Aria e Paolo sono compagni di vita da sempre, vivono in simbiosi e hanno affrontato insieme le molte sfide dei 18 anni che hanno trascorso insieme. Oggi però si trovano davanti alla prova più dura: la separazione.
Aria, dopo 18 anni, dovrà andare in un'altra famiglia. I servizi sociali hanno quindi affidato la gestione dell'adozione all'associazione Clama di Ravenna. «Siamo entrati a casa di Paolo convinti di doverlo aiutare per un'adozione, ma in tutta coscienza, non ce la sentiamo di dividere questa famiglia», spiega a Kodami Cristina Franzoni, la volontaria che si sarebbe dovuta occupare dell'affido del cane.
Per l'ordinamento italiano, gli animali sono considerati alla stregua di oggetti deperibili, beni di proprietà che si possono vendere, acquistare e di cui si può liberare compilando un modulo al canile più vicino. In realtà dietro a una relazione tra una persona e il suo cane c'è una famiglia. Quella che doveva essere una rinuncia di proprietà, si è trasformata in un appello alle istituzioni per chiedere che Aria e Paolo restino insieme.
«Da maggio ormai facciamo pressione perché venga trovata una soluzione per loro due, e da anni chiediamo che il Comune predisponga alloggi e strutture per utenti fragili in cui possano essere accolti anche gli animali domestici. Ogni giorno persone con disabilità o con difficoltà economiche si trovano costrette a separarsi dagli unici affetti che restano. È impensabile che ai giorni nostri ancora non vengano concepite soluzioni che non costringano, in momenti particolarmente bui, a separarsi dai compagni di vita, eppure è esattamente quello che succede», sottolinea Franzoni.
Si tratta di una vera e propria emergenza sociale che interessa ogni parte d'Italia, ma che spesso viene sottovalutata e sottostimata perché coinvolge due categorie di fragili: le persone che vivono ai margini della società e gli animali. Per gli ultimi, improduttivi loro malgrado all'interno della società dei consumi, non esiste indulgenza. Ed è proprio questa assenza di empatia che sta determinando la tragedia di Aria e Paolo, e di tutte le famiglie come la loro.
«Non è il primo caso che ci capita – ammette Franzoni – Ci sono decine di esempi che potremmo fare in proposito: ricordiamo solo una giovane coppia sfrattata che ha dormito tutto l'inverno al freddo con i propri cani pur di non separarsene, e che da qualche mese si è rifugiata in una roulotte, in condizioni estremamente precarie, ancora in attesa di una soluzione dai servizi sociali».
Ma per Aria e Paolo la situazione è ancora più urgente: «Separarli – confida la volontaria che li conosce bene – equivarrebbe a condannare a morte una cagnolina molto anziana, e a gettare una persona molto provata in una situazione di grave tracollo emotivo. Davvero la nostra amministrazione, i consiglieri di opposizione, gli uffici competenti non sono in grado di trovare una soluzione?».
Le strutture pubbliche per l'accoglienza di persone in difficoltà devono sottostare a stringenti norme igieniche e gli operatori che ci lavorano devono permettere la convivenza di un gran numero di sconosciuti costretti loro malgrado a vivere insieme. Se a questa equazione già complessa si aggiunge la variabile di uno o più animali, il tutto può diventare esplosivo. In ragione di ciò, moltissime case famiglia negano l'ingresso ai cani.
È evidente che una soluzione facile non c'è, eppure deve essere trovata, come è stato fatto davanti a un'altra recente emergenza familiare che ha interessato persone e animali in tutta Europa: quella dei profughi ucraini. Recandoci al centro di accoglienza di Napoli, abbiamo parlato con le tante famiglie in fuga dalla guerra che non sarebbero mai partite senza portare i loro compagni animali.
I profughi non avrebbero mai potuto attraversare l'Europa mantenendo la loro unità familiare se gli gli stati dell'Unione non avessero concesso una deroga ai documenti previsti per gli animali d'affezione. Le persone provenienti dall'Ucraina sono state dispensate dall'obbligo del passaporto sanitario che attesta la vaccinazione antirabbica, una zoonosi diffusa in est Europa, ma non nella parte occidentale. Il rischio sanitario, però, è stato giudicato dalle autorità europee meno importante rispetto al mantenimento dell'unità familiare di persone spogliate di tutto, tranne che di pochi affetti.
Una soluzione che in una certa misura contribuisca a un cambiamento di natura sociale non è mai facile e priva di controversie, per questo è fondamentale che siano le istituzioni a farsene carico. La vicenda di Aria e Paolo sino ad oggi è stata oggetto di due interrogazioni regionali da parte della consigliera Giulia Gibertoni (Gruppo Misto). Alla prima la Regione Emilia-Romagna ha risposto, e attraverso le parole dell’Assessore al Welfare ha riconosciuto la necessità di sostegno a categorie socialmente deboli nel mantenimento e cura degli animali d’affezione.
Nel febbraio 2023 è stato anche organizzato un incontro con gli Uffici Diritti Animali dei Comuni capoluogo, in cui si è convenuto sull’importanza dell’accesso alle unità abitative gestite dai servizi sociali da parte di famiglie con animali al seguito. «Quello che manca – continua Franzoni – sono azioni concrete, e noi ora chiediamo ancora una volta a chi di competenza di dare seguito alle promesse. Più volte ci è stato ribadito che si sarebbe cercata una sistemazione per umano e cagnolina, predisponendo al più presto un alloggio, anche fuori città, anche molto piccolo, per Paolo ed Aria, al fine di evitare una tragedia annunciata».
Ora però non c'è più tempo: a Paolo è stata notificata l’ingiunzione ad abbandonare l’appartamento il 22 settembre. Data nella quale dovrà lasciare Aria per entrare nella struttura indicata dai servizi sociali.
«La soluzione giusta è quella di non separare la famiglia, una famiglia speciale costituita da un ragazzo sfortunato e dalla sua ragione di vita, la cagnolina che gli è tanto è affezionata. Paolo ed Aria spettano speranzosi una risposta, e noi siamo al loro fianco!», è l'appello di Franzoni e dell'associazione Clama a non voltarsi dall'altra parte.