"Trophy Hunting A Psychological Perspective" di Geoffrey Beattie è il titolo di un saggio recentemente pubblicato che analizza le motivazioni psicologiche che si celano dietro la caccia sportiva attraverso numerosi studi scientifici.
È un fatto: alcune persone amano inseguire e uccidere elefanti, orsi, zebre e leoni, spendendo delle fortune per realizzare la loro passione. I cacciatori di trofei pagano ingenti somme di denaro, spesso decine di migliaia di dollari, per viaggiare in tutto il mondo per uccidere animali selvatici. Chi può dimenticare l'uccisione del leone Cecil nel 2015 in Zimbabwe? È stato braccato per molte ore con arco e frecce, prima di essere scuoiato e decapitato da un dentista e un appassionato cacciatore statunitensi.
Inutile dire che questi atti, in passato necessari per sopravvivere, sono nel nuovo millennio un'attività superflua e comunque totalmente insostenibile in una natura già martoriata da tutte le nostre normali attività. Chi lo fa, del resto, non caccia per utilizzare le risorse dell'animale per sopravvivere ma per poter affermare a tutti di averlo ucciso esponendo orgogliosamente la sua testa sul camino.
Ma da dove nasce questo insano desiderio? La psicologia può aiutarci a far luce sull'argomento e scoprire che i profili più identificati sono quelli che rientrano nella cosiddetta "triade oscura": narcisismo, machiavellismo e psicopatia (non clinica).
Le motivazioni psicologiche alla base del desiderio di cacciare
Recentemente, a Las Vegas si è tenuta la più grande convention mondiale di caccia ai trofei, organizzata da Safari Club International, un influente gruppo di lobby di caccia con sede negli Stati Uniti. Durante l'evento i partecipanti hanno potuto fare un'offerta per ottenere dei permessi di caccia di orsi polari: l'asta si è conclusa all'esorbitante cifra di sessantacinquemila dollari.
Se chiedeste a qualcuno dei facoltosi partecipanti il perché di un così ingente sforzo, probabilmente vi risponderebbe che cacciare grandi prede è parte integrante del nostro passato evolutivo, che fa parte del nostro DNA umano. Tuttavia la ricerca antropologica suggerisce che la caccia a grandi prede sin dalla notte dei tempi forniva troppo cibo in qualsiasi momento difficile da conservare senza le tecnologie di oggi, il che non porta necessariamente a benefici futuri.
Uno studio riportato dal saggio del 2020 sull'argomento offre una diversa spiegazione evolutiva chiamata "teoria dei segnali costosi": la preda morta è una dimostrazione facilmente visibile di abilità e coraggio e quindi aumenta lo status di forma fisica e il vantaggio sessuale per i membri del gruppo di cacciatori ancestrali che hanno cooperato per abbatterla. Un po' come le piume spiegate di un pavone nell'atto del corteggiamento. Ma queste motivazioni istintive possono essere valide ancora oggi?
Per ottenere informazioni sulle motivazioni psicologiche dei cacciatori di trofei, i ricercatori hanno analizzato 455 storie di caccia tratte da forum online dedicati, selezionando 2.864 singole frasi per identificare i motivi per cui i cacciatori si sentono soddisfatti dopo le loro uccisioni.
La parola più segnalata è stata "risultato", seguita da "apprezzamento" per gli animali (compreso "amore" per gli animali che uccidono) e "affiliazione" legata al senso di far parte di una comunità di cacciatori e il conseguente rafforzamento dei rapporti sociali.
Un altro studio ha analizzato la comunicazione non verbale dei cacciatori, in particolare il tipo di sorriso che mostrano nei post sui social media in cui posano di fianco alla loro preda morta: hanno scoperto che i sorrisi di "vero piacere" erano significativamente più probabili quando i cacciatori venivano fotografati con i carnivori piuttosto che con gli erbivori e quando la preda era grande piuttosto che piccola.
Gli autori hanno concluso che questa ricerca mette in evidenza l'importanza della nozione di "realizzazione interiore nella caccia ai trofei". Ma questa potrebbe essere una conclusione troppo limitata.
Questi sorrisi sono più che semplici segni naturali di piacere. Sono manifestazioni social esagerate, parte di un'immagine che coinvolge sia il cacciatore che la preda: una dimostrazione di potere, dominio e controllo. Proprio come suggerisce la teoria della "segnalazione costosa": l'animale è un semplice oggetto di scena in una storia sui esseri umani in modo che possano segnalare il loro stato e la loro forma fisica in una foto, che è una ricostruzione in memoria della caccia stessa.
La triade oscura
Ed è qui che la psicologia può iniziare a fare luce su ciò che motiva le persone a cacciare: è stato suggerito che siano coinvolti narcisismo, machiavellismo e psicopatia (non clinica), la cosiddetta "triade oscura" delle caratteristiche della personalità citata dal "The Encyclopedia of Personality and Individual Differences".
I narcisisti hanno un senso di sé gonfiato e bramano un'attenzione positiva. Per mantenere questo livello gonfiato di autostima devono impegnarsi in strategie per mantenere e sviluppare la propria immagine di sé, come posare con un leone che hanno appena ucciso. I machiavellici spesso manipolano le situazioni sociali per i propri fini, proprio come le precise e curate immagini dei social media, mentre gli psicopatici di solito sono insensibili e mancano di empatia: semplicemente non provano lo stesso livello di emozione per la sofferenza degli altri, sia umana che animale. Quindi gli animali possono essere usati come oggetti scenici per mantenere la propria immagine di superiorità senza sensi di colpa o coscienza.
In uno studio sul legame tra i tratti della triade oscura e gli atteggiamenti nei confronti degli animali, i ricercatori hanno scoperto che la crudeltà verso gli animali è un indicatore di un comportamento antisociale violento. Hanno anche scoperto che atteggiamenti meno positivi nei confronti degli animali sono associati a livelli più elevati di tutti e tre i tratti e che la psicopatia può portare a comportamenti reali, ad esempio "aver ucciso intenzionalmente un animale randagio o selvatico senza una buona ragione" e "aver intenzionalmente ferito o torturato un animale solo per il gusto di farlo".
Stiamo entrando in casi limite, ovviamente, ma per nulla lontani dalla realtà. Avete mai visto la docu-serie "Giù le mani dai gatti: caccia a un killer online"? È un fatto accertato: molti serial killer iniziano a manifestare i propri disturbi attraverso la tortura e l'uccisione di animali, soggetti più indifesi su cui poter prevalere.
L'autore del saggio ha recentemente affermato: «Credo che la psicologia possa benissimo essere la chiave per comprendere la caccia ai trofei e perché fiorisca in questa nostra era narcisistica. Comprendere la motivazione del cacciatore è importante, non ultimo perché può portare a una migliore politica e pratica di gestione della fauna selvatica e può dirci, in definitiva, cosa si può fare per combattere la caccia sportiva».
Intanto nel Regno Unito si pensa a qualche soluzione pratica: le nuove leggi proposte saranno tra le più dure al mondo, vietando l'importazione di trofei di animali non solo appartenenti agli iconici "big five" africani – leoni, leopardi, elefanti, rinoceronti e bufali – ma anche da circa 7.000 altri animali in via di estinzione e specie minacciate.