La sopravvivenza degli oranghi del Borneo (Pongo pygmaeus) è continuamente messa a dura prova dalla riduzione e frammentazione dell’habitat, dagli effetti dei cambiamenti climatici e dal bracconaggio e dalla caccia illegale. In particolare quest’ultima, secondo una ricerca dell’Università del Queensland pubblicata su Conservation Science and Practice, continuerebbe ad essere un grave pericolo per la specie, nonostante i notevoli sforzi di conservazione.
Emily Massingham, della facoltà di Scienze della UQ, ha diretto un team di ricercatori che ha visitato ben 79 villaggi all’interno dell’areale di distribuzione degli oranghi del Borneo, nel Kalimantan, intervistando 431 persone. «Il nostro studio si basa su ricerche precedenti che indicavano che l'uccisione illegale era una delle ragioni principali del declino della popolazione degli oranghi, insieme alla perdita dell'habitat», ha dichiarato la dottoressa Massingham. «Lo scopo del nostro progetto era capire se gli oranghi siano stati uccisi negli ultimi tempi, verificare se i progetti di conservazione ne stiano effettivamente prevenendo l'uccisione e ottenere informazioni sulla percezione della comunità».
Purtroppo, però, i risultati non sono stati incoraggianti: «Sono passati quasi 15 anni dallo studio precedente e non abbiamo riscontrato una chiara diminuzione delle uccisioni, nonostante gli encomiabili sforzi dell'Indonesia per ridurre la perdita di habitat – ha proseguito la ricercatrice – Il 30% dei villaggi ha riferito che gli oranghi sono stati uccisi negli ultimi 5-10 anni, nonostante la pratica sia illegale e un tabù, cosa che rende difficile ottenere un quadro accurato della reale portata».
La popolazione di oranghi del Borneo è diminuita moltissimo negli ultimi decenni e le stime attuali suggeriscono che rimangono appena 55.000 animali. «I nostri risultati indicano che i progetti di conservazione non stanno riducendo le uccisioni, ed evidenziano l'urgente necessità di migliorare l'approccio collettivo alla conservazione degli oranghi», ha continuato Massingham. «Le uccisioni da parte degli esseri umani sono un problema che deve essere affrontato, poiché potrebbe verificarsi ancora e rappresentare una seria minaccia per la specie».
Gli oranghi hanno una durata media della vita piuttosto lunga e si riproducono lentamente, raggiungendo la maturità sessuale dopo diversi anni e presentando periodi di pausa tra una gravidanza e l’altra anche di 4 anni. Questo li rende particolarmente vulnerabili al declino della popolazione causato dalla morte degli individui adulti. Il team di ricerca ha scoperto quali sono alcune delle situazioni che portano all'uccisione o allo sfollamento degli oranghi: tra queste le più comuni sono la protezione dei raccolti e l'adozione di cuccioli da tenere illegalmente come animali da compagnia.
Secondo i ricercatori lavorare con le comunità e collaborare tra i vari progetti e le diverse discipline sarà fondamentale per ottenere dei risultati. «Gli ambientalisti devono lavorare a stretto contatto con i singoli villaggi per comprenderne i bisogni e le prospettive, identificare i fattori sociali dell'uccisione degli oranghi e implementare soluzioni che riducano il conflitto uomo-orango», ha concluso Massingham.