Anche gli animali più grandi del Pianeta partecipano alla lotta al cambiamento climatico. Parliamo delle balene, i placidi filtratori di mari e oceani la cui stessa esistenza rappresenta un elemento fondamentale per mantenere in equilibrio gli ecosistemi. Ad affermarlo è un recente studio che parla di come il ciclo vitale di questi cetacei influisce talmente tanto sul sequestro del carbonio atmosferico da far sì che la loro conservazione debba essere considerata una priorità.
Mani che si sporcano di fango e che scavano una buca, l'odore della terra appena smossa e un piccolo albero piantato con la speranza di un futuro migliore. Queste sono le immagini che spesso vengono in mente quando si parla di azioni concrete basate sulla natura per combattere il cambiamento climatico. Piantare nuovi alberi, insieme a ripristinare delle zone umide, rappresenta infatti una delle pratiche più comuni quando si parla di lotta attiva per contrastare il riscaldamento globale, ma non è la sola.
Uno studio pubblicato su Trends in Ecology and Evolution testimonia proprio quanto sia importante l'interconnessione fra gli organismi che abitano un ecosistema, elementi essenziali per il corretto funzionamento di ogni regione del pianeta. In particolar modo i ricercatori della University of Alaska Southeast, negli Stati Uniti, hanno quantificato il potenziale di sequestro di carbonio atmosferico di questi grandi cetacei stimando che tutte le balene globalmente sequestrano circa 62 mila tonnellate di carbonio ogni anno, mitigando così l'effetto serra causato dall'uomo.
Come le balene influiscono sul ciclo del carbonio
Salire su un aereo è una esperienza piuttosto comune: spesso ci si divide in due file per imbarcare le persone da due entrate separate e man mano che ci si avvicina al velivolo notiamo l'imponenza del mezzo, una massa di acciaio, viti e circuiti che come in una favola moderna prende il volo spinto dalla forza della scienza. Proprio quel gigante dei cieli è un paragone perfetto in quanto a dimensioni se accostato a un altro gigante che invece di volare nel cielo, nuota leggiadro in acqua. Immaginiamo, dunque quando ci apprestiamo a salire su un piccolo aereo, che invece di avere davanti agli occhi questo mezzo dinanzi a noi si staglia uno degli animali più grandi della Terra: la balena.
Questo mammifero marino, infatti, può arrivare a pesare fino a 150 tonnellate, alcune specie possono vivere oltre 100 anni e raggiungere la lunghezza di un piccolo aereo, circa 25 metri. Come tutti gli esseri viventi, la loro biomassa è composta in gran parte da carbonio e costituiscono uno dei più grandi "pozzi di carbonio" viventi nell'oceano, ovvero un ambiente dal ruolo importante di neutralizzare una parte dell’anidride carbonica. generata dalle attività umane. L'ecosistema marino, infatti, è responsabile dello stoccaggio del 22% del carbonio totale della Terra e un contributo fondamentale lo offrono proprio le balene.
Ecco come una grande catena che attraversa tutti i livelli ecosistemi permette di "mettere una pezza" all'enorme problema della CO2 in eccesso nell'atmosfera. Da un lato l’anidride carbonica si discioglie nell'acqua, dall’altro il plancton che può fotosintetizzare, detto fitoplancton, la assorbe dall’aria attraverso la fotosintesi. Minuscoli organismi poi, il cosiddetto zooplancton, si nutrono di fitoplancton e spesso questi possono migrare in profondità e rilasciare l'anidride carbonica immagazzinata tramite la respirazione.
A troneggiare all'interno di questa grande rete ci sono poi i grandi mammiferi acquatici. Le loro dimensioni imponenti e la loro longevità consentono alle balene di esercitare forti effetti sul ciclo del carbonio immagazzinando questo elemento in modo più efficace rispetto ai piccoli animali. Le balene ingeriscono enormi quantità di prede, fino al 4% del loro peso, e producendo grandi volumi di sostanze di scarto e considerando che molte specie hanno alcune delle migrazioni più lunghe della Terra, la loro capacità di influenzare gli ecosistemi di tutto il mondo è potenzialmente planetaria. I loro escrementi, infatti, sono ricchi di nutrienti importanti che aiutano krill e plancton fotosintetico di prosperare, favorendo a loro volta una maggiore fotosintesi e aumentando ancora di più lo stoccaggio di carbonio dall'atmosfera.
La caccia alle balene e il cambiamento climatico
Tutti questi processi fanno parte della cosiddetta "pompa biologica", un meccanismo che assorbe dall’atmosfera una grande quantità di carbonio che l’uomo attualmente rilascia tramite, ad esempio, l'utilizzo di combustibili fossili. È dunque un processo fondamentale attraverso il quale è possibile tamponare l’effetto serra e, in generale, il cambiamento climatico.
Per comprendere quanto sia importante preservare questi animali prendiamo in esempio l'animale più grande esistente al mondo: la balenottera azzurra. Questo cetaceo può vivere fino a 90 anni e accumulare nel corso della sua vita una incredibile quantità di nutrimento. Quando muoiono i loro corpi cadono sul fondale marino e così facendo la grande quantità di carbonio che contengono viene trasferita per decomposizione alle profondità marine. La caccia commerciale, però, la più grande fonte di declino della popolazione di questa e molte altre specie, ha diminuito le popolazioni dell'81%.
Ecco dunque il dramma che i biologi della conservazione all'opera per proteggere questi animali comunicano al mondo intero: dato il forte impatto di questi animali sulla pompa biologica del carbonio la loro repentina scomparsa avrà sicuramente delle ricadute importanti sulla mitigazione dell'effetto serra.
Per questo motivo i ricercatori tengono a sottolineare quanto sia importante che i grandi cetacei siano preservati. Il recupero delle balene non ha un importante effetto per ripristinare gli equilibri ecosistemici riportando a un livello ottimale le popolazioni di uno dei più importanti filtratori degli oceani, ma ha anche il potenziale per migliorare a lungo termine la mitigazione dell'effetto serra su tutto il pianeta.