Con il suo fiuto «ha aiutato gli artificieri a liberare interi villaggi dalle mine russe» e proprio «per il suo “lavoro” nella guerra», il cane ucraino Patron è stato insignito al Festival di Cannes di un riconoscimento speciale: il "Palm DogManitarian”.
Come accade dal 2001, data di istituzione del premio, a rubare la scena al Festival del Cinema, il giorno prima dell’assegnazione dell’ambita Palma d’oro, sono stati i cani della cerimonia del Palm Dog Award, l’evento dedicato alla premiazione dei migliori attori a quattro zampe dello schermo.
Il premio riconosce diverse categorie di riconoscimenti e quest'anno ha assegnato appunto il cosiddetto Palm DogManitarian, che celebra il legame tra gli animali e le persone, a Patron, il Jack Russel Terrier di Kiev, «per essersi messo al servizio del suo Paese contro l’attacco russo».
I cani antimine: lavoro o sfruttamento?
Sul tema dei “cani antimine”, oltre alle medaglie e alle premiazioni, sarebbe corretto e interessante anche riflettere su quanto sia giusto eticamente mandare un animale in aree ad alto rischio causato dalla follia della guerra degli esseri umani.
Ne abbiamo parlato qui su Kodami, quando Patron ricevette una medaglia dal Presidente ucraino Volodymyr Zelensky. Come si scriveva nell'articolo, in casi come questo, con tutte le cautele del caso, non è sbagliato domandarsi anche quando la collaborazione tra uomo e animale vada troppo oltre, trasformandosi in sfruttamento a fini umani di quest'ultimo. Chiaramente non da un punto di vista pratico, ma da un punto di vista etico.
Perché se è vero che gli animali artificieri con il loro lavoro hanno salvato innumerevoli vite, è lecito anche chiedersi se sia giusto o meno che salvino gli essere umani da ordigni che loro stessi hanno costruito per uccidersi tra loro. Se si manda un animale a rischiare la vita dovrebbe accadere in situazioni almeno non dovute al nostro comportamento, come durante i terremoti o il soccorso in acqua. Situazioni in cui è evidente che anche l'animale si sottopone a un rischio ma almeno, rispetto al lavoro di fiutare le mine, viene preservato il valore della vita.
Max il cane "bottino" di guerra
C’è un’altra storia venuta fuori in questi giorni che tratta ancora di cani anti-mine. Si tratta del Pastore belga Malinois che fino a qualche settimana fa operava come cane anti-mine al seguito delle truppe russe.
Ribattezzato «Max», aveva preso parte alla conquista di un villaggio nella regione di Mykolaiv, ma nella confusione della successiva ritirata era stato lasciato indietro. Affamato e denutrito, era stato quindi accolto da una famiglia locale, che lo aveva rifocillato. Dopodiché, suo malgrado, ha «accettato» di passare dall’altro lato della barricata: quello della Guardia nazionale ucraina.
Il cane ha circa tre anni ed è in ottima forma fisica, anche se al suo arrivo capiva solo gli ordini in lingua russa, come ha ha raccontato su Facebook uno dei suoi nuovi addestratori che spiega anche che, avendo cominciato le “lezioni” di ucraino da subito, oggi comprende tutti i comandi alla perfezione.
«Da ora in poi Max presterà servizio dalla parte giusta», scrive su Facebook un altro soldato di nome Dmitry, «difendendo l'Ucraina e mordicchiando il sedere dei russi». Notizia o propaganda?