Tesoro nazionale e icona della riuscita degli interventi di conservazione del governo, che lo hanno reso una specie non più in estinzione, il panda gigante è il simbolo della Cina e, con il nome di Bing Dwen Dwen, mascotte ufficiale delle Olimpiadi Invernali di Pechino 2022.
Domani, venerdì 4 febbraio, sarà il giorno della Cerimonia di Apertura, ma già da qualche giorno, l’orso sorridente racchiuso dentro un guscio di ghiaccio gironzola tra le piste, dove è già cominciata qualche gara, e negli eventi sparsi che si tengono in tutta Pechino. Infatti, Bing Dwen Dwen sarà accanto agli atleti e alle atlete durante le loro performance e sarà il riferimento per tutti i fan che seguiranno i Giochi da ogni parte del mondo.
Il suo nome si rifà al mondo dei bimbi cinesi e del freddo ed è un mix di significati e simboli: infatti, Bing in cinese mandarino è una parola dai molti significati, il più comune è "ghiaccio" ma, per esteso, il termine significa "purezza" e "tenacia".
Dwen Dwen, invece, è un aggettivo che simboleggia la purezza e la forza, ma anche un modo con cui, in Cina, ci si riferisce ai bambini in maniera affettuosa. Il “guscio” fatto di ghiaccio, simile a una tuta da astronauta che indossa il panda e che lo aiuta a pattinare, fare snowboard e a sciare insieme agli atleti Olimpici, vuole essere un omaggio alle nuove tecnologie che promettono un futuro dalle possibilità infinite. E, infine, il cuore che ha dipinto sul palmo sinistro, simboleggia l’ospitalità della Cina per gli atleti e gli spettatori delle Olimpiadi Invernali.
Non c’è solo Bing Dwen Dwen però. C’è anche Shuey Rhon Rhon, una lanterna incandescente, che sarà la mascotte delle Paralimpiadi di Pechino. Anche in questo caso il simbolismo è alla base della scelta. Infatti, le lanterne in Cina sono associate al raccolto, alla celebrazione, alla prosperità e alla luce. E questa mascotte, intende, con il suo bagliore, emanare calore, amicizia, coraggio e perseveranza. Anche in questo caso, come per Bing Dwen Dwen, il nome ha un significato composto: Shuey sta per "neve" e Rhon Rhon sta per tolleranza e integrazione.
Il panda non è più a rischio estinzione
Il panda vive in Cina e in nessun altro luogo al mondo fuori dalla cattività. Specie ad alto rischio estinzione, negli anni ’80 la loro popolazione era crollata a poco più di un migliaio di esemplari a causa delle molte minacce che incombevano su di loro: bracconaggio per la pelliccia, cuccioli contrabbandati dal Paese e portati negli USA e in Giappone, oggetto di speculazione da parte dei collezionisti di animali selvatici.
Ma per loro nell’estate del 2021 qualcosa è cambiato: i funzionari cinesi hanno annunciato che questi animali, finalmente, non erano più in pericolo di estinzione. Infatti, dopo 30 anni di attività supportate dal governo che ne hanno quasi raddoppiato il numero, la specie è passata dal rischio di scomparire per sempre a simbolo di successo della conservazione a livello globale, seppur sempre "vulnerabile".
Gli interventi fatti sono stati massicci e poderosi soprattutto per quel che riguarda la protezione della biodiversità e del ripopolamento degli ecosistemi. Le condizioni di vita della fauna selvatica cinese sono nettamente migliorate grazie alla creazione di un sistema piuttosto ampio di riserve naturali, che sono riuscite a proteggere, in modo sistematico, vaste aree di ecosistemi naturali.
Uno sforzo che ha portato la Cina, alla fine del 2019, ad avere 11.800 riserve naturali, che rappresentano il 18% della superficie del Paese. Ma, la buona notizia, è anche frutto della ripopolazione delle foreste di bambù, alimento cardine della dieta di questo animale che arriva a mangiarne anche oltre 9 chilogrammi al giorno.
Detto questo, siamo ancora lontani dal cantare vittoria: la sopravvivenza del panda resta comunque ancora a rischio, avvertono gli esperti, perché le minacce persistono. E la più incombente è senz’altro il cambiamento climatico. Studi fatti sulla variazione delle temperature e sulle precipitazioni più massicce, hanno rilevato che questi eventi potrebbero distruggere, nei prossimi 80 anni, oltre il 35% del loro habitat di bambù, ovvero il 99 per cento del loro nutrimento.
Per questo, pur soddisfatti dei risultati ottenuti, è necessario continuare con gli sforzi di conservazione, rimanendo soprattutto molto vigili sugli impatti attuali e futuri che il riscaldamento globale avrà sul loro habitat naturale.