproduttivi: ucciderli aumenta la possibilità di accoppiarsi con le loro madri. Ma come fanno a capire che i cuccioli sono di un altro maschio? E perché a volte muoiono anche le madri?

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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Gli orsi maschi adulti uccidono i cuccioli non propri sulla spinta di una motivazione squisitamente sessuale e riproduttiva. Commettono quello che tecnicamente si definisce infanticidio sessualmente selezionato. Come fanno i maschi infanticidi a distinguere i propri cuccioli da quelli degli altri? Probabilmente riconoscono la madre.

Le femmine, di solito, non subiscono passivamente e infatti, per evitarlo, mettono in campo svariate contromisure. Ad esempio, evitano i conspecifici nei periodi critici e si accoppiano con più maschi: attraverso la promiscuità sessuale cercano di confonderli, generando incertezza sulla paternità della prole. Poi, trovandosi proprio davanti all’aggressore, lottano strenuamente per difendere i propri piccoli.

L’infanticidio selezionato sessualmente è comune nelle specie dimorfiche per dimensioni, caratterizzate da un sistema di accoppiamento poligamo, e si verifica durante la stagione degli accoppiamenti in animali che hanno cure materne prolungate. È stato documentato raramente nei mammiferi non sociali, e tra questi troviamo appunto gli orsi, come gli orsi bruni (Ursus arctos).

L’infanticidio da parte degli orsi maschi

Similmente ad altre specie, come i leoni africani (Panthera leo) e i cervi rossi (Cervus elaphus), l'infanticidio negli orsi è molto probabilmente legato al successo riproduttivo maschile. Può essere cioè una strategia riproduttiva dei maschi in cui l'uccisione di cuccioli non imparentati induce un estro prematuro nelle madri e aumenta l'opportunità di accoppiarsi con loro. I maschi adulti operano durante la stagione degli accoppiamenti, quando la femmina, privata con la forza della prole, torna ricettiva alcuni giorni dopo. L’infanticida cerca di uccidere tutti i cuccioli della cucciolata, ma non la femmina.

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Ciononostante, capita che venga uccisa anche la madre, e in questo caso il beneficio per il maschio è più difficile da valutare. È quanto accaduto ad esempio in quello che, in Italia, è stato il primo caso documentato geneticamente tra gli orsi bruni, avvenuto nel maggio 2015 in Trentino.

L'infanticida ha ucciso due cuccioli e la loro madre. Le lesioni riportate da quest’ultima raccontano di come, probabilmente, ucciderla non fosse nelle sue intenzioni originarie: la madre è morta nel tentativo di difendere i propri piccoli, facendo così di fatto fallire il tentativo del maschio di copulare. Campioni biologici sono stati prelevati sul luogo del delitto e le analisi di parentela, effettuate con protocolli e software progettati per analizzare in campo forense i profili genetici umani, hanno confermato le relazioni madre-cuccioli e identificato il padre che, come previsto, si è rivelato geneticamente diverso dal vero colpevole.

Ora, in questo caso di infanticidio tra orsi manca un tassello cruciale: il movente. Cosa ha spinto il maschio in questione a uccidere quei piccoli (e la loro madre)? Le prove portano tutte in una direzione: il cannibalismo, un comportamento opportunista che, tra gli orsi, è piuttosto noto. I cuccioli sono infatti stati uccisi e parzialmente consumati, e anche la femmina è stata consumata e coperta con terra, rami e fogliame, il che è tipico degli orsi quanto cercano di nascondere le carcasse ad altri possibili interessati. Inoltre, i cadaveri sono stati trovati in una zona di foresta molto densa, il che riflette un altro comportamento tipico degli orsi, che, sempre per lo stesso motivo, tendono a trascinare le carcasse in luoghi poco accessibili.

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Questo chiarirebbe anche il vantaggio per l’aggressore: anche se uccidere la femmina non era nelle sue intenzioni, il beneficio trofico derivante dall’opportunità di nutrirsi del suo cadavere è evidente. Il cannibalismo rappresenta il 2% della dieta degli orsi negli Appennini in primavera e meno dello 0,6% in estate e autunno, e le osservazioni suggeriscono che esso è principalmente associato al consumo di cuccioli in episodi di infanticidio. Ciò detto, negli orsi è riportata anche l’uccisione intraspecifica non correlata all'infanticidio sessualmente selezionato: essa è stata descritta soprattutto negli orsi grizzly, mentre in Europa l'uccisione e il cannibalismo tra orsi sono stati raramente documentati.

Le conseguenze dell'infanticidio sulle popolazioni di orsi

L’infanticidio influenza principalmente le dimensioni delle popolazioni, riducendo il tasso di sopravvivenza dei neonati e il reclutamento di giovani. Questo vale in particolare per le popolazioni isolate, con pochi adulti riproduttivi, specialmente se la femmina viene uccisa nel tentativo di difendere la prole. Complessivamente tutto ciò può avere un impatto negativo complessivo sulla conservazione a lungo termine della specie.

È possibile prevenire e contrastare l'infanticidio degli orsi?

La migliore gestione e conservazione delle popolazioni selvatiche passa soprattutto attraverso l'identificazione del maschio infanticida, specialmente nel caso di popolazioni recentemente stabilite in ambienti dominati dall'uomo. Le azioni di monitoraggio sono fondamentali e dovrebbero consentire la supervisione del comportamento dei maschi infanticidi (ad esempio, tramite radiotelemetria) e, in caso di rischio di infanticidio ripetuto, facilitare adeguate azioni di conservazione (ad esempio, piani di dissuasione).

Il monitoraggio delle cucciolate è uno strumento fondamentale per la gestione delle popolazioni di orsi per ottenere le informazioni necessarie per valutare l'impatto dell’infanticidio sulle tendenze demografiche.

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Bibliografia
Nel 2003 mi laureo in Medicina Veterinaria. Dal 2008 sono ricercatrice presso l’Università degli Studi di Milano, dove insegno Etologia Veterinaria e Benessere Animale. Studio il comportamento degli animali e la relazione uomo-animale.
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