Testicoli più piccoli in cambio di una vita più lunga. Sembra uno strano patto fatto con il diavolo, ma secondo un nuovo studio è il risultato di un gene presente solo nelle balene della Groenlandia (Balaena mysticetus) che garantisce loro una minore probabilità che si sviluppi un cancro in cambio di testicoli più piccoli. La ricerca, quindi, cerca di trovare una risposta a un paradosso che da sempre affligge genetisti e zoologi, il "Paradosso di Peto".
Se prendessimo il Faust di Johann Wolfgang von Goethe, il poema che racconta il patto tra Faust e Mefistofele, e al posto del protagonista mettessimo una balena della Groenlandia che desidera vivere più a lungo, avremmo sicuramente un'opera comica fra le più brillanti degli ultimi tempi. Senza togliere nulla al dramma pubblicato nel 1808, infatti, un'opera del genere dove un animale chiede al diavolo dei testicoli più piccoli in cambio di una vita più lunga ha un potenziale comico senza dubbio interessante.
In questa fantasia, però, c'è un fondo di verità: una recente ricerca di un team di scienziati dell'Università della California e pubblicata come pre-print sulla rivista bioRxiv, afferma che è proprio grazie a un particolare gene queste balene riescono a vivere più a lungo, anche se lo stesso provoca nei maschi della specie testicoli più piccoli.
La balena della Groenlandia
Questo robusto cetaceo di colore scuro e privo di pinna dorsale può raggiungere la sorprendente lunghezza di 20 metri e vivere per circa 200 anni. Il peso massimo stimato per questa specie è di 152 tonnellate ed è seconda solo alla balenottera azzurra, che può arrivare a pesare anche 180 tonnellate ma con una longevità decisamente inferiore. La balena della Groenlandia trascorre tutta la vita nelle fertili acque artiche, diversamente da altre balene che migrano per motivi alimentari o di riproduzione.
Queste balene sono state cacciate per il grasso, la carne, l'olio, le ossa e i fanoni per lungo tempo e prima di essere portate quasi sull'orlo dell'estinzione si stima che vivessero nella regione intorno al Polo Nord più di 50.000 esemplari. Oggi fortunatamente la specie è considerata dall'Unione internazionale per la conservazione della natura (IUCN) a "rischio minimo", anche se comunque rimane un animale le cui popolazioni si ingrandiscono molto lentamente. Infatti, il loro tasso di riproduzione è estremamente lento, un argomento che interessa molto gli studiosi che da anni si interrogano sul così detto "Paradosso di Peto".
Il Paradosso di Richard Peto
Era il 1977 quando l'epidemiologo Richard Peto osservò che l'incidenza del cancro negli organismi viventi segue delle strane regole ad oggi ancora poco chiare. Generalmente il cancro emerge in seguito a errori di replicazione da parte delle cellule. Queste iniziano a replicarsi in modo incontrollato formando delle masse che a volte possono essere maligne per l'ospite. Animali più grandi, e di conseguenza con più cellule, dovrebbero avere più probabilità di incappare in questi errori genetici e di sviluppare più tumori, ma così non è.
Ci sono diverse prove a favore del fatto che il rischio di cancro e le dimensioni del corpo sono correlate positivamente, anche se non sembra essere vero per tutte le specie. Uno studio longitudinale di 25 anni su 17.738 dipendenti pubblici britannici maschi pubblicato nel 1998, ha mostrato una correlazione positiva tra altezza e incidenza del cancro e uno studio simile del 2011 ha confermato lo stesso anche per le donne. Le balene, però, sembrano completamente ignorare questa evidenza e da decenni gli esperti si sono domandati come fosse possibile. Oggi grazie allo studio del team americano forse c'è una possibile spiegazione.
La spiegazione al paradosso di Peto e il gene che diminuisce la probabilità di insorgenza del cancro
Lo studio descrive in particolare il meccanismo genetico alla base della longevità di questi animali: il gene CDKN2C, presente solo in questa specie, è responsabile di un particolare meccanismo di replicazione cellulare che va a una velocità molto ridotta, dando più tempo alle cellule di correggere i loro errori prima della moltiplicazione. Questo non significa che gli animali sono immortali, sia chiaro, ma riduce notevolmente la probabilità che si presentino dei tumori.
Nonostante le balene franche abbiano acquisito la possibilità di ammalarsi meno di cancro, il rallentamento cellulare ha un effetto collaterale quantomeno peculiare: i maschi hanno testicoli decisamente più piccoli rispetto a quelli delle altre specie. Avere testicoli così piccoli significa anche un tasso di fertilità minore, uno "scambio" che le pressioni evolutive hanno favorito e che l'evoluzione ha "ritenuto tutto sommato vantaggioso".
Probabilmente non sarà mai scritto un poema con protagonista una balena che fa un patto del genere, ma almeno abbiamo una possibile spiegazione a un paradosso che ha provocato non pochi grattacapi a numerosi scienziati. Una consolazione tutt'altro che magra.