Il 5 luglio del 1996 nasceva la celebre pecora Dolly, il primo mammifero a essere stato clonato con successo da una cellula adulta e che ha cambiato per sempre il mondo della ricerca, della biologia e della medicina. Dolly morì poi sette anni dopo, il 14 febbraio 2003, a causa di un'edema polmonare, confermando quindi che anche un animale clonato, tutto sommato, poteva vivere una vita normale. L'enorme risonanza mediatica e scientifica che ebbe quella prima clonazione innescò numerosi dibattiti e discussioni tra cui, inevitabilmente, quelli legati alla possibilità di clonare anche un essere umano, ipotesi che all'epoca sembrava quasi inevitabile.
Dalla nascita di Dolly sono però passati quasi 30 anni e numerosi passi in avanti sono stati comunque fatti nella ricerca, nell'applicazione e nelle tecnologie legate alla clonazione e non solo. Ma allora perché dopo la pecora Dolly non è stato clonato nessun essere umano? Si tratta di un limite al momento invalicabile esclusivamente per ragioni etiche, oppure esistono rischi e ostacoli di natura tecnologica? Ma soprattutto, clonare esseri umani sarebbe davvero utile?
La questione etica
Clonare un essere vivente, semplificando molto, significa produrre un'esatta copia genetica di un individuo. È un po' quello che succede con due gemelli omozigoti che condividono lo stesso corredo genetico e anche in natura – sia tra le piante che negli animali – esistono numerose strategie riproduttive che portano alla nascita di cloni. Clonare un essere umano significherebbe quindi – sempre semplificando parecchio – prelevare il DNA da una cellula di un individuo, magari dalla pelle, e inserirlo in una cellula uovo da impiantare poi nel grembo di una donna.
Dopo la pecora Dolly sono stati clonati – con tecniche differenti – numerosi altri animali appartenenti a vari gruppi tassonomici, sia domestici che selvatici, e da tempo si sta discutendo se e come applicare questa tecnologia anche per la conservazione delle specie a rischio, come nel caso del furetto dai piedi neri clonato con successo, o addirittura per riportare in vita animali estinti come il mammut, il dodo o il tilacino.
In bioetica, che si occupa questioni morali legate alla ricerca biologica e medica, esistono numerose posizioni – spesso contrastanti – in merito alla clonazione, in particolare su quella umana. Alcune sono chiaramente di natura religiosa e sono legate alla sacralità della procreazione e dello stesso concetto di vita, ma non solo. Il dibattito etico e filosofico sulla clonazione umana si concentra infatti anche su questioni legate alla dignità di un essere vivente, alla sua eventuale posizione all'interno di una famiglia e della società, ma anche sulle possibili conseguenze psicologiche che avrebbe un individuo nato in questo modo.
Secondo il Comitato Nazionale per la Bioetica, che si è espresso poco dopo la nascita della pecora Dolly, la clonazione di esseri umani è da condannare sempre, in quanto costituisce un attentato all’unicità biologica del soggetto umano generato tramite clonazione e in quanto lede il diritto di ciascun essere umano alla propria dignità e all’autodeterminazione. Da allora, però, alcune posizioni di natura etica si sono ammorbidite nel tempo e la vera questione si è spostata, anche tra i sostenitori della clonazione, sui rischi e sulle difficoltà tecniche e, soprattutto, sugli eventuali vantaggi.
Limiti e rischi tecnologici
Se teoricamente è oggi possibile clonare un essere umano, l'esperienza e le tecnologie attuali evidenziano chiaramente che esistono ancora parecchi limiti e difficoltà. Sia la clonazione che alcune tecnologie legate alla manipolazione del DNA sono infatti, ancora oggi, molto rischiose e i tassi di successo parecchi bassi. Le morti premature, o l'insorgenza di malformazioni e difetti genetici sono talmente alti che praticamente nessuno penserebbe mai di clonare un essere umano, anche se venisse autorizzato.
L'esperienza con altri animali ha dimostrato infatti che i problemi legati a malformazioni e difetti nello sviluppo di un embrione clonato sono una possibilità più che concreta e, anche se si provasse a intervenire per ridurre questi rischi, l'aborto o la nascita di un individuo con problemi di salute o genetici sarebbero lo scenario più probabile. Ma al di là dei problemi legati all'etica, alla sicurezza e ai limiti tecnologici, la maggior parte dei ricercatori considera ormai la clonazione umana – anche da un punto di vista puramente scientifico – quasi del tutto inutile e superata da tecnologie alternative e più efficaci.
La clonazione umana è utile?
Se in passato l'eventualità di clonare essere umani si pensava potesse permettere di risolvere l'insorgenza di malattie geneticamente trasmissibili o di produrre tessuti, organi da applicare nella medicina rigenerativa o da utilizzare per i trapianti, oggi è comunque possibile ottenere gli stessi risultati anche senza la clonazione. Grazie soprattutto alle cellule staminali, le linee di ricerca sulla clonazione umana fine a se stessa sono state ormai del tutto abbandonate e anche da un punto di vista scientifico e medico sono considerate ormai quasi irrilevanti.
Grazie alle staminali – cellule potenzialmente in grado di sviluppare qualsiasi tipo di tessuto – è possibile sviluppare qualsiasi tipo di cellula umana anche riprogrammando cellule adulte già differenziate. Queste tecnologie hanno quindi aperto una strada alternativa all'utilizzo di embrioni o cloni umani, rendendo quasi completamente inutile la clonazione, al di là dei problemi di natura etica o di sicurezza.
Grazie ai successi ottenuti con le cellule staminali e con l'editing genetico – ovvero la possibilità di intervenire modificando uno o più geni per curare eventualmente patologie ereditarie o malformazioni – ci saranno sempre più sviluppi e investimenti in questo campo che sulla clonazione, i cui eventuali vantaggi sono stati ormai quasi del tutto superati rendendo praticamente sempre meno necessario perseguire questo campo di ricerca.
A quasi 30 anni dalla nascita di Dolly, quindi, un eventuale clone umano diventa giorno dopo giorno sempre meno probabile. Limiti etici, tecnologici e scientifici, uniti soprattutto alla scarsità degli eventuali benefici e allo sviluppo di metodologie alternative, ci dicono – molto chiaramente – che non ne vale la pena di provare davvero a clonare un essere umano, risolvendo (quasi definitivamente) un dibattito che, in ogni caso, sarebbe stato davvero molto complicato da sciogliere mettendo tutti d'accordo.