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13 Gennaio 2024
17:00

Perché gli animali preistorici erano spesso più grandi di quelli di oggi?

È vero che molti animali preistorici erano più grandi di quelli attuali, tuttavia, l’animale più grande mai comparso è la balenottera azzurra ed esiste ancora oggi. In teoria dovrebbero ancora esistere animali di grandi dimensioni sulla terraferma ma, purtroppo, anche in questo caso c’entra l’impatto dell’essere umano.

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È vero che molti animali preistorici erano più grandi di quelli di oggi, ma è vero anche che l’animale più grande mai esistito è apparso solo recentemente ed è attualmente vivente: la balenottera azzurra, con i suoi 30 metri di lunghezza e 160 tonnellate di peso, è, in termini di massa, il più grande animale conosciuto vissuto sulla Terra, comparso appena poco più di 2 milioni di anni fa. Allora perché sulla terraferma non ci sono più animali imponenti come i dinosauri?

Dipende: la vita pluricellulare complessa è nata poco prima del periodo Cambriano, quindi oltre 541 milioni di anni fa, in mare, mentre le piante sono emerse sulla terraferma per la prima volta circa 420 milioni di anni fa, durante il Siluriano; da lì a poco i primi animali iniziarono a colonizzare i nuovi ambienti emersi, i primi furono gli artropodi, successivamente, durante il Devoniano, anche i primi vertebrato come gli anfibi. Rettili, uccelli e mammiferi non esistevano ancora. Durante questo lunghissimo periodo che va dalla conquista delle terre emerse ad oggi le condizioni geologiche, climatiche e atmosferiche del Pianeta sono mutate più volte, si sono verificati eventi di estinzione di massa e sono apparsi numerosissime nuove specie animali e vegetali.

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Ricostruzione di Arthropleura

Durante il Carbonifero, ad esempio, circa 300 milioni di anni fa, l’atmosfera era estremamente ricca di ossigeno, i vertebrati erano ancora di dimensioni modeste e gli artropodi come insetti e millepiedi raggiungevano dimensioni considerevoli. Un esempio e l’Arthropleura, un millepiedi gigantesco trovato in Europa che poteva raggiungere quasi i 3 metri di lunghezza. Durante il Mesozoico, invece, i dinosauri hanno dominato la terra e alcuni sauropodi come Argentinosaurus superavano i 35 metri di lunghezza, gli pterosauri regnavano nei cieli e alcuni, come Hatzegopteryx e Quetzalcoatlus avevano aperture alari superiori ai 10 metri, e diversi gruppi di giganteschi rettili marini si contendevano gli oceani.

Dopo l’estinzione dei dinosauri i mammiferi hanno avuto l’opportunità di diventare il gruppo dominante, evolvendo forme mastodontiche come Paraceratherium, lungo quasi 7,5 metri e pesante 20 tonnellate, ma anche alcuni rettili come Titanoboa raggiunsero le notevoli dimensioni di 13 metri di lunghezza per oltre una tonnellata di peso. Durante l’ultima glaciazione, invece, la megafauna del Pleistocene raggiunse dimensioni ragguardevoli come adattamento alle basse temperature. La scomparsa di questi ultimi animali è in parte dovuta all’azione dell’ essere umano.

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Ricostruzione di Titanoboa

Perché gli animali preistorici erano così grandi?

Ci sono diversi fattori che portano un gruppo di animali ad aumentare di taglia con l’evoluzione. Per prima cosa esiste un trend comune a tutti gli animali in cui si vede che tutti i cladi nascono con forme piccole e generaliste ed evolvono in organismi via via più grandi e complessi. Questo, però, non implica che non appaiano più specie di piccole dimensioni in un determinato ramo evolutivo. Un altro principio universalmente valido è la regola di Bergmann, secondo la quale la massa corporea degli animali tende ad aumentare in relazione alle basse latitudine in risposta alle temperature rigide. In generale anche animali della stessa specie con vasti areali tenderanno ad essere più grandi nelle aree con le temperature più basse, quindi sopra certe altitudini o verso i poli.

