Dal 27 luglio all'8 settembre torna la regolamentazione del flusso turistico sui sentieri I1, F1, L1 per la tutela del camoscio appenninico e degli altri animali selvatici del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise. «La Val di Rose, il Monte Amaro e il Monte Meta sono cattedrali di biodiversità da visitare in punta di piedi, con lo stesso rispetto che si porta dinnanzi a opere d'arte e monumenti di un tempo passato», ha scritto il Parco attraverso un post pubblicato sui social.
Questi ecosistemi sono infatti regolati da fragili e complessi equilibri, che rischiano di essere danneggiati, se non pesantemente compromessi, dal carico eccessivo dovuto alla grande affluenza turistica tipica dei periodi di alta stagione. Proprio questo, ormai da decenni, il Parco introduce in questo periodo dell'anno un "numero chiuso controllato" per gestire le presenze sui suoi sentieri più famosi e battuti, un compromesso necessario tra esigenze di conservazione e diritto di fruizione di una delle aree più selvagge del nostro Paese.
Questi sentieri, per quanto affascinanti, sono infatti anche i più vulnerabili. L'affluenza massiccia durante i mesi estivi può compromettere gli habitat naturali e disturbare gli animali selvatici in uno dei periodi più delicati dell’anno. Ecco perché l'accesso sarà consentito esclusivamente prenotando un'escursione guidata con una delle guide qualificate incaricate dal Parco. Questo tipo di approccio contribuisce a sensibilizzare ulteriormente il pubblico sull'importanza della conservazione e sulla necessità di comportamenti rispettosi dell'ambiente e della fauna selvatica.
Il camoscio appenninico (Rupicapra pyrenaica ornata) è una sottospecie di camoscio che vive esclusivamente nell'Appennino centrale e in nessuna altra parte del mondo. Questo elegante ungulato ha una corporatura snella, con un mantello che cambia colore stagionalmente: marrone chiaro in estate e marrone scuro in inverno, con un distintivo "collare" bianco attorno al collo. Le sue corna, presenti in entrambi i sessi, sono ricurve all'indietro e rappresentano uno dei tratti più riconoscibili.
Un tempo, questa sottospecie era diffusa lungo tutta la dorsale appenninica centrale. Tuttavia, a partire dal XIX secolo, la caccia intensiva e la perdita di habitat hanno drasticamente ridotto la sua popolazioni, portando il camoscio appenninico sull'orlo dell'estinzione. Negli anni 20 del XX secolo, si contavano poche decine di individui, tutti confinati nel Parco Nazionale d'Abruzzo. Grazie agli sforzi di conservazione, tra cui l'istituzione di nuove aree protette e rigidi controlli sulla caccia, la popolazione ha iniziato a crescere e continua a farlo anche oggi.
Il Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise ha giocato un ruolo fondamentale in questo processo, diventando un vero e proprio santuario per questa specie. Oggi, grazie a programmi di ripopolamento e protezione, la popolazione è cresciuta significativamente, permettendo la reintroduzione del camoscio appenninico anche in altre aree dell'Appennino centrale. Tuttavia, con circa 3.000 individui stimati oggi, rimane un animale ancora vulnerabile, anche per questo è necessario continuare a regolamentare l'afflusso turistico sui sentieri più frequentati da questi mammiferi.