Un cane e un gruppo di ragazzini che, senza apparente motivo, gli tagliano le orecchie con delle forbici. È notizia di questi giorni che ha choccato l’opinione pubblica e che, al di là dei commenti sui social, dovrebbe farci porre la domanda più semplice: “Perché?”. Anche se una risposta certa non la avremo mai, possiamo ipotizzare delle cause che inducono però dei ragazzini a compiere tali gesti.
Sempre più spesso, purtroppo, ci capita di leggere notizie drammatiche su cani maltrattati, perfino uccisi, da bambini e adolescenti. Come quella di Angelo, il randagio ucciso e torturato a Sangineto, in provincia di Cosenza, da un gruppo di ragazzi. Ancora, il più recente fatto di cronaca che vede come protagonisti un gruppo di bambini tra i 9 e i 10 anni che si sono accaniti su una cucciolata tentando di tagliare loro le orecchie e, malauguratamente, riuscendoci almeno con Leone, uno di loro. Ma perché si compiono tali gesti? E perché più frequentemente in alcune fasi della vita? Cerchiamo di rispondere a queste domande sia in relazione ai bambini che agli adolescenti.
Bambini, non angeli
Anche se ormai è ampiamente diffuso che i bambini non sono più, come si credeva un tempo, gli angioletti totalmente puri caduti dal cielo a diffondere solo amore, ci è difficile immaginare che siano capaci di gesti così violenti. L’aggressività, però, è una componente essenziale della natura umana e, in quanto tale, sarebbe inutile negarla. Anzi, è qualcosa di vitale e necessario e in molte situazioni ci è di grande aiuto. Il problema è il modo in cui i bambini scelgono di incanalarla e per questo ci dovrebbero essere degli adulti pronti a spiegare loro cosa si può e non si può fare. In particolar modo spesso manca, fin da quando sono piccoli, una vera e propria educazione sul modo in cui trattare gli animali. Non stiamo parlando, ovviamente, di quelle famiglie dove ci sono uno o più compagni a quattro zampe e neanche di quelle in cui, pur non essendoci animali, si nutre un profondo rispetto o anche solo una naturale simpatia verso di essi. Il problema sorge quando la cultura della violenza nei confronti degli animali dilaga e si tendono a normalizzare atti profondamente irrispettosi nei loro confronti. Un bambino assorbe moltissimo del contesto in cui vive, non solamente ciò che gli viene esplicitamente detto, ma anche tutto quello che osserva nella vita quotidiana. A differenza dell’adulto, però, potrebbe non comprendere il confine tra parole e azioni e quindi il suo comportamento potrebbe non essere altro che il riflesso di ciò che ha appreso. Se non si insegna loro che sono esseri viventi esattamente come noi, i bambini potrebbero non arrivare mai a provare empatia verso gli animali.
Adolescenza, un periodo complesso per incanalare la rabbia
Sicuramente le caratteristiche tipiche degli adolescenti li rendono i soggetti perfetti per compiere atti violenti nei confronti degli animali a causa delle esplosioni di rabbia e aggressività, la tendenza ad esternalizzare il conflitto interiore che stanno vivendo e l’incapacità di essere totalmente consapevoli delle conseguenze che le loro azioni potrebbe avere. Inoltre, è una fase evolutiva in cui, più di ogni altro momento della vita, potrebbe sorgere la volontà di compiere atti antisociali, o comunque di sfidare la società in qualche modo. Gli animali sono indifesi, o meglio, lo sono la maggior parte degli animali contro cui vengono perpetrate tali violenze e, di conseguenza, diventano a loro volta le vittime perfette.
Non si deve necessariamente compiere un atto estremo come uccidere un animale: quante volte ci capita di vedere qualche ragazzino intento ad accanirsi contro una lucertola tentando a tutti costi di staccargli la coda, o magari spruzzando dell’acqua contro un gatto che vorrebbe soltanto essere lasciato in pace? Volendo estremizzare, invece, non è raro che perfino i serial killer inizino proprio dagli animali, per la facilità con cui si può compiere il gesto, ma anche per le minori conseguenze nel caso in cui si venisse scoperti. Anche il senso di colpa, nel caso in cui si provi, è minore rispetto a quello che si avvertirebbe se la vittima fosse stata una persona. Alla base c’è sicuramente la credenza, radicata nella nostra cultura, che non è la stessa cosa nuocere ad un animale o ad un umano e il risultato è che si banalizzi qualcosa che di banale non dovrebbe avere proprio niente. Tuttavia, le caratteristiche tipiche degli adolescenti non bastano a spiegare perché si accaniscano contro gli animali, e la possibilità che si ricorra a gesti del genere o meno rimane legata, così come accade per i bambini, a ciò che viene insegnato loro. In questo senso, è proprio agli adulti, e alla società in senso lato, che spetta il compito di tramandare loro il rispetto e l’amore per ogni forma di essere vivente. Se ciò viene fatto sarà anche l’adolescente stesso a beneficiarne, poiché troverà passatempi certamente più sani e adatti a promuovere il delicato processo di crescita.
Cosa fare se il proprio figlio è violento nei confronti degli animali?
Se si ha il sospetto (o la certezza) che il proprio figlio faccia volontariamente del male agli animali, per prima cosa ci si potrebbe domandare se gli è stato insegnato il rispetto verso di loro. A volte, nell’educare il proprio figlio, si trascura questo aspetto e il bambino, specialmente se molto piccolo, può mettere in atto tali comportamenti inconsapevolmente. In altri casi, potrebbe anche trattarsi di un disagio che il bambino o il ragazzo avverte e che non riesce ad esprimere in altro modo. Quando assistiamo a fatti di cronaca come quelli sopracitati, infatti, tendiamo spesso a condannare questi ragazzi, un po’ per il naturale istinto che ci porta a cercare di capire chi sono i buoni e chi i cattivi della storia, un po’ per la spietatezza del gesto che lascia nella maggior parte dei casi esterrefatti. Tuttavia, il bambino o ragazzo potrebbe anche star esprimendo il proprio problema nel solo modo in cui è capace di farlo e affinché tali vicende non accadano più si deve tenere in considerazione tale evenienza. In questo caso, potrebbe essere opportuno rivolgersi ad uno specialista, come uno psicoterapeuta, per cercare di capire insieme il motivo di tali azioni. Si potrebbe scoprire, ad esempio, che tutto ciò ha poco a che vedere con l’animale in sé, ma riflette un malessere che deriva da qualche altra causa e che il gesto aggressivo è solo un modo per attirare l’attenzione degli adulti. Questo non significa necessariamente che se il proprio figlio è violento con gli animali necessita di una psicoterapia, ma sicuramente che sarebbe opportuno indagare e cercare un dialogo poiché, in alcuni casi, l’azione potrebbe star sostituendo le parole.