Anche l’atmosfera può influenzare direttamente la capacità di crescere di un animale e nel caso degli artropodi giganti del Carbonifero, come Arthropleura, è stata proprio l’elevata concentrazione di ossigeno presente durante quel periodo a permettere l’aumento di dimensioni. Oggi insetti e altri artropodi di quella stazza non potrebbero esistere per via di un limite fisico dovuto alla struttura delle tracheole con cui respirano, nelle quali l’ossigeno viene diffuso direttamente ai muscoli. Con l’atmosfera attuale non arriverebbe quindi sufficiente ossigeno per far sopravvivere enormi artropodi come Arthropleura. Anche la stabilità climatica può favorire la crescita degli animali: si ritiene, ad esempio, che il clima generalmente mite e con una minore differenza stagionale del Mesozoico sia stato uno dei fattori che ha contribuito all’aumento di dimensioni dei dinosauri.

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Ricostruzione di Quetzalcoatlus

Anche il metabolismo potrebbe aver permesso ai grandi rettili del Mesozoico di diventare così grandi: in generale, infatti, i dinosauri hanno raggiunto stazze ben più imponenti rispetto ai più grandi mammiferi terrestri come Paraceratherium, probabilmente perché gli animali omeotermi (a sangue caldo) potrebbero avere problemi con la dispersione di calore superata una certa taglia. I dinosauri avevano, inoltre, ossa più leggere e irrorate di tessuto respiratorio, ma altrettanto resistenti, che a paragone con le ossa dense e pesanti dei mammiferi si sono rivelate un vantaggio per l’aumento di taglia.

Anche la possibilità di occupare nuove nicchie biologiche può permettere a un gruppo di animali di crescere, ad esempio dopo l’estinzione dei dinosauri i mammiferi hanno potuto prendere il sopravvento a raggiungere dimensioni mai registrate prima. Ultimo ma non per importanza, anche l’ambiente influenza direttamente la possibilità di crescita di una specie: gli animali marini possono diventare molto più grandi e pesanti di quelli terrestri perché il loro peso è sostenuto dall’intera colonna d’acqua. Ed è per questo che l’animale più grande mai esistito sia una specie acquatica, ovvero la balenottera azzurra.

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Ricostruzione di Paraceratherium

Le conseguenze evolutive e comportamentali

La taglia grande non è solo una difesa contro il freddo ma anche contro i predatori: avere una certa stazza rende gli animali invulnerabili agli attacchi dei carnivori, come nel caso dei giganteschi dinosauri sauropodi o come gli elefanti e le giraffe che generalmente non vengono attaccati dai leoni. Per questo motivo però gli esemplari giovani, che al contrario sono vulnerabili, devono spesso mangiare moltissimo per poter crescere in fretta e assicurarsi la sopravvivenza. La crescita della taglia degli erbivori porta, però, ad un fenomeno di coevoluzione tra preda e predatore: se le prede diventano più grandi per essere meno vulnerabili a loro volta i predatori tenderanno a crescere di taglia in risposta, e così via fino a raggiungere un limite.

Un altro vantaggio dell’avere una taglia grande consiste nel disperdere meno calore corporeo e resistere meglio alle basse temperature. Avere una temperature corporea costante permette di essere sempre attivi a prescindere dalle condizioni ambientali e dalla temperatura esterna. I dinosauri, infatti, a differenza degli altri rettili erano molto più agili e resistenti: gli uccelli moderni, che sono gli unici discendenti di questo gruppo, mantengono una temperatura corporea fissa e verosimilmente erano in grado di farlo anche alcuni dinosauri piumati. Non possiamo sapere con certezza se tutti i dinosauri avessero questa capacità ma quelli che superavano una certa taglia riuscivano ad avere lo stesso risultato di termoregolazione degli animali a sangue caldo.

