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21 Maggio 2022
9:00

Perché alcuni animali si fingono morti

Alcuni animali, per salvarsi dai predatori, si fingono morti. Una strategia molto affascinante, chiamata tanatosi. Vediamo quali animali lo fanno e come ci riescono.

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Membro del comitato scientifico di Kodami
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Gli antichi greci la chiamerebbero tanatosi, da thánatos (θάνατος), che vuol dire “morte”. Gli scienziati di oggi, invece, preferiscono definirla immobilità tonica. Di cosa si tratta? È una strategia antipredatoria non appresa, molto affascinante, che alcune specie adottano alla fine della sequenza di caccia, e spesso quando sono già tra le grinfie del predatore. In pratica, l’immobilità tonica rappresenta un po’ l'ultima risorsa di una preda. Questo la distingue dal cosiddetto “congelamento” (freezing in inglese), cioè da quell’immobilità che un rattino usa per ridurre il rischio di essere individuato, o inseguito, da un rapace, e quindi molto prima nella sequenza predatoria. La tanatosi è diversa anche dalla strategia che adottano animali come gli armadilli, che davanti al predatore assumono una postura arricciata per impedirgli di raggiungere le loro parti del corpo più vulnerabili.

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Come fanno gli animali a fingersi morti

La preda può rimanere immobile per un periodo che va da alcuni secondi a qualche ora, permanendo in quello stato anche dopo che il predatore ha mollato la presa. La frequenza respiratoria diminuisce, il battito cardiaco rallenta, e l’animale va in blocco motorio, a volte tenendo la lingua fuori e gli occhi ben aperti, da perfetto morto. Dal punto di vista sensoriale, però, è del tutto presente. Ogni tanto sbircia per vedere se il predatore è ancora lì e, in tal caso, l'immobilità tonica continua. Quando, finalmente, il predatore desiste e si allontana, allora si scuote, si “risveglia” e riprende le sue attività.

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Le funzioni della tanatosi

Si pensa che alcuni animali si fingano morti per inibire ulteriori attacchi da parte dei predatori. Può funzionare perché molti predatori non sono interessati a pasteggiare con le carogne. Alcuni autori hanno suggerito che l’immobilità tonica possa servire anche come difesa fisica contro predatori che sono soliti ingoiare la preda intera. In questo senso, essa potrebbe funzionare in quanto implica l'assunzione di una postura che rende la deglutizione più difficile o impossibile. È stato anche proposto che la tanatosi possa conferire protezione dai predatori combinandosi con la produzione di sostanze irritanti o repellenti, che innescano il rigurgito se la preda viene ingerita. Alcune rane sopravvivono, e possono fuggire via, se rigurgitate dopo essere state ingoiate intere dai serpenti, probabilmente perché la postura immobile riduce al minimo il danno subito durante i processi di ingestione e rigurgito.

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Quali animali si fingono morti per salvarsi

Negli invertebrati è stato ipotizzato che la tanatosi sia utilizzata (almeno) dai crostacei, dagli insetti stecco, dai ragni, dalle farfalle, dai mosconi, dalle cicale, dai grilli, dai coleotteri, ma anche dalle formiche, dalle api e dalle vespe. Nei vertebrati, essa è stata osservata nei mammiferi, primo tra tutti l’opossum, ma anche tra i rettili, in particolare i serpenti e le lucertole. E poi la si può ritrovare negli uccelli, come i polli e le anatre, che la utilizzano per difendersi dalle volpi, nelle rane e pure nei cavallucci marini.

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Quando a fingersi morto è il predatore

Sorprendentemente, la tanatosi è stata descritta in alcune specie di pesci ciclidi predatori, quali, ad esempio, Haplochromis livingstoni e Parachromis friedrichsthalii – che sembrano adottare questa tattica come parte della strategia di caccia. Gli adulti assumono una posa che li fa assomigliare in tutto e per tutto a un cadavere che cade attraverso la colonna d'acqua, per poi giacere inerte sul fondo. Così facendo, attraggono altri pesci aspiranti spazzini; quando questi nuotano vicino alla loro bocca, si rianimano improvvisamenteli e sferrano l'attacco.

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Bibliografia

Humphreys RK, Ruxton GD. A review of thanatosis (death feigning) as an anti-predator behaviour. Behav Ecol Sociobiol. 2018;72(2):22. doi: 10.1007/s00265-017-2436-8. Epub 2018 Jan 15.

Nel 2003 mi laureo in Medicina Veterinaria. Dal 2008 sono ricercatrice presso l’Università degli Studi di Milano, dove insegno Etologia Veterinaria e Benessere Animale. Studio il comportamento degli animali e la relazione uomo-animale.
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