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Ricostruzione di Argentinosaurus

Infatti, man mano che un animale diventa più grande il suo rapporto volume/superficie cambia perché il volume del corpo aumenta al cubo mentre la superficie attraverso cui disperdere il calore aumenta solo al quadrato, quindi questi animali anche se a sangue freddo riescono a trattenere sufficiente calore da avere un tasso metabolico paragonabile a quello degli animali omeotermi. Il fenomeno della cosiddetta omeotermia passiva o gigantotermia è tipico ancora oggi di alcuni grandi animali a sangue freddo come lo squalo bianco e la tartaruga liuto e probabilmente era sfruttato dalla maggior parte dei dinosauri e degli antichi rettili marini.

Lo svantaggio più grande, invece, dell’essere così grandi sta nel dover consumare molta biomassa. In teoria, gli animali più grandi che consumano molta biomassa sono quelli che dominano rispetto agli altri, eppure questo è stato proprio il motivo dell’estinzione dei dinosauri, e di tutti i precedenti gruppi che dominavano il Pianeta prima e durante il loro regno. Durante un evento di estinzione di massa, causato generalmente da un cataclisma che stravolge l’equilibrio dell’ecosistema, si estingue più del 50% di tutte le forme di vita presenti. In un contesto del genere essere grandi e necessitare di molte risorse per sopravvivere si può rivelare uno svantaggio, ed è per questo che dopo l’impatto del meteorite avvenuto 66 milioni di anni fa tutti i grandi gruppi di rettili come dinosauri, pterosauri, ittiosauri e plesiosauri sono andati incontro all’estinzione. Al contrario i piccoli mammiferi e gli uccelli sono stati in grado di sopravvivere perché necessitavano di meno cibo e risorse e hanno potuto adattarsi alle difficili condizioni successive al cataclisma.

Perché si sono estinti e non esistono più animali così grandi?

Solitamente dopo un evento di estinzione di massa un nuovo gruppo prende il sopravvento e le sue specie crescono di dimensioni e occupano le nicchie ecologiche nuovamente disponibili. Abbiamo visto che i mammiferi hanno fatto esattamente questo e molti di loro avevano raggiunto taglie considerevoli, allora perché non esistono più animali grandi come i dinosauri? In realtà dovrebbero. Seguendo la sopracitata regola di Bergmann dovremo aspettarci i mammiferi più grandi in prossimità dei poli, ma oggi gli animali di maggiori dimensioni sulla terraferma sono per lo più in Africa.

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Ricostruzione di mammut, il più famoso rappresentante delle megafauna del Pleistocene

Durante l’ultima glaciazione i mammiferi avevano evoluto diverse specie di taglie imponenti, note appunto come megafauna del Pleistocene, come mammut, megaloceri, rinoceronti lanosi e leoni delle caverne, ma la comparsa e successiva diffusione di Homo sapiens ha segnato la fine di molte delle specie di mammiferi, uccelli e rettili cenozoici di grosse dimensioni. Studiando, infatti, l'espansione della nostra specie nei vari continenti si può osservare come l'arrivo dell'uomo coincida sempre con importanti estinzioni locali, in particolare delle specie più grandi, prede ambite dai nostri antenati. Essendo le specie più grandi solitamente longeve e con cicli lunghi, raggiungono la maturità sessuale dopo diversi anni e le popolazioni non sono mai particolarmente numerose.

La caccia indiscriminata può quindi minare seriamente la sopravvivenza di queste specie e oggi come allora l’essere umano si rivela essere la principale causa di estinzione di numerosissime forme di vita. Anche le splendide balenottere azzurre oggi sono minacciate per lo stesso motivo, e come loro numerosi altri cetacei, la megafauna africana, ma anche gli ultimi grandi sopravvissuti dei climi artici come gli orsi polari.

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Yuri Digiuseppe
Redattore
Classe '94, appassionato di animali e scienze sin da piccolissimo, sono un naturalista di formazione, specializzato in paleontologia e divulgazione. Mi è sempre venuto spontaneo spiegare agli altri le bellezze della natura e passare intere giornate ad osservare piante e animali di ogni tipo ovunque andassi, per poi tornare a casa e disegnarli. Vorrei contribuire ad avvicinare il pubblico all'ambiente ed essere parte di una ritrovata armonia uomo-natura, per il bene e la salvaguardia di ogni specie.
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